“L’amicizia sociale, la fiducia, la stima, la solidarietà, la comprensione sono tutti beni che non possono arrivare dal mercato, ma sono necessari alla vita politica che oggi più che mai soffre la tecnicizzazione, la mediatizzazione e le oligarchie chiuse delle classi dirigenti che la considerano come una professione. Occorre, invece, rilanciare un sogno che parta dai principi costituzionali, dalla responsabilità verso le giovani generazioni, dai nuovi linguaggi e da nuovi modi di comunicare”. A parlare è Francesco Occhetta, autore di ‘Ricostruiamo la politica. Orientarsi nel tempo dei populismi’ (Edizioni San Paolo). Un libro che domani sarà al centro di una ampia riflessione che toccherà, tra le altre, anche il tema di una possibile riforma per la Rai nella sede dell’Agcom, a Roma.
“In democrazia, era solito dire Gandhi, nessun fatto di vita si sottrae alla politica”. E il cambiamento che ad oggi è necessario, secondo padre Occhetta, “occorre farlo insieme per superare ciò che gli antropologi chiamano la ‘spensieratezza nichilista’, in cui i cittadini sono disposti a cedere tutto il potere ad un altro che ti dice ‘ti guido’. La politica – dice – è, invece, costruire la casa comune insieme. E le parti che si contendono la guida occorre che guardino tutti verso la stessa direzione. Da Aristotele sappiamo che alcune forme di politica sono pericolose: la tirannide dell’uomo solo al comando, l’oligarchia di pochi ricchi; la politeia in cui decide la massa indistinta. Il cambiamento – evidenzia il teologo morale e giurista, che lavora anche nella redazione de ‘La Civiltà Cattolica’ – è culturale, deve ricominciare dalle scuole; se in politica non si sceglie – mette in guardia Occhetta – si viene scelti. È per questo – spiega – che ricolloco al centro della vita pubblica alcuni temi dimenticati come le riforme costituzionali (la riduzione del numero dei parlamentari, la riforma dell’iter di approvazione delle leggi, il rapporto tra lo Stato e le autonomie locali e il rapporto tra il potere esecutivo e un potere legislativo sempre più debole); l’amministrazione della giustizia, che si fondi sulla riparazione e non sulla vendetta; il lavoro degno, che possa riconoscere ciò che è giusto ai giovani, quale modello di integrazione per gli immigrati che arrivano e così via”.
Ma cosa manca alla politica, che svolge il compito di fare da intermediaria, per sostenere il cammino individuale e collettivo verso il benessere? “Bisogna innanzitutto scommettere sui beni relazionali che garantiscono pane e rapporti giusti. Beni quali – torna al nucleo centrale Occhetta – l’amicizia sociale, la fiducia, la stima, la solidarietà, la comprensione. La secolarizzazione delle idee basate su proposte ‘deboli’ e di corto respiro, con gli ‘emotivismi’ che legittimano le convinzioni particolari come verità assolute può avere come antidoto l’esperienza di Sturzo di cui ci rimane anzitutto un metodo: lo spirito riformista, l’interclassismo, la coesione sociale, la centralità della persona e la cultura della mediazione, che non vuol dire accontentare tutti, ma rappresentare tutti”.