Il 2007 è dietro l’angolo. Nel senso che dopo la falcidia di imprese causata dalla crisi economica più pesante della storia moderna ora i dati relativi ai fallimenti e alle chiusure volontarie delle aziende stanno tornando ai cosiddetti livelli “pre-crisi”. L’ultima conferma in ordine di tempo è quella che arriva dalle elaborazioni di Cerved sul primo semestre del 2017. Il dato generale: complessivamente, da inizio anno, default, chiusure volontarie e procedure alternative hanno coinvolto 36.500 imprese: il 5,3% in meno rispetto all’analogo periodo del 2016.
Il dato, incoraggiante per avvicinare il sistema produttivo all’uscita definitiva dal tunnel, ha tre componenti. La prima: l’avvio delle procedure fallimentari ha riguardato da gennaio 6.300 imprese, pari al 15,6% in meno rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno. Il valore assoluto riporta «i fallimenti ad un livello in linea con quelli osservati nel periodo 2001-2006» sottolinea il report del Cerved.
La seconda componente è quella relativa alle procedure concorsuali non fallimentari: 822 quelle aperte da inizio anno, con un calo tendenziale del 16%. In questo contesto i concordati preventivi proseguono l’arretramento deciso già marcato nei precedenti report, con un -31,7%.
La terza componente, la più consistente, è quella che riguarda le liquidazioni volontarie: «Si stima – fa presente il Cerved – che siano 29mila le società liquidate, in calo del 2,5% rispetto all’anno precedente. Con questa riduzione le chiusure volontarie d’impresa toccano il livello del 2008».
«Il forte calo dei default è un dato molto incoraggiante che testimonia l’uscita del sistema imprenditoriale italiano dal lungo periodo di crisi». A dirlo è Marco Nespolo, amministratore delegato di Cerved, che ha curato il report periodico sulle chiusure delle imprese italiane. Per Nespolo «la riduzione dei fallimenti è, infatti, un fattore di estrema importanza in stretta relazione con il calo delle sofferenze. Considerando che tale miglioramento è diffuso a tutte le aree geografiche della Penisola e a tutti i settori economici, siamo fiduciosi che questa tendenza possa confermarsi anche in futuro».
Tra i settori produttivi, l’unica crescita rispetto ai dati del primo semestre 2016 si riferisce ancora una volta al mondo delle costruzioni, sicuramente il più tartassato dalla lunga crisi. Seppure di poco – +0,2% – le liquidazioni volontarie tra le società del settore sono infatti ancora in aumento. Non così, invece, i fallimenti, che arretrano quasi di venti punti (-19,7%), e le procedure diverse (-15,2%). L’industria in senso stretto, invece, fa rilevare un crollo analogo sia per i fallimenti sia per le procedure diverse, con un calo del 22,4% per ciascuna voce. Giù dell’1,2% anche le liquidazioni volontarie delle imprese. Tutti in territorio negativo, quindi sintomo di un clima in miglioramento, anche i dati relativi ai servizi: il calo più deciso si registra alla voce “altre procedure” (-14,2%), seguite dai fallimenti (-12,9%) e dalle liquidazioni (-1,5%).
A livello di macroaree i cali delle chiusure sono generalizzati con l’unica eccezione delle liquidazioni nel Nordovest, dove tra gennaio e giugno 2017 risultano ancora in crescita del 5,2%. Per il resto il segno “meno” regna sovrano: i fallimenti scendono del 19,8% a Nordest, del 14,8% a Nordovest, del 13,3% al Centro e del 15,3% al Sud e isole. Per quanto riguarda le liquidazioni, tolta l’eccezione Nordovest, si registrano nel semestre contrazioni a Nordest per il 4,3%, del 3,7%al Centro e dell’8% al Sud e isole. Le procedure diverse risultano in calo addirittura del 26,6% a Nordest, appena del 4,4% a Nordovest, del 20,5% al Centro e dell’11,1% al Sud e isole.
Scendendo nel dettaglio regionale, il report semerstrale del Cerved mette in evidenza come ci siano tre eccezioni nel panorama di calo generale dei fallimenti in Italia. La regione autonoma della Valle d’Aosta vanta il poco invidiabile primato di un incremento delle procedure fallimentari del 50% rispetto all’analogo periodo del 2016. Incremento anche per il Molise, +3,4%, mentre la Basilicata evidenzia una variazione nulla. Sul versante opposto, i miglioramenti più decisi si registrano in Trentino Alto Adige (-32%), Friuli Venezia Giulia (-28,6%), Marche (-21,2%), Piemonte (-20,5%) e Veneto (-20,1%).
di Carlo Andrea Finotto
Fonte: Il Sole 24 Ore