Mps, riaperta l’inchiesta su David Rossi: “E’ stato ucciso”

Fu trovato morto in un vicolo sul retro di Rocca Salimbeni, la sera del 6 marzo 2013. La moglie Antonella Tognazzi non ha mai creduto al suicidio. Con nuove …

Fu trovato morto in un vicolo sul retro di Rocca Salimbeni, la sera del 6 marzo 2013. La moglie Antonella Tognazzi non ha mai creduto al suicidio.

Con nuove prove riparte l’inchiesta  sulla morte del giornalista David Rossi, il capo della comunicazione di Mps al tempo della gestione dell’ex presidente della banca senese Giuseppe Mussari, che fu trovato morto in un vicolo sul retro di Rocca Salimbeni, la sera del 6 marzo 2013. La moglie Antonella Tognazzi non ha mai creduto al suicidio e si è sempre opposta alle archiviazioni  del caso. Adesso i nuovi elementi da lei portati ai magistrati fanno riaprire le indagini.

Le reazione – Il procuratore della Repubblica di Siena, Salvatore Vitello, ha reso noto oggi che lo scorso 6 novembre è stata depositata richiesta di riapertura delle indagini, presentata dalla signora Tognazzi, a mezzo del proprio difensore. “Gli aspetti segnalati nell’istanza di riapertura, corredata da  consulenze di parte sui punti per i quali viene proposta la necessità  di approfondimento, sono stati oggetto di valutazione e la Procura – si legge in una nota – “d’accordo con il dottor Andrea Boni, sostituto procuratore designato alla trattazione dell’atto, ha assunto la  decisione di procedere alla riapertura dell’indagine sui temi di prova evidenziati”.

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David Rossi, il giallo del suicidio e quel numero misterioso

Era il 6 marzo 2013: il manager Mps senza vita da oltre 30 minuti. Sul suo cellulare venne digitato un numero. Relativo a un conto dormiente.

 

Un numero di telefono? No, un numero di conto.
Il cellulare di David Rossi, responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi deceduto misteriosamente il 6 marzo del 2013, si rianimò all’improvviso mezz’ora dopo il suo tragico volo da una finestra.
Lui era già morto e qualcuno compose sul tastierino un numero di sette cifre.

 

  • Il corpo esanime di David Rossi, morto il 6 marzo 2013. © Ansa

Le incongruenze sulla morte: segni di colluttazione e dinamica non chiara

Per comprendere appieno la storia di David occorre partire dai suoi amici.
Una volta ne aveva molti. Chiamava Renato Pozzetto, chiamava Daniela Santanché, chiamavano giornalisti dei più importanti quotidiani, della Rai, di Mediaset. Chiedevano informazioni, pubblicità, sponsorizzazioni, piccoli favori. Chiamarono anche quella maledetta sera del 6 marzo, fino a pochi minuti prima che Rossi finisse giù da una finestra, forse nemmeno quella del suo ufficio, spinto da una follia suicida o dalla mano di qualcuno.
PER LA GIUSTIZIA FU SUICIDIO. Di amici a David, ora che è morto, ne sono rimasti davvero pochi. Si abbandona chi cade in disgrazia, figuriamoci chi cade da una finestra. In occasione del secondo anniversario della sua morte, un ricordo su Facebook di David Taddei, amico e socio nelle tante avventure di comunicazione prima di arrivare a Palazzo Salimbeni, con una spruzzata di condivisioni. Dolore, rinnovato e ancora intenso, in famiglia. Poco altro.
Forse, a questo punto, non vuol dir nulla, ma David Rossi ha ancora qualche amico che ha usato le sue capacità professionali per provare a scrivere, o quantomeno a raccontare, una verità diversa da quella delle carte della giustizia che prima a Siena e poi a Firenze ha deciso che David si è ucciso buttandosi giù dalla finestra del suo ufficio alle 19.43.
I LIVIDI SULLE BRACCIA. Già, l’ora della morte e tutto quello che l’ha preceduta e seguita. Qui comincia un’altra storia, un giallo che per certi versi arriva a somigliare a quello di Roberto Calvi, raccontato dalla telecamera di sorveglianza di Mps che ha ripreso il volo letale di David nel vicolo del Monte Pio, che si intuisce, anzi si capisce proprio, se si ha il fegato di guardare le foto del corpo esanime sul tavolo dell’autopsia.
È difficile ridursi in quel modo con la caduta. Il corpo sull’avambraccio ha un livido in cui si riconoscono bene le dita della presa di una mano, altri lividi simili sull’altro braccio, una contusione di sette centimetri per 10, la misura esatta di un pugno, all’altezza dello stomaco, una ferita triangolare, un buco, sul retro della testa, un graffio classico da colluttazione (simile a un’unghiata) che gli percorre il naso e gli tocca un labbro.
L’OROLOGIO CADDE DOPO. E poi la dinamica del volo: se si fosse buttato sarebbe caduto ben più in là di dove lo fa vedere la telecamera di servizio. E perché l’orologio che aveva al polso è caduto a terra addirittura qualche minuto dopo? E quelle luci nel vicolo stretto del Monte Pio, dove David è caduto, che somigliano tanto a segnali luminosi, quelle ombre che paiono far capolino dalla bocca della strada e da una porta lì vicino in uso al Monte dei Paschi. Illazioni? Fantasia? A guardare il video e le foto dell’autopsia vengono i brividi. Non solo per l’umana pietà, ma per quello che si capisce, o quantomeno sembra di capire: forse non è andata come le carte ufficiali raccontano.

