Ucraina, forse gli diamo troppi soldi

La veemenza con la quale l'Ue è insorta in soccorso di Kiev ha più prosaica motivazione che quella umanitaria: il timore che la guerra arrivi a casa nostra, nella “vera” Europa.

di Massimo Defidio

Quattrocentocinquanta milioni di europei stanno vivendo sulla loro pelle una crisi umanitaria (tra i 5,5 e i 6,5 milioni di profughi verso l’Ue) ed economico-finanziaria senza precedenti a causa della sete di potere di un despota pseudo imperialista e di 45 milioni di ucraini che hanno tatuata sul petto la millenaria volontà di resistenza ad ogni invasore e perciò lottano indomiti per la libertà, costasse loro anche la morte; 450 milioni di europei dicevamo, che nel giro di sei mesi hanno dovuto modificare drasticamente i loro modelli di vita dopo essersi visti piovere addosso secchiate di rincari di prezzi di tutti i generi non solo energetici, inflazione a due cifre, carenza di beni essenziali alle attività e all’uso domestico, timore di essere coinvolti del tutto inconsapevolmente in una guerra dai contorni tanto indefiniti quanto agghiaccianti.

Il debito europeo che si sta accumulando per gli effetti della guerra in Ucraina si ripercuote non solo tra lavoratori, imprese, pensionati, cittadini dell’attuale Ue ma allunga i suoi artigli sulle generazioni future che dovranno farsi carico delle scelte, deliberate o inconsapevoli, operate nel 2022 dai loro padri e nonni. Quindi non solo razionamenti e inverni più freddi per noi ma intere stagioni buie per i futuri cittadini europei.

Sia chiaro, nessuno più di me è convinto che non ci sia causa più nobile per indebitarsi e fare sacrifici della difesa della libertà, tuttavia credo che occorra riflettere sul senso ultimo del valore libertario e sulla destinazione di tanti sacrifici. Gli ucraini non sono propriamente un popolo europeo, non lo sono mai stati. Parimenti non lo è il popolo russo. Così come dire che i russi hanno portato la guerra nel cuore dell’Europa non è corretto. Il Belgio è al centro dell’Europa, sia geograficamente e sia politicamente, molti altri Paesi lo sono. Gli ucraini no, sono un popolo russofono con usi e tradizioni distanti anni luce dal cuore dell’Europa.

Ne concludo che la veemenza con la quale siamo insorti in soccorso dell’Ucraina abbia un’altra e più prosaica motivazione: il timore che la guerra arrivi a casa nostra, nella “vera” Europa per cui è un bene che resti confinata il più a lungo possibile in quei territori, costi quel che costi, pur di non sentire sirene e vedere palazzi sventrati nelle nostre città.

La medesima motivazione beninteso ce l’hanno gli americani ai quali la recessione europea può solo far piacere se serve, come servirà, a neutralizzare per qualche lustro un fastidioso concorrente economico e commerciale sulla scena mondiale. A sentire le dichiarazioni dei politici europei in questi mesi sembra che gli ucraini abbiano sempre fatto parte della nostra storia e a ben guardare mai in passato un paese membro ha ricevuto così tanti aiuti di ogni genere, finanziari e militari, quanti ne arrivano a pioggia ogni giorno al governo ucraino.

Con l’occasione rivolgo un rispettoso saluto agli amici greci che – loro sì europei a pieno titolo – a partire dal 2010 hanno dovuto patire le pene dell’inferno per far fronte ad un dissesto finanziario in cui il partner Ue ha agito da poliziotto inflessibile sottoponendoli ad ogni sorta di tribunale del riesame tra minacce e pressanti richieste.

Il punto è che visto tutto questo affetto nei loro confronti ora gli ucraini si sentono più europei dei francesi ancor prima che la procedura d’ingresso nell’Ue sia stata attivata. E c’è da giurarci che a guerra finita, forti delle sofferenze subite e delle decine di migliaia di morti, batteranno cassa a Bruxelles impegnando i bilanci europei delle prossime decadi sulla doverosa ricostruzione del Paese. Chi glie lo dirà quando sarà il momento che non ce lo potremo permettere? O che l’adesione dell’Ucraina all’Ue forse non sarà più all’ordine del giorno? Chissà se sarà un nuovo recovery plan (Erp), ancora una volta targato Usa, a tirar fuori l’Europa dalle secche della stagflazione che ci attende. I tempi non sono più gli stessi del post War II, i soldi scarseggiano e le opinioni pubbliche dei vari Paesi sono assai più vigili di prima sul come spenderli.

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