Cosa c’è dietro la svolta “dura” del ministero dell’Interno? Perché, dopo anni di buonismo, quel pezzo di sinistra rappresentato da Marco Minniti (ex braccio destro di D’Alema) si è staccato dalla ‘stella cometa’ dell’accoglienza, ha iniziato a usare le maniere forti con le occupazioni abusive e vuole respingimenti e rimpatri in dosi massicce?
Secondo le voci di dentro della politica un motivo ben preciso esiste: Minniti si candida ad essere il presidente del Consiglio in una legislatura, la prossima, in cui il sistema proporzionale riconsegnerà una incertezza totale sulla governabilità delle istituzioni, costringendo così il presidente della Repubblica a ricorrere alle cosiddette “risorse della Repubblica”, ovvero personaggi che i palazzi istituzionali li frequentano da anni, hanno buoni rapporti internazionali e piccoli curricula che possono essere apprezzati alla bisogna sia dalla destra che dalla sinistra, non perdendo mai però la bussola del centrismo.
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Spieghiamoci meglio. Uno come Marco Minniti, che da anni naviga tra Parlamento e ministeri, che ha ricoperto ruoli di una certa delicatezza come la presidenza del Copasir, l’organismo bicamerale che si occupa di Servizi segreti, ha fatto il sottosegretario (proprio con delega ai Servizi), conosce perfettamente tutti gli angoli dei “palazzi del Potere” romano, ha entrature ottime anche con gli anfratti più in “ombra” della democrazia e ha una reputazione internazionale. Dall’opinione pubblica è visto come un “moderato” ma dal pugno di ferro, mentre da quando è al Viminale ha sposato molti dei principi cardine di Lega e Movimento 5 Stelle sull’immigrazione, pur restando un esponente della sinistra nonostante la sua netta separazione con quella che fa capo a Matteo Renzi e quella radicale.
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Una figura perfetta per guidare un governo a trazione destra, senza una maggioranza sbilanciata a destra. Una persona di miti consigli, ma decisionista e abituato al compromesso politico. Una “risorsa”, insomma. Minniti ci crede davvero alla possibilità di diventare premier, soprattutto se i sondaggi dovessero trovare conferma nelle urne, il prossimo anno, con un M5S avanti di 1 o 2 punti al Pd e pronto a fare taciti accordi con la Lega, che farebbe a sua volta deflagrare un centrodestra unito solo all’apparenza. Con un triumvirato così, forse le speranze del ministro dell’Interno non sono poi così campate per aria, anche se tra il dire e il fare c’è di mezzo sempre il mare. E forse un oceano.
robyuan
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