Ufficialmente non ne parla mai, soprattutto in pubblico, ma Marco Minniti sta facendo molto più un semplice pensiero alla possibilità di occupare, nella prossima legislatura, la poltrona di presidente del Consiglio dei ministri.
L’incertezza della governabilità che uscirà dalle urne con il sistema proporzionale, sommata all’alto indice di gradimento che il ministro dell’Interno riscuote nell’elettorato di destra, ma anche in quello moderato, per il suo ‘pugno di ferro’, autorizza il responsabile del Viminale ad alimentare i suoi personali sogni di gloria. In barba anche ai rumors di palazzo che vorrebbero invece una conferma del più mite Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi, Minniti prova a fare la sua personalissima campagna elettorale.
Minniti studia da premier di una maggioranza a trazione destra
Il come lo ha spiegato lui stesso, in audizione alla Camera. La sua idea è quella di ‘militarizzare’ le periferie italiane, che nella maggior parte dei casi, almeno per le città più importanti e popolose, sono bacini di utenza da migliaia di voti ‘liberi’ da condizionamenti di partito o dalle ideologie, ma ben disposte a concedere fiducia a chi nelle istituzioni garantisce loro sicurezza. Tutto questo, lo scafato politico Minniti lo sa bene.
Ecco perché ha spiegato che “per garantire la sicurezza, ad esempio, di una piazza è importante che questa sia presidiata dalle forze di polizia, ma anche che sia illuminata, che sia dentro un piano di sviluppo urbanistico adeguato e che sia all’interno di un progetto di integrazione”. E che questo piano sposi la “necessità di rafforzare il controllo del territorio, che è cruciale di fronte alle minacce che dobbiamo affrontare, terroristiche ma non solo”. Per farsi capire meglio il ministro dell’Interno ha citato il caso di Anis Amri, il terrorista responsabile dell’attentato al mercato di Berlino lo scorso Natale, “neutralizzato a Sesto San Giovanni da una normale pattuglia di polizia di Stato, impegnata in un’operazione di controllo del territorio”. Perché Minniti si dice “profondamente convinto che il cuore della questione, se vogliamo affrontare il tema della sicurezza in Italia, occorre farlo attraverso una forte cooperazione fra lo Stato nazionale e poteri locali”.
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Un altro passaggio cruciale è stato quello delle occupazioni abusive, che ha aperto un dibattito enorme nel nostro Paese dopo lo sgombero dello stabile di via Curtatone, nel pieno centro di Roma. “In caso di nuove occupazioni – ha detto – occorre intervenire tempestivamente per evitare che le occupazioni si consolidino, questo è un punto molto importante” perché “una cosa è risolvere situazioni ampiamente consolidate, con i criteri di legalità e umanità, ma altro è evitare che ci siano nuovi elementi di consolidamento. Ecco dunque che l’idea è quella di avere un monitoraggio permanente” in modo tale che “in caso in cui ci dovessero essere delle nuove occupazioni, queste vanno risolte in tempi rapidi, sempre d’intesa con i Comuni, non consentendo che si possano stabilizzare questioni che non sono corrispondenti ai principi di legalità”.
Infine, Minniti ha toccato un altro punto nodale, per l’opinione pubblica: i roghi tossici. Annunciando che “è mia intenzione prevedere misure di carattere straordinario di controllo del territorio, sempre d’intesa con i Comuni interessanti, in cui ci sia cooperazione tra le forze di polizia nazionali e quelle locali, valutando realtà per realtà se ci sia bisogno anche dell’esercito”. Il tema riguarda soprattutto “Roma, Napoli e Torino e in parte minore Milano”, ha spiegato il responsabile del Viminale, ma “deve passare il messaggio che c’è tolleranza zero, perché impatta sulla vita e sulla salute dei cittadini, ed è il punto terminale di una catena criminale che va spezzata e sconfitta”. Queste sono parole da candidato in pectore alla premiership, altro che ‘semplice’ ministro dell’Interno.
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