Ricordate l’impegno di Matteo Renzi, «ogni euro destinato in più alla sicurezza stanzieremo un euro in più per la cultura»? A distanza di un anno e mezzo da quell’annuncio, che tra le varie misure prevedeva la costituzione di un fondo da 150 milioni di euro «per donare a tutti i cittadini la possibilità di dedicare il 2 per mille a una associazione culturale» (parole dell’ex premier), il meccanismo si è già inceppato.
Basta buttare uno sguardo al nuovo modello 730, che da oggi si può compilare on line, per vedere che si può destinare l’8 per mille allo Stato o a 12 differenti confessioni religiosi, ci sono 6 opzioni per il 5 per mille (volontariato e no profit, ricerca scientifica o sanitaria, tutela dei beni culturali, attività sociali del comune di residenza e associazioni sportive dilettantistiche) e c’è il 2 per mille a favore dei partiti. Il riquadro che consente di indicare una scelta a favore di una associazione culturale invece è scomparso. Perché?
Il primo sospetto che è venuto al senatore Franco Panizza del Partito Autonomista Trentino Tirolese, che sul 2 per mille il 14 marzo ha presentato un’interrogazione urgente ai ministri Padoan e Franceschini, lo portava dritto ad immaginare un gesto intenzionale: «il solito blitz dei soliti burocrati ministeriali a caccia di risparmi». Poi però Panizza ha capito che la spiegazione era molto più banale: se ne erano dimenticati.
La denuncia
La misura doveva essere confermata con la legge di bilancio, ma per una distrazione non è stata inserita nel testo approvato alla Camera. La si doveva recuperare al Senato, ma poi il voto di fiducia imposto dalla crisi del governo Renzi ha fatto piazza pulita di questa come di tante altre richieste di modifica e la cosa è morta lì. «I partiti – lamenta Panizza nella sua interrogazione – sono stati riammessi ad usufruire del 2 per mille dell’Irpef a discapito delle associazioni culturali, le cui attività andrebbero, invece, sempre sostenute per il fondamentale ruolo sociale che esse rivestono, soprattutto a livello locale».
Due pesi e due misure? E’ evidente che i partiti pesano molto di più di una miriade di associazioni sparse in giro per lo Stivale. Ma va anche detto che mentre la legge che assegna il 2 per mille alle forze politiche disponeva da subito di uno stanziamento strutturale, 9,6 milioni di euro nel 2015, 27,7 nel 2016 e 45,1 da quest’anno in poi (poi ridotti a 20), il 2 per mille «culturale» no. E per inciso alla fine i milioni stanziati per questa causa non erano nemmeno 150 come annunciato dall’ex premier ma 50 di meno.
L’anno passato sono state ben 1130 le associazioni ammesse a ricevere contributi attraverso il meccanismo del 2 per mille, 48 quelle escluse. Bastava dimostrare statuto alla mano di svolgere in prevalenza attività culturale ed operare da almeno 5 anni. Nell’elenco stilato dal Mibact sono così entrate tantissime bande musicali e bande cittadine e altrettante proloco, e poi cori, filarmoniche, associazioni folkloristiche, cineclub e cineforum. E ancora: alcune università della terza età, le Acli e l’Arci, il Touring club italiano e diverse associazioni di amici di musei (Brera, Poldi Pezzoli, Bagatti, quelli siciliani), l’Istituto Alcide Cervi e lo Sturzo.
Rimedio in extremis
Come ovviare al buco? Si era pensato di inserire un emendamento nella legge delega sullo spettacolo in discussione al Senato, ma la modifica sarebbe comunque arrivata fuori tempo massimo e non avrebbe salvato i contributi di quest’anno. «Ora – suggerisce Panizza – vedo un’unica soluzione: il governo dovrebbe inserire un emendamento nel decreto sulla manovrina: visto che il grosso delle dichiarazioni vengono fatte on line, e che per queste c’è tempo sino a luglio, almeno potremmo recuperare questa quota. Certo poi l’Agenzia delle entrate dovrebbe aggiornare i software, ma volendo si può fare». Padoan e Franceschini cosa ne pensano? Per ora non è pervenuta alcuna risposta.
Fonte: La Stampa