Giuseppe Rao, docente presso l’Università di Sassari nonché consigliere della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha tenuto una lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri, dal tema “Geotecnologia, connettività e ordine mondiale”.
Rao ha subito chiarito che un mondo interconnesso impone il ricorso ad analisi sistemiche, anche mediante l’utilizzo di mappe concettuali.
Un sistema complesso è “composto da più parti collegate tra di loro ed ‘intrecciate’ le une alle altre cosicché il risultato è diverso dalla somma delle parti”, ha ricordato Rao, prima di introdurre i concetti di modernità e di rivoluzione.
Il docente ha individuato l’inizio del mondo moderno nella Rivoluzione scientifica (1543-1687) e in particolare nelle parole di Francesco Bacone, che nel suo manifesto scientifico del 1620, Novum Organum, affermava che “la conoscenza è potere”.
Rao ha sottolineato anche il ruolo strategico della geografia essenziale per comprendere la storia e lo stesso rapporto “tempo-spazio”, con un monito finale: occorre utilizzare i numeri con discernimento, poiché costituiscono una base imprescindibile per la conoscenza e l’analisi; tuttavia spesso sono incompleti e interpretabili in direzioni tra loro incompatibili.
Il docente ha poi affrontato il tema dell’ordine mondiale, il quale, secondo l’insegnamento di Henry Kissinger, è stato costruito grazie a un insieme di regole accettate e condivise dalle superpotenze, in grado di definire i limiti delle azioni ammissibili, impedendo così che un’unità politica potesse assoggettare la comunità internazionale.
L’ordine mondiale, esprime i rapporti di forza e gli equilibri tra potenze, è infatti mutato con l’ascesa geopolitica e tecnologica della Cina e con il nuovo protagonismo de Paesi emergenti e delle organizzazioni in cui si riuniscono (Brics e Shanghai Cooperation Organization su tutti).
Il disordine nel mondo odierno nasce, in primo luogo, dalla mancata composizione degli interessi tra le due maggiori superpotenze. Oggi un ruolo determinante è esercitato dalle alleanze, che Kissinger definisce: “Strumenti formali per individuare l’interesse comune, isolandolo, per quanto possibile, dalle circostanze esterne e dalle pressioni interne a ciascun paese”, e che determinano: “il dovere giuridico di sostenere la difesa comune, al quale ci si può appellare in caso di crisi”.
Il docente ha anche spiegato il transito dal capitalismo industriale a capitalismo finanziario: i maggiori attori finanziari sono diventati gli azionisti di riferimento delle maggiori multinazionali occidentali, al punto che numerosi analisti individuano in essi (e in particolare in Blackrock, Vanguard e State Street) “i veri padroni del mondo”.
Rao ha quindi definito i concetti di geotecnologia e di connettività: sin dalla Prima rivoluzione industriale le tecnologie e la connettività (in origine le rotte oceaniche, successivamente le infrastrutture di rete, lo spazio, la supply chain e la logistica) hanno determinato le gerarchie nell’ordine mondiale: l’impero britannico; il predominio degli Stati Uniti d’America; la “guerra fredda”; l’egemonia “unilaterale” degli Usa; l’ascesa della Cina e di nuove potenze politiche e tecnologiche (Brics e Stati asiatici) che rivendicano un ordine mondiale multilaterale.
La geotecnologia è un neologismo riferito alla scienza che studia i rapporti di forza e i condizionamenti nelle relazioni internazionali determinati dalla capacità di uno Stato (o alleanze tra Stati) e delle multinazionali di ideare, produrre e brevettare tecnologie high-end, in grado di determinare ricadute industriali e nei modelli organizzativi in settori rilevanti per lo sviluppo della civiltà (meccatronica, ciberspazio, social web, salute, agricoltura, energia, trasporti, spazio, applicazioni militari, ambiente, supply chain, logistica, attività creative e culturali, servizi ad alto valore aggiunto).
La Quarta rivoluzione industriale ha coinciso con l’avvento delle tecnologie emergenti (intelligenza artificiale, machine learning, robotica collaborativa, nanotecnologie, biotecnologie, nuovi materiali, big data, blockchain, Internet of Things, cloud, realtà aumentata, calcolo quantistico, 5G, ecc.) e delle piattaforme digitali che hanno acquisito un immenso potere economico. Inoltre sono in grado di condizionare le opinioni e gli stili di vita dei cittadini in assenza di regole.
