Lo scenario pre default di Lehman Brothers del 2008 negli Usa o la bassa crescita e la deflazione che hanno segnato il “decennio perduto” in Giappone diventano di nuovo attuali per Pechino.
Il debito della Cina cresce e nel primo trimestre del 2016 segna il ritmo più veloce di sempre, fino a spingere il rapporto con il Pil al 237%, su livelli non più paragonabili alle economie emergenti, neanche ai Paesi del Brics, ma a quelle più mature, come Stati Uniti ed Eurozona.
Il trend, mette in guardia il Financial Times ricalcando i giudizi fatti solo pochi giorni fa dal magnate George Soros, fa salire i rischi di crisi finanziaria o prolungato rallentamento rendendo verosimili due ipotesi: lo scenario pre default di Lehman Brothers del 2008 negli Usa o la bassa crescita e la deflazione che hanno segnato il “decennio perduto” in Giappone.
Secondo i calcoli del quotidiano della City, l’ammontare del debito interno ed estero è di 25mila miliardi di dollari, salito al passo superiore di oltre il 50% sui livelli del 2015. A dare slancio ai timori c’è peraltro proprio la velocità di crescita e accumulo: nel 2007 era pari “solo” al 148% del Pil. L’attuale peso del debito e il suo crescente legame coi mercati finanziari globali, è uno dei fattori più instabili del recente monito del Fmi sul rischio che la Cina pone adesso alle economie avanzate.
Soros ha «scommesso» sull’atterraggio pesante dell’economia di Pechino (tanto da beccarsi una risposta piccata da parte dei media ufficiali), notando uno scenario «alimentato da crescita del debito ed eventualmente dall’insostenibile estensione del credito. Si autoalimenta» ed è collegato al settore immobiliare.
La Cina ha avuto il primo vero inciampo la scorsa estate con la brusca correzione dei mercati, seguiti da dati macroeconomici meno brillanti. L’erogazione del credito s’è trasformata in una spirale pericolosa e il boom del real estate ha creato la bolla. Gli stimoli, è la tesi, posticipano il redde rationem.
Il Pil del primo trimestre ha segnato un +6,7%, mostrando segnali di stabilizzazione dell’economia impegnata al passaggio dall’export e dal manifatturiero ai servizi e ai consumi, ma anche il passo più lento degli ultimi 7 anni. Il credito non ha evidenziato rallentamenti: le banche cinesi hanno erogato 211,23 miliardi di dollari di prestiti a marzo, con i finanziamenti sociali saliti a 360,78 miliardi, il triplo su febbraio.
Un recente studio del Fmi ha messo in guardia dai circa 1.300 miliardi di dollari di bond societari il cui mancato pagamento è a rischio perchè le imprese non guadagnano a sufficienza. Se inevasi, le perdite bancari sarebbero pari al 7% del Pil.
Il vice ministro delle Finanze Zhu Guangyao ha ammesso che il governo deve «evitare ogni rischio sistemico finanziario» e ha osservato che a livello centrale l’indebitamento non va oltre il 40%. «Sappiamo – ha rilevato di recente – che ci sono sfide sul fronte corporate, per questo dobbiamo lavorare all’allentamento del debito societario», stimato intorno al 160% del Pil.