di Marco Marazzi
(WSC) ROMA – Bizzarra la proposta di Trump di fare una riunione del G7 (il club che raccoglie USA, Canada, quattro paesi europei e Giappone) allargata a India, Sud Corea, Australia e Russia. Bizzarra ed estremamente pericolosa nella sua logica.
Facciamo però un passo indietro: fin dal primo decennio del nuovo secolo, si cominciò a dubitare che il sistema delle Nazioni Unite fosse sufficiente ad assicurare decisioni rapide su temi globali. Allo stesso tempo, il G7, che aveva una sua logica quando fu creato (un periodo in cui l'”Occidente” più il suo omologo giapponese costituivano la gran parte del PIL e commercio mondiale), veniva ritenuto inadeguato in un mondo profondamente cambiato, con altri paesi che avevano risalito la china dalla povertà assoluta e cercavano una voce in capitolo sulle questioni globali.
Nei circoli diplomatici cominciarono ad essere avanzate proposte impostate su un gruppo più ristretto di paesi, ma sufficientemente rappresentativo di tutte le aree del mondo e di una buona parte dell’economia e della popolazione mondiale, nel rispetto però del ruolo delle organizzazioni internazionali esistenti (Onu, Fmi, Banca Mondiale).
La soluzione fu il G20: fin dal 1999 infatti, dopo la crisi dei mercati asiatici, esisteva un gruppo di 20 ministri delle finanze e banchieri centrali da tutto il mondo che si riuniva per discutere di problemi finanziari. Dal novembre 2008 in poi alle riunioni del G20 cominciarono a partecipare i capi di stato, come luogo di discussione quindi di problemi globali.
Ad oggi il G20 rappresenta il 90% del PIL mondiale, l’80% del commercio e il 70% della popolazione. Meccanismo ancora imperfetto certo ma comunque utile per avere un punto di vista globale, dagli USA alla Cina, all’Arabia Saudita, all’India, all’Indonesia, al Brasile, all’Unione Europea che ha anche un suo “seggio”. Per capirci, è stato il G20 che ha gettato le basi per l’intervento coordinato a livello mondiale dopo la grande crisi finanziaria del 2008 e che da ultimo ha scosso dall’immobilismo i paesi nel corso del periodo peggiore dell’epidemia del Covid.
Non si comprende quindi questo tentativo di Trump di voler ridare centralità ad un organismo ormai obsoleto come il G7 e poi allargarlo a paesi che tra di loro non hanno alcun legame particolare.
L’India, in passato leader dei non allineati, ha perseguito una politica di riavvicinamento agli USA soprattutto in funzione anti-Pakistan, il suo arci nemico; allo stesso tempo però è il più grande compratore di armi dalla Russia ed ha fatto il suo ingresso nella Shanghai Cooperation Organization imperniata intorno alla Cina, Russia e paesi dell’Asia Centrale.
La Corea del Sud è un paese che ha storiche rivalità con un membro del G7 (il Giappone) ma comunque dipendente dall’ombrello militare americano per i suoi problemi con la Corea del Nord (la cui soluzione dipenderà però anche dalla Cina). L’Australia con il nuovo primo ministro è in pratica un clone degli USA, ma dipende economicamente dal commercio con la Cina. La Russia, beh, è la Russia.
Cosa hanno in comune questi paesi quindi? La risposta è ovvia ma sconvolgente: sono paesi che hanno qualche “problema” con la Cina: di dipendenza economica (l’Australia), di confine (India soprattutto, meno la Russia), mentre non è molto chiaro per la Corea del Sud. Non sono gli unici paesi ad avere “qualche problema” con il Dragone, come al mondo esistono molti paesi che hanno “qualche problema” con gli USA o con l’India stessa (la lista non è breve).
Sembra quindi un vertice fatto intenzionalmente per provocare Pechino, in modo non dissimile dalle varie “alleanze” costruite nella fase precedente la prima guerra mondiale che però appunto hanno contribuito a portare al conflitto 1915-18. In questo senso è forse finora la mossa dell’amministrazione Trump che più metterebbe a repentaglio la pace mondiale e di cui pagheremmo le conseguenze tutti.
Ma forse il presidente, sotto attacco da tutti i lati in patria, dà troppe cose per scontate: primo, dà per scontato che i paesi europei del G7 siano pronti ad “accodarsi” ad una sua crociata contro il paese più popoloso al mondo e la seconda economia mondiale, che ha contribuito a metà della crescita globale in tempi recenti. Non ci scommetterei.
L’equazione sbagliata sul tramonto di Trump
Secondo, pensa che dall’India, miracolosamente uscita con meno danni di altri dal Covid, possa ottenere qualche sostegno per la medesima crociata, mentre all’India – presa da problemi interni complessi – interessa soprattutto risolvere le sue questioni di confine con la Cina. Infatti, si è già sfilata subito da ogni condanna sulla situazione ad Hong Kong, per esempio. La Corea sta negoziando con la Cina un’area di libero scambio insieme al Giappone, dopo che lo stesso Trump ha “mollato” il TPP nel 2017.
La Russia è imprevedibile ma è improbabile che si accodi agli USA se non chiedendo in cambio forti concessioni che ripugnerebbero sia all’opinione pubblica americana che agli “alleati” europei. L’unico paese che forse si accoderà docilmente dietro gli USA è l’Australia, ma anche qui il dibattito interno non manca per un paese che geograficamente è parte dell’Asia che lo voglia o no.
Insomma, non si sa se sperare più in un fallimento di questo vertice, molto probabile, o nel fatto che non si svolga affatto. Io, che sono un sostenitore del G20 e non amo guerre collegate alle elezioni americane, preferirei il secondo.