Infine la connettività, definita da Parag Khanna, “la forza più rivoluzionaria che si è palesata nella storia dell’uomo e il trend con maggior durata di lungo termine. Si sta infatti assistendo ad un dispiegamento di connettività fisica di strade, ferrovie, reti elettriche, rotte aeree, cablaggi di internet a fibra ottica ad un livello mai raggiunto. Non abbiamo mai realizzato un grado così elevato di connettività e ad una velocità tale. Ogni singolo essere umano o famiglia ha un telefono cellulare. La questione non è se saremo connessi, ma come useremo questa realtà e chi ne beneficerà”.
Il docente ha ricordato che la geografia esercita un ruolo determinante nello studio della connettività, si pensi a corridoi, canali e chocke points, e ha sottolineato, da ultimo, l’”alta tensione” che si è venuta a creare nello Stretto di Hormuz.
Finanza internazionale, tecnologie emergenti, connettività, piattaforme digitali e supply chain, hanno rimesso in discussione il nuovo ordine mondiale e quindi gli assetti politici, economici e sociali del pianeta – con la conseguente esclusione dalla condivisione del benessere dei popoli appartenenti ai Paesi tecnologicamente meno avanzati.
Durante il corso della lezione Rao ha poi rivolto l’attenzione sul rapporto tra Cina e Stati Uniti. Pechino sin dagli anni ’80 ha avviato politiche di attrazione di investimenti stranieri con l’obiettivo di acquisire il know how necessario per diventare la maggiore potenza tecnologica del pianeta.
L’Occidente, di fatto, ha favorito l’ascesa della potenza asiatica. Nel 2001 la Cina è stata ammessa al Wto con condizioni asimmetriche favorevoli: basso costo del lavoro, aiuti di Stato alle imprese locali e obbligo di trasferimento tecnologico.
Bill Clinton e poi George W. Bush erano convinti che l’apertura al commercio internazionale avrebbe determinato l’implosione del sistema politico cinese.
Mentre ora Biden sostiene che l’entrata di Pechino nel WTO è stato “uno dei maggiori disastri geopolitici ed economici della storia” perché ha facilitato la crescita tecnologica e industriale del Paese.
Oggi la Cina, anche grazie ai piani di breve, medio e lungo periodo è la seconda potenza economica ed è leader in alcuni settori a tecnologia avanzata; ha un avanzatissimo sistema di connettività e di supply chain; ha il maggior numero di imprese nella classifica Fortune 500 (145, contro 124 USA nel 2022); svolge un ruolo essenziale nell’estrazione e nella lavorazione delle terre rare; è il primo mercato del mondo in numerosi settori – pertanto fondamentale per le multinazionali; detiene una quota rilevante, circa il 5,6%, del debito pubblico americano. Quando si analizza la politica di Biden nei confronti della Cina occorre quindi studiare la sfida economica, industriale e tecnologica in atto, ha continuato il docente.
Infine Rao si è soffermato sul declino dell’Italia – evidenziato dagli gli indicatori economici (ad es. l’unico Paese occidentale che negli ultimi anni, come evidenziato da un grafico pubblicato dal Financial Times, ha assistito alla decrescita del Pil pro capite) – che il docente ritiene essere iniziato innanzitutto con le privatizzazioni e le vendite delle grandi imprese private, che hanno sottratto al Paese il patrimonio industriale che ci aveva portato ad essere la quinta/sesta potenza mondiale. In secondo luogo l’inchiesta “mani pulite” ha determinato la cancellazione dei partiti che hanno costruito la Repubblica e il miracolo economico – reso possibile dalla visione lungimirante dell’Assemblea Costituente che, con gli articoli 41-43, ha previsto la programmazione e l’economia mista.
A giudizio del docente “l’Italia deve tornare ad essere una potenza industriale”. Ciò è possibile attraverso il ritorno alla Costituzione economica: mediante la programmazione e lo sviluppo nel medio periodo, con il ritorno dello Stato nell’economia, investendo nelle tecnologie emergenti e nelle politiche in grado di creare dei sistemi di connettività efficienti e integrati, essenziali per promuovere l’interesse nazionale e per combattere il declino demografico e l’emigrazione.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Formiche.net, che ringraziamo