 

  • David Rossi era responsabile comunicazione di Mps.

Le ultime ore: dalla visita alla moglie all’appuntamento con la Ciani

Luca Scarselli, ingegnere, e Luca Goracci, avvocato, sono forse gli amici più cari che David ha ancora da morto.
Non lo hanno abbandonato e hanno messo insieme gli elementi che dicono che quello di David Rossi sarà stato anche un suicidio, ma somiglia troppo a un omicidio.
Report ha raccontato la storia che hanno ricostruito i due Luca con le famose email, i biglietti, le ricostruzioni, le situazioni improbabili.
LE PERQUISIZIONI DI FEBBRAIO. Lettera43.it ha ricostruito le ultime ore prima che David Rossi volasse giù dalla finestra. Ma prima di arrivare a quei terribili momenti bisogna partire da qualche giorno prima, dal 19 febbraio 2013 quando la guardia di finanza perquisì casa sua cercando, ha sempre detto David, qualcosa che lui non ha mai capito. Dopo quella perquisizione la vita di Rossi non è stata più la stessa. Aveva paura, era convinto che casa e ufficio fossero piene di cimici, che lo seguissero, forse addirittura che qualcuno fosse pronto a fargli del male.
In uno sconquasso complessivo, la mattina del 6 marzo 2013, l’inizio di una giornata piovigginosa, David si alzò presto, come sempre, per andare a fare jogging per le vie del centro storico. Uscì e rientrò diverse volte. Percorse la vicina salita, ripidissima di Vallerozzi, la via principale della sua contrada, la Lupa, fece un passaggio davanti al garage Perugini poco distante.
ROSSI TEMEVA DI ESSERE SEGUITO. Qualcuno lo vide. E notò che Rossi era guardingo, sospettoso, tanto da rientrare in casa e poi riuscire un paio di volte sempre in tenuta da jogging. Aveva un appuntamento alle 9 in banca con Carla Lucia Ciani, coaching manager. David, un maniaco della puntualità, uscì di casa intorno alle 8,30, dopo aver parlato con la moglie Antonella Tognazzi, che non stava bene. La salutò.
La banca era distante poche centinaia di metri, 10 minuti a piedi al massimo. La Ciani, invece, arrivò tardi all’appuntamento, circa mezz’ora dopo. David si lasciò andare, anche se il suo carattere non gli consentiva certo slanci espansivi. Nel colloquio furono trattati diversi argomenti finché Rossì le disse: «Mi sto comportando male, da quando ho subito la perquisizione, ho fatto una cavolata dietro l’altra».
Sì, ma che tipo di cavolate? «Ho scritto a Viola (Fabrizio, amministratore delegato di Mps, ndr) e gli ho chiesto protezione e forse l’ho fatto irritare».
LO SCAMBIO DI EMAIL CON VIOLA. In effetti tra Rossi e Viola c’è uno scambio di email il 4 marzo 2013 in cui David chiese se fosse il caso di andare dai magistrati a raccontare tutto quello che poteva sapere sulle vicende senesi, visto che lui, negli ultimi anni, era stato vicino all’ex presidente dell’Mps Giuseppe Mussari, ma anche a tanti altri personaggi del mondo politico locale. Praticamente Viola gli disse: «Se vuoi chiama i magistrati». E lì, probabilmente, David si sentì solo, scaricato.
La mattina del 6 marzo, mentre aspettava la coaching manager, Rossi ricevette diverse telefonate da parte di giornalisti e di personale interno della Banca. Ma lui, almeno stando ai tabulati, non rispose. Tra le 8.54 e le 9.14 parlò al cellulare con la moglie, con il medico di famiglia, Antonio Bardi. Alle 10.04 ricevette una telefonata dalla Fondazione Mps, poi un’altra ancora dal medico e quindi David chiamò la moglie Antonella.

