Coinvolte MPS, Carige, Banco Popolare, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare dell’Emilia Romagna e Unicredit. I 200 miliardi di “non performing loans” in realtà sono 350.
Rumors confermati: la Banca Centrale Europea ha avviato o si appresta ad avviare una nuova valutazione sui portafogli di crediti deteriorati di alcune banche europee. La notizia, circolata sulla stampa nei giorni scorsi, ha innescato un’ondata di vendite sul comparto bancario di Piazza Affari dopo che sono iniziate ad arrivare alcune conferme dalla vigilanza europea. Ad annunciare verifiche già in corso o in arrivo nelle prossime settimane sono state MPS, Carige, Banco Popolare, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare dell’Emilia Romagna e Unicredit.
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Intesa Sanpaolo e Mediobanca hanno dichiarato invece di non aver al momento ricevuto alcuna comunicazione dalla BCE. La vittima principale della bufera che ieri ha investito il comparti bancario tricolore è stata MPS. In serata sono poi arrivatele conferme della nuova tornata di indagini della vigilanza europea “in materia di governance, strategia, processi e metodologie adottate dal Banco per la gestione dei Non Performing Loans”. Resta invece ancora tutto da definire il futuro della bad bank che dovrebbe alleviare il peso dei quasi 200 miliardi di “non performing loans” (o NPL, i crediti deteriorati, appunto) che pesano sugli istituti nazionali.
Fonte: Teleborsa
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Le banche hanno risposto ieri sera alla Consob, che chiedeva loro aggiornamenti sulla situazione dei Non Performing Loans in seguito alla notizia che la Bce sarebbe interessata a una svalutazione ulteriore dei crediti deteriorati degli istituti italiani. Unicredit , Mps , Bpm , Bper, Banco e Carige hanno avvertito che Francoforte li sottoporrà a una valutazione ulteriore degli Npl. Mediobanca , Intesa Sanpaolo , Ubi, Credem e Banca Popolare di Sondrio non hanno invece ricevuto comunicazione dalla Bce. Il gruppo Bper ha informato il mercato che la banca sarà interessata, nelle prossime settimane, “nell’ambito delle procedure di vigilanza continuative previste dal Single Supervisory Mechanism”, scrive l’istituto, “da un’attività di valutazione della strategia, del governo, dei processi e della metodologia adottati dal gruppo in ambito non perfoming loans, attività in corso di svolgimento a livello europeo e che riguarderà anche altre banche italiane”. Unicredit ha comunicato che “nel quadro dei piani di attività 2016, la Bce ha proposto un assesstment sugli Npl che… riguarderebbe anche altre banche”. Gli Npl lordi di Unicredit si attestavano, al 30 settembre 2015, a 50,6 miliardi di euro, in calo del 3% rispetto al dicembre 2014. Il tasso di copertura delle sofferenze era pari al 61,4% “tra i più alti in Italia”, scrive la banca nella nota. Di conseguenza, le sofferenze al netto delle riserve ammontano a 19,5 miliardi, in calo rispetto a dicembre 2014. Mps ha confermato la linea di Unicredit e detto che non esistono novità rispetto all’ultima trimestrale, senza specificare dati. Carige , dal canto suo, ha comunicato la notifica della Bce e non ha aggiunto altro. Mentre Mediobanca ha scritto a chiare lettere di “non aver ricevuto alcuna richiesta di dati da parte della Bce”. E ha ricordato che al 30 settembre 2015 le esposizioni non perfoming ammontavano a 1,133 miliardi e rappresentavano il 3,5% degli impieghi contro “una media delle principali banche italiane pari all’11,3%”, con un’incidenza sul parametro Cet1 del 15%, mentre la media delle principali banche italiane “è del 124%”. Banca Popolare di Milano ha informato che la Bce ha avviato un assesstment su strategia, governance, processi e metodoloie sugli Npl “come parte integrante dell’ordinaria attività di supervisione”. L’istituto di credito ricorda che il Common Equity Tier 1 ratio minimo di Bpm in seguito al processo di Supervisory Review and Evaluation Process del 2015 è stato pari al 9%, “fra i più bassi fra quelli resi noti dalle banche italiane soggette a supervisione unica bancaria europea”. Intesa Sanpaolo ha detto di non aver ricevuto, per ora, alcuna comunicazione specifica da parte della Bce. La banca ricorda che al 30 settembre 2015, i crediti in sofferenza lordi si attestavano a 38,9 miliardi di euro e le relative rettifiche di valore ammontavano a 24,484 miliardi, con un grado di copertura pari al 62,8%. Le sofferenze nette erano pari a 14,484 miliardi di euro, con un’incidenza sui crediti complessivi pari al 4,2%. Considerando, scrive la banca, oltre alle rettifiche specifiche, anche il valore delle garanzie reali relative alle sofferenze (pari a circa 30 miliardi di euro), il grado di copertura complessivo delle stesse è pari al 140%. Il Banco Popolare ha informato di aver ricevuto comunicazione da parte della Bce e che l’attivitià di revisione si svolgerà fra gennaio e febbraio. L’istituto ricorda che al 30 settembre scorso i flussi netti in ingresso relativi al credito deteriorato hanno registrato un sensibile decremento (-56% rispetto all’anno precedente) e che, grazie alla cessione di 950 milioni nominali di sofferenze chirografarie avvenuta lo scorso ottobre, lo stock dei crediti deteriorati è atteso in ulteriore contrazione.
