di Romeo Orlandi
(WSC) ROMA – A giudicare dalle attese della stampa e di molti commentatori, sembra che Mike Pompeo venga a Roma per sbrigare affari del suo con altri paesi. Quando il capo della diplomazia della nazione più importante al mondo visita quella che in classifica appare in nona posizione, gli argomenti all’ordine del giorno dovrebbero presentarsi vasti e complessi. Qual è il ruolo della Nato, i rapporti tra gli alleati, le missioni militari? Non sarebbe una bazzecola. Oppure il coordinamento scientifico nella lotta al Covid-19. Come mettere in campo risorse comuni? È il mondo a porsi questa domanda. Inoltre: l’interlocuzione europea è centrale, oppure – come sembra – prevale il bilateralismo, dove Washington può far valere il maggiore peso negoziale? La lista potrebbe continuare, ma sembra già Pompeo verrà a Roma per parlare di 2 stati, il più grande e il più piccolo al mondo: la Cina e il Vaticano.
Sarà ricevuto da Papa Francesco? Sembra di no. Forse il tentativo di recuperare l’elettorato cattolico – pericolosamente incline a Biden – prima delle elezioni ha forzato il suo articolo su “First Things”, l’importante rivista statunitense nella quale ha esortato Bergoglio a non rinnovare l’accordo con Pechino sulla nomina congiunta dei vescovi cinesi. Siglato 2 anni fa – e probabilmente in via di rinnovo – traccia il solco per il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Usa e Vaticano (che ancora oggi tiene aperta anacronisticamente e in solitudine la sua ambasciata a Taiwan). Non ha convinto la Santa Sede che dialogare con la Cina dia status morale a un regime che considera tirannico. In un crescendo di illazioni, l’agenda di Pompeo si concentrerà su un convegno su temi religiosi. La Cina rimarrà comunque lontana e presente.
Con il governo italiano è previsto discuta di 5G e della nuova Via della Seta. La tecnologia di Huawei è moderna, potente ma controversa. Secondo Pompeo, il suo utilizzo mette a repentaglio la sicurezza informatica – e dunque anche quella militare – di paesi alleati. L’esecutivo di Conte sta studiando una soluzione articolata, che consenta di coniugare standard di sicurezza e convenienze economiche. Questo tentativo – comune a tante cancellerie europee – è ovviamente contestato da Washington che lo ritiene arrendevole. È la stessa considerazione rivolta all’Italia quando ha siglato il memorandum sulla Belt & Road Initiative durante la visita di Xi Jinping in Italia. Il timore di trasformare l’Italia in un avamposto di Pechino in Europa era forte, fino a sconfinare nella riconsiderazione della fedeltà atlantica.
Nulla di tutto ciò era in gioco; l’impantanamento di quell’accordo a una sostanziale aspirazione commerciale lo dimostra. Non c’è alcun dubbio che l’Italia e gli Stati Uniti rimarranno alleati e che la Cina non potrà ambire – né le interessa – a una sostituzione. Secondo la terminologia che si avvicenda negli Stati Uniti, oscillerà tra partner e competitor. Oggi, in tutto il mondo occidentale anche il secondo termine sta assumendo contorni più crudi. L’Italia lo sa e proverà a smussare le posizioni di Pompeo, senza riuscire a convincerlo. Non l’aiuta una politica estera fin qui eccessivamente prudente, come se l’Italia – per la gioia degli analisti più superficiali – fosse ridotta a uno stato cuscinetto tra gli Stati Uniti e qualsiasi altro paese.
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A me non è mai piaciuto, voi che mi dite?
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Ex-CIA director Pompeo: ‘We lied, we cheated, we stole’
https://www.youtube.com/watch?v=DPt-zXn05ac