 

  • I carabinieri nel vicolo del Monte Pio. © Ansa

Quella confidenza al fratello: «Un amico mi ha tradito»

Finito il colloquio con la coaching manager, Rossi telefonò al fratello Ranieri. Dovevano andare a pranzo insieme. Così Rossi riparlò con la moglie, poi con la mamma intorno alle 13,52.
Tra le telefonate alla moglie e alla madre si infilarono diverse chiamate di giornalisti ma David non rispose. Alle 15.10 riparlò con Ranieri per andare a pranzo. Prima di uscire richiamò la moglie. Il fratello andò a prendere David con la macchina. Strano, David amava camminare a piedi per la sua Siena.
A PRANZO CON RANIERI. Salì sulla Mitsubishi grigia di Ranieri e andarono allo Snack Bar, un ristorante all’Antiporto, appena fuori Porta Camollia. Durante tutto il percorso David proferì pochissime parole, guardò continuamente lo specchietto e al fratello fece capire che temeva di essere seguito. Al momento di parcheggiare gli chiese di fare una strana manovra proprio come se volesse depistare qualcuno. Al ristorante scelse un tavolo in fondo e si piazzò con le spalle al muro per aver bene aperta la visuale della porta e vedere chi entrava.
Si lasciò andare a una confidenza con il fratello: «Ho fatto una cavolata, e un amico di cui mi sono fidato mi ha tradito». Chi? Ranieri non sa dirlo o forse nemmeno glielo chiese.
Finito il pranzo, verso le 16, Rossi ripassò da casa, probabilmente per sentire come stesse Antonella.
DI NUOVO IN UFFICIO ALLE 16.40. Proprio la moglie gli chiese se avesse avuto risposte da Viola sul possibile colloquio con i pubblici ministeri. David non disse nulla. Era convinto che la sua abitazione fosse piena di microspie al punto da comunicare con moglie e figliastra, più di una volta, tramite messaggi scritti, che vergava su un blocco, di cui poi strappava le pagine: quelle scritte, ma anche quelle sotto per evitare l’effetto della copia per pressione.
Intorno alle 16,40 Rossi tornò in ufficio. Nel frattempo lo aveva chiamato un dipendente della banca e una compagnia della guardia di finanza: niente di drammatico, le fiamme gialle chiedevano una sponsorizzazione.
IL NUMERO DIGITATO ALLE 20.16. Piovevano telefonate ma David continuava a non rispondere. Alle 17.37 ricevette una chiamata da una collega dell’ufficio stampa della banca. Poi alle 19.02 chiamò di nuovo la moglie. «Alle 19.30 vengo a casa», le disse, «così ti faccio l’iniezione. Ho già comprato tutto il necessario. Prima però passo a prendere le polpette che ho ordinato per cena. A dopo». Clic.
La storia di Rossi si ferma a quel clic. Non si ferma invece quella del suo cellulare. Stando ai tabulati in mano alla procura alle 20.16, circa mezz’ora dopo il volo dalla finestra e con David ormai morto, alla stessa ora in cui un oggetto (che da moto e posizione finale assunta sembrerebbe essere l’orologio) cade al suolo, il cellulare come d’incanto si rianima e chiama il numero 4099009.
Chi l’ha digitato? E soprattutto che numero è? Non è di un telefono, infatti non rispose nessuno. È il numero (o almeno anche il numero) di un conto dormiente del Monte dei Paschi, uno di quei conti che non vengono movimentati da più di 10 anni. E chi lo sa fare, e lo può fare, può usarli in tanti modi. Fino a voler uccidere?

di Alessandro Rossi

Questo articolo e’ stato origiginariamente pubblicato da Lettera43

 

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