Esselunga si quota in Borsa. Accordo (apparente) tra gli eredi Caprotti

Riassetto societario, ma anche familiare e successorio. Sanerebbe i vizi sulla legittima lamentati dai figli di primo letto, Violetta e Giuseppe.

L’ intesa trovata – e suggellata da un cda straordinario della catena avvenuto nella serata di martedì e che ha colto molti consiglieri di sorpresa – risolve una volta per tutti (salvo sorprese) una saga familiare che si è trascinata anche dopo la scomparsa del mitico patron. Il primo a gioirne è il presidente di Esselunga, l’ avvocato Vincenzo Mariconda.

La svolta di Esselunga, dopo ore di trattative serrate tra un mare di consulenti, arriva alle tre del mattino, ieri. Allo studio Pirola, ci sono la vedova di Bernardo Caprotti, Giuliana Albera, e la di lei figlia Marina Sylvia; in un’ altra stanza i figli di primo letto, Giuseppe e Violetta. Tutti per la prima volta dopo tanto tempo trovano un accordo che ridisegna gli equilibri in famiglia, dà attuazione alla successione e traccia una nuova strada per Esselunga che condurrà la catena di supermercati creata da Caprotti e Nelson Rockefeller nel lontano 1957 dritta dritta a Piazza Affari, quotata. Sarà una strada lunga, tortuosa.

L’ intesa trovata – e suggellata da un cda straordinario della catena avvenuto nella serata di martedì e che ha colto molti consiglieri di sorpresa – risolve una volta per tutti (salvo sorprese) una saga familiare che si è trascinata anche dopo la scomparsa del mitico patron. Il primo a gioirne è il presidente di Esselunga, l’ avvocato Vincenzo Mariconda.

Il quale, raggiunto telefonicamente, pur rispettando l’ obbligo di riservatezza che vincola tutti i soggetti coinvolti, si concede un’ annotazione: «Come metodo e come attività professionale – spiega – sono convinto che ogni qual volta ci sia un accordo all’ interno di contrasti familiari sia un grandissimo bene per l’ azienda, in via generale».

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L’ accordo firmato ieri coinvolge tre aspetti. Contempla un riassetto societario, anzitutto, ma anche familiare e successorio, andando a sanare i vizi sulla legittima lamentati dai figli di primo letto una volta concluso l’ inventario. Il primo passo riguarderà gli immobili. Esselunga grazie a un finanziamento da circa 1,5 miliardi messo in campo da Citi, acquisterà tutto il 45% dell’ immobiliare La Villata (che tra l’ altro contiene gli immobili dei punti vendita) oggi in mano a Giuseppe e Violetta ai quali andrà – secondo alcune stime – un po’ meno di un miliardo di euro.

Nel contempo acquisterà anche un fetta della quota di Giuliana Albera e di Marina, pari a 22,6%. In tal modo Esselunga si troverà nuovamente a incorporare La Villata (di cui Esselunga avrà i due terzi) che era stata scissa nel 2011 per volontà di Bernardo Caprotti che vendeva negli immobili «la cassaforte di famiglia».

Non finisce qui. L’ Esselunga con dentro gli immobili (quindi più ricca, sebbene indebitata) potrebbe fondersi con l’ attuale holding di controllo, la Supermarkets Italiani. L’ opzione più probabile è che, così configurata, punti a sbarcare in Borsa.

Sulle prime, infatti, Giuseppe e Violetta manterranno il loro 30%. Tale quota, con ogni probabilità, sarà oggetto della quotazione che – se tutto andrà bene – non dovrebbe arrivare prima di un anno e mezzo: sarà la via d’ uscita dei figli di primo letto che, in caso contrario, andranno liquidati. In pista per portare «John Lemon» in Borsa – per citare la famosa campagna voluta da Giuseppe Caprotti ai tempi in cui era ad – c’ è già Mediobanca anche se per il momento non ha ricevuto alcun incarico. La via, del resto, non sarà priva di ostacoli.

Certo, da un lato, con la pace familiare e la soluzione sugli immobili, la presa della vedova e dell’ ultimogenita sull’ azienda si libera di molte incognite. Dall’ altro comincerà tutto un processo, anche manageriale e di trasparenza, nell’ idea di un cammino verso Piazza Affari, sempre che non spunti una nuova offerta – dopo quella dei cinesi di Yida – che convinca Marina Caprotti del contrario. Bernardo Caprotti nel suo testamento sognava un’ Esselunga internazionale. Stando così le cose rimarrà italiana, ma per lo meno quotata in Borsa (e non una coop).

Fonte: La Stampa 

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