Fonte: MilanoFinanza
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Spaventano test Bce su crediti deteriorati e scontro con la Ue per la bad bank
Nuova seduta di vendite sulle banche italiane dopo il crollo di lunedì che ha mandato in rosso Piazza Affari. Nel mirino ancora il Monte dei Paschi di Siena, Bper, Banco Popolare, Popolare di Milano e Unicredit. Cioè gli istituti che, insieme a Carige, hanno ammesso di essere sotto la lente della Banca centrale europea, che ha avviato un’attività di ricognizione sui loro crediti deteriorati. Una zavorra che per le banche della Penisola vale 350 miliardi lordi (200 di sofferenze e 150 di incagli), pari a quasi il 20% degli impieghi. Di questi, 45 ce li ha in pancia a Rocca Salimbeni, che nella mattinata di martedì è tornata a perdere oltre il 10% riducendo la capitalizzazione a meno di 2 miliardi. Ora Mps vale dunque oltre un miliardo in meno rispetto ai 3 chiesti ai soci la scorsa estate. E solo l’anno prima l’istituto aveva portato a termine un altro aumento da 5 miliardi.
Trattativa lenta sulla bad bank
Alle origini della tempesta che si è scatenata sui titoli del settore, già sotto pressione per l’entrata in vigore della normativa sul bail-in e per la sfiducia creata dal caso salva-banche, c’è anche il nodo tuttora irrisolto della cosiddetta bad bank. Il governo continua a sostenere di voler fare in fretta, ma il dossier è sul tavolo di Palazzo Chigi e del Tesoro da più di un anno. E lo scontro degli ultimi giorni tra Matteo Renzi e la Commissione Ue, con fonti di Bruxelles che fanno trapelare di “non avere un interlocutore” a Roma, non è un buon viatico per un accordo. Stando alle ultime indiscrezioni il piano informale che il governo ha inviato alla Ue non prevede più una società ad hoc a cui trasferire i crediti difficili da riscuotere bensì solo una garanzia pubblica che la solita Cassa depositi e prestiti o la Sace concederebbero su richiesta alle banche che attiveranno società veicolo cui trasferire i crediti deteriorati. La settimana scorsa un portavoce della Commissione ha mandato a dire che “spetta all’Italia decidere come procedere”. Il problema cruciale è il prezzo.
Il nodo del valore dei crediti: spaventa la svalutazione dell’83% applicata alle banche “salvate”
Bisogna infatti stabilire quanto debbano essere valutate quelle esposizioni deteriorate. Per evitare l’accusa di aver concesso aiuti di Stato occorre che i prezzi siano di mercato. Il decreto salva banche del 22 novembre ha svalutato quelli di Banca Etruria, Carife, Banca Marche e Carichieti da 8,5 a 1,5 miliardi, il 17% del valore di libro. Ma gli istituti italiani, in media, li hanno iscritti a bilancio al 44% del valore originario: 88 miliardi sui 198 di sofferenze lorde, stando agli ultimi dati Bankitalia. Ridurre di più di metà quella valutazione imporrebbe al sistema rettifiche imponenti: se le banche dovessero mettere in conto di recuperare 17 euro ogni 100 in sofferenza, invece che 44 ogni 100, i 200 miliardi di sofferenze ne varrebbero 34 e non 88. Di conseguenza gli istituti dovrebbero accantonare oltre 50 miliardi per far fronte alle possibili perdite.
Gli esami di Francoforte su impieghi e accantonamenti
Intanto proprio sulla gestione dei cosiddetti “non performing loans” sono ufficialmente partiti nuovi esami dell’Eurotower, che sottoporrà Banco Popolare, Bpm, Bper, Mps e Carige e Unicredit ad “attività di valutazione e indagini conoscitive”. Nel mirino “strategia, governo, processi e metodologia adottati”: vale a dire che gli ispettori della vigilanza bancaria unica valuteranno se il valore a cui le sofferenza sono iscritte a bilancio è congruo. E in caso contrario potrebbero chiedere agli istituti di fare, appunto, ulteriori accantonamenti. Stando a quanto scritto sabato da Il Sole 24 Ore, poi, la task force di Francoforte offrirà anche una sorta di consulenza ai vertici in materia di gestione delle esposizioni deteriorate.
Fonte: Il Fatto Quotidiano