di Paolo Maddalena
Giurista e magistrato, Paolo Maddalena è vicepresidente emerito della Corte costituzionale e autore di importanti studi e sentenze sulla tutela dell’ambiente.
(WSC) ROMA – La stampa odierna pone molto in evidenza i danni provocati dall’aumento del prezzo del gas, e i politici europei discutono sulle misure da adottare per contenere questi aumenti, i quali, sia ben chiaro, riguardano un prodotto energetico che condiziona l’intero sviluppo economico di ogni Paese.
Oggi gli opposti schieramenti vedono soccombente l’Europa e l’Occidente, perché, in questa guerra economica, i beni energetici, che dovrebbero essere, come per noi sanciscono gli articoli 42 e 43 della nostra Costituzione, in mano pubblica, cioè nelle mani del Popolo, costituendo un elemento essenziale per l’esistenza della Comunità politica, cioè, per quanto ci riguarda, dello Stato-Comunità sancito in Costituzione.
Sennonché l’Italia, e in misura minore gli altri Paesi europei, hanno voluto adottare il sistema economico predatorio neoliberista da tempo vigente negli Stati Uniti d’America, commettendo un imperdonabile errore perché la situazione dei Paesi europei è ben diversa da quella americana.
Ora i nostri governi e la stessa Unione Europea sono costretti ad agire nei confronti della Russia in una condizione di inferiorità, perché il governo dei prezzi del gas, a seguito delle ignobili privatizzazioni e delle concessioni di gestione di questo prodotto, attuate in esecuzione del pensiero neoliberista, hanno spostato la proprietà collettiva demaniale di questi beni (vedi decreto Bersani per l’elettricità e decreto Letta per il gas) nelle mani di numerosissime S.p.A., le quali sono libere di determinare l’approvvigionamento, il trasporto e la distribuzione di questi fondamentali beni energetici.
Sicché i nostri governi devono fare i conti con un numero imprecisato di società private, non disponendo più, in modo diretto, dei beni del Popolo.
È ovvio che in questa situazione lo scontro tra i governi europei e quello russo vede come vittime (escluse Norvegia e Olanda che hanno giacimenti propri) soltanto i Popoli europei, e in modo peggiore e insopportabile il Popolo italiano, oramai spogliato della sua ricchezza energetica.
Ursula Von der Leyen ha promesso che al massimo per la metà di ottobre sarà posto un tetto al prezzo del gas e altre misure per fronteggiare i rincari del gas e dell’energia elettrica, ma si tratta di provvedimenti che produrrebbero una diminuzione della distribuzione del gas, poiché chi decide in concreto, in modo libero e incontrollabile, la quantità di gas da produrre e distribuire non sono più le autorità degli Stati o dell’Unione, ma le singole S.p.A.
In questa situazione si è dato la possibilità a Putin, primo responsabile della guerra in Ucraina, di beffeggiare il nostro Popolo. Egli infatti ha annunciato che saranno tagliati i rifornimenti di gas all’Italia e che quest’inverno gli italiani lo passeranno al freddo.
A mio avviso l’errore, che al momento sembra irreparabile, è stato quello di privatizzare queste fonti essenziali per lo sviluppo economico di ogni Paese e l’unica azione possibile per riprenderne il governo non sono certo misure tampone, ma la restituzione ai Popoli di questi beni per loro natura, e per quanto ci riguarda, per disposto costituzionale, appartenenti al Popolo a titolo di proprietà pubblica demaniale, originaria e illimitata.
Una politica seria dovrebbe agire a cominciare dalle fondamenta del problema, e i palliativi, come la storia insegna, non servono a nulla. Per l’Italia il maggiore responsabile resta Mario Draghi, che ha ispirato le privatizzazioni di Giuliano Amato e dei governi a questi succeduti, togliendo la ricchezza al Popolo e condannandolo a patire i risultati di questa ingiusta e ignobile defraudazione.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Lantidiplomatico, che ringraziamo.