di CHARLES A. KUPCHAN*
(WSC) Roma – Come gli italiani, gli americani sanno fin troppo bene che la pandemia di Covid-19 sta gettando le loro vite nel caos: la perdita dei propri cari, i malati gravi, gli ospedali al collasso, la grave recessione economica, l’isolamento sociale.
Ma gli americani sono meno consapevoli del fatto che la pandemia sta anche arrecando danni significativi all’immagine e all’influenza della nazione all’estero. I Paesi di tutto il mondo si aspettano ancora che gli Usa forniscano una leadership internazionale, anche in tema di salute globale.
Dopo che è scoppiata la crisi dell’Ebola nel 2014, ad esempio, l’amministrazione Obama è scesa in campo, guidando un lavoro di squadra internazionale per contenere e sradicare l’epidemia. Al contrario, nel caso di Covid-19 Washington manca all’appello e non organizza né lancia alcuna risposta internazionale.
L’assenza della leadership statunitense ha messo a dura prova le relazioni con i tradizionali alleati europei. Le relazioni transatlantiche sono tese fin da quando Trump è in carica; la sua politica estera “America First” ha lasciato gli europei scontenti e insoddisfatti degli Stati Uniti, ma la risposta tentennante e unilateralista di Trump al Covid-19 ha notevolmente peggiorato la situazione.
A gennaio, quando il pericoloso potenziale del virus si è manifestato in modo evidente, Trump avrebbe dovuto immediatamente mettersi a capo di un’iniziativa internazionale per procurarsi, allocare e distribuire le attrezzature mediche necessarie, per generare e condividere le migliori pratiche in materia di test e isolamento e per preparare il terreno ai minori introiti di comunità e Paesi che rischiano di essere particolarmente colpiti.
Invece, il leader Usa ha trascorso settimane a minimizzare il virus.
Poi, all’inizio di marzo, si è finalmente allarmato quando la diffusione della malattia ha fatto crollare il mercato azionario statunitense. L’11 marzo ha improvvisamente annunciato ampie restrizioni ai viaggi dalla maggior parte dell’Europa, senza alcun preavviso. E i copresidenti dell’Ue hanno immediatamente replicato lamentando che Trump si è mosso «unilateralmente e senza consultazioni».
Solo il 16 marzo – con un ritardo di mesi – Trump ha partecipato a una videoconferenza per discutere della pandemia con i leader del G7.
La settimana successiva, i ministri degli Esteri del G7 non sono riusciti ad accordarsi per rilasciare una dichiarazione congiunta – secondo quanto riferito perché il segretario di Stato Mike Pompeo ha insistito per inserire il termine “virus di Wuhan” nelcomunicato.Il governodegli Stati Uniti, nel mezzo di un’emergenza sanitaria senza precedenti in tutto il mondo, ha rotto con i suoi alleati chiave al solo scopo di colpire la Cina.
Pompeo ci tiene molto a segnare punti contro Pechino proprio perché la Cina finora è nettamente in vantaggio sotto il profilo della percezione pubblica degli sforzi internazionali per gestire la pandemia – specialmente in Europa.
Il Covid-19 ha certamente causato a Pechino un significativo danno di immagine. Wuhan è stato l’epicentro del virus e il governo cinese ha nascosto le informazioni sulla sua diffusione e gravità, ma Pechino è già riuscita a presentarsi con un volto diverso. La stessa settimana in cui Trump ha annunciato le restrizioni sui viaggi dall’Europa, i cinesi hanno inviato in Italia un aereo carico di forniture mediche. Migliaia di maschere, ventilatori e kit di test cinesi sono arrivati in Europa, in alcuni casi accompagnati da medici cinesi.
Questo tipo di assistenza sarà anche parte di un’offensiva cinese per accattivarsi simpatie, ma la linea di fondo è che la Cina si sta adoperando per l’Europa in un momento in cui gli Stati Uniti latitano. «Non siamo soli, ci sono persone nel mondo che vogliono aiutare l’Italia», ha osservato il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, in risposta all’arrivo degli aiuti cinesi.
L’assistenza medica della Cina in Europa si basa sui continui sforzi di Pechino per conquistare il continente attraverso la Bri (Belt and Road Initiative), che comporta ingenti investimenti cinesi nelle infrastrutture e la costruzione di nuovi collegamenti commerciali che abbracciano l’Eurasia.
La Cina ha già quote finanziarie in oltre una dozzina di porti europei, compresi i principali punti di accesso in Italia e in Grecia. Il richiamo di legami più profondi con i mercati asiatici sta spingendo gli europei verso Est. I cinesi stanno aspettando l’Europa a braccia aperte mentre gli Stati Uniti allontanano gli europei dallo stretto partenariato con l’America che ha servito così bene entrambe le sponde dell’Atlantico dagli Anni ’40.
La risposta maldestra di Trump alla pandemia sta solo accelerando questa tendenza. Il riallineamento geopolitico dell’Europa è ancora nelle sue fasi iniziali e una rottura definitiva con gli Stati Uniti non è in calendario.
Gli europei guardano ancora agli Stati Uniti, e non alla Cina, come partner di elezione. In effetti, sperano e pregano che Trump sia un presidente da un solo mandato e che chiunque venga dopo rivendichi il ruolo strategico degli Usa nella leadership internazionale e nel lavoro di squadra.
Il risultato delle elezioni statunitensi di novembre potrebbe essere decisivo per il destino del partenariato transatlantico. Nel frattempo, gli europei dovrebbero ricordare regolarmente agli americani che, anche se affrontano una terribile emergenza a casa, hanno bisogno di amici all’estero. Altrimenti, quando questa pandemia si attenuerà e gli americani festeggeranno la fine del distanziamento sociale, scopriranno che gli Stati Uniti sono rimasti isolati nel mondo.
Traduzione di Carla Reschia
*Charles A. Kupchan è associate professor alla Georgetown University di Washington e senior fellow presso il Council on Foreign Relations.
Articolo originanariamente pubblicato su La Stampa, che ringraziamo