Caso Orlandi, dossier su spese Vaticano. Il fratello: “Il muro sta cadendo”

Sui media un documento accerta pagamenti fino al 1997 per conto della ragazza romana scomparsa nel nulla nel 1983.

“Il muro sta cadendo”. Lo scrive su Facebook Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, in un post che fa riferimento al documento, pubblicato oggi sulla stampa, sulle presunte spese della Santa Sede per allontanare la giovane scomparsa nel 1983. Probabilmente un auspicio per Pietro che da sempre lotta per la verità su quanto accaduto alla sorella.

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Emanuela Orlandi: «Il Vaticano spese 500 milioni per lei fino al 1997»: è giallo sul dossier

Un nuovo, inquietante mistero segna la ricerca della verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta il 22 giugno 1983. E avvalora l’ipotesi che i «corvi» siano tornati in Vaticano. Perché un dossier che circola negli uffici della Santa Sede chiama in causa le gerarchie ecclesiastiche sulla fine della giovane sparita a 15 anni nel 1983 e sembra voler accreditare la possibilità che sia morta nel 1997. Elenca le spese che sarebbero state sostenute Oltretevere proprio per gestire la vicenda. L’esame del carteggio non fornisce alcun riscontro che si tratti di un documento originale perché non contiene timbri ufficiali, ma appare verosimile che venga utilizzato nell’ambito dei ricatti incrociati che hanno segnato la vicenda Vatileaks ed evidentemente non sono ancora terminati. Per questo la famiglia Orlandi torna a chiedere alla Segreteria di Stato di «sgomberare il campo da ogni dubbio» e attraverso le avvocatesse Annamaria Bernardini De Pace e Laura Sgrò insiste «per avere accesso a tutti i documenti e comunque poter incontrare il segretario di Stato Pietro Parolin: il caso non è e non può essere chiuso».

Si torna alla notte tra il 29 e il 30 marzo 2014 quando viene scassinata la cassaforte che si trova nella Prefettura vaticana e contiene l’archivio della commissione Cosea, della quale facevano parte monsignor Balda e Francesca Chaouqui, entrambi finiti sotto processo con l’accusa di aver divulgato documenti segreti relativi alle finanze vaticane. Nel libro Via Crucis di Gianluigi Nuzzi, che svela una parte di quelle carte segrete, vengono pubblicate le fotografie della misteriosa irruzione.

Durante le indagini su Vatileaks il promotore di giustizia della Santa Sede interroga il capo ufficio monsignor Alfredo Abondi che a verbale dichiara: «Nella sezione riservata della Prefettura venivano conservati i documenti sulla sicurezza e sulle situazioni rilevanti relative all’Amministrazione. Nei giorni successivi al furto nel dicastero ci fu recapitato un plico con i documenti sottratti». Non entra nel dettaglio ma specifica che «si tratta di materiale che riguarda pratiche risalenti a 10 o anche 20 anni fa». Poco dopo comincia a circolare l’indiscrezione che tra quei dossier ce ne sia anche uno sulla scomparsa della ragazza.

Sei mesi fa Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, rilancia questa possibilità, entra nel dettaglio parlando di «cinque fogli, mostrati anche a Papa Francesco che proverebbero che non sarebbe morta subito, perché datati fino al 1997». È il plico che viene adesso fatto circolare. Si intitola «Resoconto sommario delle spese sostenute dallo Stato città del vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi».

È datato 28 marzo 1998, firmato dal cardinale Lorenzo Antonetti, all’epoca presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della sede Apostolica, e indirizzato al sostituto per gli Affari generali della segreteria di Stato il cardinale Giovanni Battista Re e al sottosegretario Jean Louis Tauran. Elenca spese per circa 500 milioni di lire sostenute tra gennaio 1983 e luglio 1997. Si chiude con il pagamento di 21 milioni di lire per «attività generale e trasferimento presso città del Vaticano con relativo disbrigo pratiche finali».

Le «voci» e i relativi pagamenti accreditano la possibilità che la giovane sia stata ospitata in alcuni conventi e appartamenti in Italia e all’estero, ricoverata in almeno due strutture sanitarie in Gran Bretagna, trasferita più volte. Specifica che una parte dei soldi è stata versata a «fonti investigative», e cita il pagamento per l’attività relativa a un episodio di «depistaggio».

Il documento — dattiloscritto con un carattere risalente a vent’anni fa — contiene nomi e luoghi realmente esistenti, parla dell’attività investigativa svolta anche dall’allora responsabile della gendarmeria, si riferisce ad «allegati» su «quantità di denaro autorizzate e prelevate per spese non fatturate». Il fatto che la prima data sia gennaio 1983, cioè sei mesi prima della sparizione, sembra voler avvalorare la possibilità che Emanuela fosse sotto il controllo di autorità vaticane già da quel periodo. Potrebbe trattarsi di un documento che contiene circostanze vere, fatto circolare proprio da chi continua ad esercitare il proprio potere di ricatto contro le gerarchie ecclesiastiche, visto che mai è stato fugato il sospetto sul loro ruolo in questa vicenda. Oppure un depistaggio. «In ogni caso — chiariscono le due avvocatesse — la famiglia ha diritto a ottenere chiarimenti e per questo torniamo ad appellarci direttamente a papa Francesco affinché voglia ascoltare la loro supplica. Lui stesso ha detto che “la verità non si negozia”».

di Fiorenza Sarzanini

Fonte: Corriere della Sera

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2 commenti

  1.   

    L’aborto in GB è legale senza restrizioni di tempi ed età dal 1975. L’AIED allora aiutava le donne italiane in difficoltà a raggiungere Londra.

  2.   

    Da gennaio 83 sotto osservazione e poi fatta sparire a marzo, sembrerebbero mesi che possono dar luce ad una eventuale gravidanza. Gravidanza di minore appartenente a famiglia che non si mette a tacere con una lauta mancia. Anche i ricoveri in GB dove mi sembra aborto e pratiche simili erano legali e il fatto che Paolo VI abbia richiesto il suo rilascio significa che qualcosa di losco c’era e gli addetti ai lavori lo sapevano, ma si sa come andava: in un vecchio film con Gasmann Piccoli e Jannacci  anche il più pio dei credenti se vuole forzare le regole della CDV risulta alla fine un eretico miscredente.