Dai numeri del voto in Abruzzo spiccano pochi elementi certi e molto chiari: la Lega ha raddoppiato i voti, passando al 27,5%. Il M5S ha dimezzato i voti, crollando sotto il 20% (attenzione: il totale Lega+M5S e’ inferiore di circa 10 punti rispetto al 57% attribuito dagli ultimi sondaggi alla maggioranza di governo). Pd in disfacimento intorno all’11% (quattro volte meno rispetto al picco delle Europee 2014). Forza Italia di Berlusconi in forte calo al 9% ma ancora in grado di essere ago della bilancia in una possibile maggioranza di centrodestra. Se Salvini decidesse di far saltare il governo. Eppure questo scenario per il momento non sembra abbia chance di verificarsi, come spiega l’articolo qui sotto di Amedeo La Mattina pubblicato da La Stampa, con il titolo: “Salvini ora teme il crollo di Luigi Di Maio e tiene Fi alla larga” e il sottotitolo “Il leghista evita di stravincere: «Non è successo nulla. Il capo dei grillini? È un amico oltre la politica»”.
Uno degli elementi chiari è che Alessandro Di Battista, il grillino senza incarichi, scaciato, barba non fatta, in perenne vacanza, esperto di insulti in Tv grazie a giornalisti venduti che gli danno spazio, persona con idee senza senso in politica estera, politica interna ed economia, è finito. Se Di Maio vuole che il M5S duri nel tempo come forza di governo, deve sbarazzarsi quanto prima dell’ala chavista del Movimento rappresentata dal pessimo Dibba (il vicepremier lui stesso ha fatto un errore colossale, stabilendo quel collegamento con quel tipo squalificato e paragolpista dei gilet gialli in Francia). A meno che la crisi a Palazzo Chigi si consumi prima delle europee. Allora, in tale scenario, fare i barricadieri pasdaran, per il M5s potrebbe essere l’unica strada percorribile per non soccombere all’ondata leghista.
Dopo la vittoria di coalizione in Abruzzo, che è anche e soprattutto una vittoria personale, Matteo Salvini fa training autogeno ai 5 Stelle, li aiuta a rilassarsi, a gestire lo stress da batosta elettorale. Rassicura che nulla cambierà per il governo, niente rimpasti, niente poltrone sottratte ai grillini («squadra che vince non si cambia»). Dice che al loro posto non sarebbe preoccupato, in fondo cosa mai sarà successo, M5S ha preso gli stessi voti delle scorse regionali (cosa non esatta perché sono calati di due punti). E poi Luigi Di Maio potrà rifarsi alle europee, che è un appuntamento più politico, mentre alle amministrative si sa che i grillini soffrono sempre un po’. Arriva perfino a sostenere che il successo del suo partito- cannibale di tutto ciò che gli sta attorno si spiega con il radicamento nel territorio. Cosa che sicuramente vale per il Nord e in parte, più recentemente, per Emilia Romagna e Toscana, mentre al Centro e al Sud la ruspa salviniana è ancora in rodaggio.
Vabbè, questo il massaggio alla schiena dei 5 Stelle da parte del ministro dell’Interno, «può capitare una battuta d’arresto e comunque non ho alcuna nostalgia del centrodestra», sussurra con dolcezza, il leader leghista, che già vede davanti a sé una cavalcata elettorale straordinaria. Un filotto di successi: dopo l’Abruzzo, la Sardegna, la Basilicata e infine le europee che saranno il suo arco di trionfo sul palcoscenico continentale in cui si presenta come l’unico e vero anti-Macron.
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Silvio Berlusconi continua a suggerirgli di staccare la spina all’esecutivo, lo alletta con la prospettiva di fare il premier del centrodestra e di un’alleanza, dopo il voto europeo di maggio, tra Ppe, sovranisti e conservatori. Il Cavaliere farebbe da «federatore» grazie ai suoi rapporti con Angela Weber e il candidato dei Popolari alla presidenza della Commissione Ue, Manfred Weber. Salvini però vuole fare da solo, non ha bisogno di farsi accompagnare per mano da Silvio in Italia e all’estero. Va per la sua strada, mantenendo in piedi l’esperienza gialloverde. Ma questa china negativa dei 5 Stelle lo preoccupa.
È preoccupato per il contraccolpo che potrebbe avere Luigi Di Maio, «persona seria, un amico al di fuori delle scelte politiche». Con lui immagina di governare per tutta la legislatura, altro che ritorno di fiamma con Forza Italia che Salvini considera «il passato che non può ritornare per il governo nazionale». Il vicepremier leghista sente scricchiolii, rumori sinistri dentro la casa degli alleati, tentazioni di una resa dei conti con il loro capo politico che avrebbe abbandonato i temi cari del M5S delle origini. E allora ripete che «i 5 Stelle non hanno nulla da temere» perché lui il contratto di governo intende onorarlo fino in fondo. «Quello che è successo in Abruzzo – ha detto ieri a Pescara – resta qui. A Di Maio e Conte questo l’ho detto. E quindi nessuno usi questo voto per fare polemiche, perché a Roma c’è tanto da fare. Abbiamo bene in testa la tabella di marcia dei prossimi quattro anni. Non mi monto la testa. Più prendo voti più divento umile».
Insomma il mood di Salvini è hic manebimus optime. E fa di tutto per puntellare Di Maio in difficoltà. Il leader del Carroccio spera che il suo «amico» trovi la forza per reagire agli assalti che vengono dall’interno di M5S. Del resto, ragionano nella Lega, il capo dei grillini non ha un’alternativa: deve rimanere aggrappato a Salvini, altrimenti non gli rimarrà nemmeno Salvini a difenderlo.
La Lega si trova nelle condizioni migliori. Cresce non solo nei sondaggi ma nelle urne, da Nord al Centro al Sud. Le elezioni in Sardegna, in cui il candidato alla presidenza è leghista, saranno la prossima conferma. Rimanere ben piantato al governo con i 5 Stelle consente a Salvini di espandersi a macchia d’olio, senza avere dirette responsabilità nei ministeri economici e di politica industriale. Può invece condizionarle e apparire il politico più responsabile, con un profilo istituzionale. «Sta studiando da premier», dicono in molti, dentro e fuori la Lega. Ma non ha fretta. E magari sa già che più che con Di Maio si troverà a competere con Giuseppe Conte.
Fonte: La Stampa
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Speriamo non se ne accorgano in casa casaleggio!!!!!