I giovani, l’età pensionabile ma anche la previdenza integrativa, lo scorporo dell’assistenza e la governance dell’Inps: sono i temi affrontati in questa intervista a tutto campo con Wsi.co da Domenico Proietti, segretario confederale della Uil con delega per previdenza e fisco, dopo l’incontro dell’altro giorno tra governo e sindacati. Il confronto riprenderà il 7 settembre.
Proietti, davvero i giovani saranno favoriti dalle misure previste per le pensioni dei precari?
Sì, perché in questo modo ci sarà una maggiore flessibilità in uscita, in particolare per chi ha carriere lavorative discontinue. Coloro che hanno iniziato a versare dopo il 1996, e quindi hanno tutto il calcolo contributivo, avranno la possibilità di avere una pensione, con 20 anni di contributi, pari a 1,2 volte l’assegno sociale: cioè poco più di 600 euro, al raggiungimento dell’età pensionabile che è attualmente di 66 anni e 7 mesi.
Proprio sull’età pensionabile, che dovrebbe aumentare a 67 anni nel 2019, voi insistete: perché?
Abbiamo ribadito che va congelato lo scatto previsto nel 2019 perché l’asticella dell’età pensionabile è già più alta di circa tre anni rispetto alla media europea. E vogliamo il congelamento perché venga fatto uno studio sull’aspettativa di vita: che è diversa nei vari settori produttivi.
C’è poi il rilancio della previdenza integrativa, di cui avete parlato col governo: non passa anche da una ridefinizione della fiscalità?
Noi intanto proponiamo di dare la tassazione agevolata (dal 15 al 9%) prevista sulle rendite dei fondi pensione per i lavoratori privati anche ai lavoratori pubblici, che invece oggi pagano come sul Tfr, in media il 23%. Inoltre chiediamo una nuova campagna a favore dei fondi pensione: in particolare quelli negoziali, in questi anni sono stati gestiti molto bene e hanno dato risultati migliori rispetto al Tfr. Si tratta di farli conoscere ai lavoratori anche nelle piccole e medie imprese, dando ‘in cambio’ agli imprenditori una possibilità di accedere al credito agevolato com’era stato previsto per il Tfr in busta paga.
Tra le varie idee sul tavolo, c’è quella di prorogare l’opzione donna che consente alle lavoratrici di andare in pensione a 60 anni d’età con 35 di contributi?
Si affronterà anche questa proposta il 7 settembre nel nuovo incontro, in cui chiederemo al governo di eliminare la disparità di genere. Secondo noi, vanno previsti bonus di contribuzione figurativa sia in relazione al numero di figli sia rispetto ai lavori fatti dalle donne in famiglia.
E poi c’è sempre il nodo della separazione tra assistenza e previdenza: perché voi della Uil, in particolare, insistete tanto su questo tema?
Insistiamo per fare questa separazione perché, secondo i nostri conti, la vera spesa previdenziale in Italia è più bassa della media europea. Uno studio Uil dimostra che, solo togliendo la tassazione e il Tfr (Tfs per gli statali), la spesa pensionistica in Italia scende da oltre il 16% all’11% del Pil. Quanto ai numeri veri di quanto pesano assistenza e previdenza, si possono dare solo se Inps e Istat li forniscono.
Quindi aspettiamo di vedere se il presidente dell’Inps, Tito Boeri, darà i numeri scorporati di previdenza e assistenza. A proposito, si è affrontato anche il nodo della governance Inps?
Non ci può più essere, come da nove anni a questa parte, un uomo solo al comando dell’Istituto che dà la pensione a 16 milioni di italiani, con 21 milioni di assicurati: infatti nelle ipotesi di riforma si prevede un cda Inps composto da 3 a 5 persone. Noi abbiamo ribadito al governo che occorre tornare a un vero sistema duale con un riequilibrio tra le prerogative del Civ (Consiglio d’indirizzo e vigilanza) e dell’organo di gestione dell’Inps.
di Edmondo Rho
Twitter @edmondorho
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