Il Medioriente si infiamma e sui mercati energetici la volatilità è alle stelle con il prezzo del barile di petrolio che è schizzato ampiamente al di là dei 71 dollari al barile (vedi grafico più sotto). I ribelli Houti in Yemen hanno rivendicato l’attacco con i droni a due grossi impianti petroliferi sauditi, che hanno stroncato le attività di produzione di greggio saudita. Ma secondo gli Stati Uniti c’è la mano dell’Iran.
La notizia ha convinto Donald Trump a minacciare di dichiarare guerra a Teheran e a ordinare il ricorso alle riserve strategiche petrolifere nazionali. Secondo Goldman Sachs, tuttavia, è presto per finire preda di crisi di panico. Il mercato energetico può resistere a un grave blackout anche per due mesi prima che l’America debba attingere alle riserve strategiche nazionali.
“Le riserve petrolifere dell’Arabia Saudita sono state attaccate”, ha scritto Trump in un tweet. “Pensiamo di sapere chi è stato. Siamo pronti e con i fucili carichi per rispondere, a seconda di quali saranno i risultati delle verifiche. Stiamo aspettando di sapere dal regno saudita chi pensano quali siano le cause dell’attacco e come dobbiamo procedere!“.
Saudi Arabia oil supply was attacked. There is reason to believe that we know the culprit, are locked and loaded depending on verification, but are waiting to hear from the Kingdom as to who they believe was the cause of this attack, and under what terms we would proceed!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) September 15, 2019
A essere colpiti nel fine settimana sono stati due dei principali stabilimenti sauditi di petrolio. Il primo impianto colpito è la più importante installazione per il trattamento del petrolio al mondo, mentre il secondo è un campo di estrazione gestito dalla Saudi Aramco. L’America sostiene che i dati del satellite a disposizione dell’intelligence dimostrano il coinvolgimento iraniano.
La società controllata dalle autorità saudite definisce la facility di lavorazione del greggio il “più grande impianto di stabilizzazione del petrolio al mondo, capace di lavorare 7 milioni di barili al giorno”. Ad Abqaiq invece viene gestita la maggior parte del greggio esportato. Secondo quanto riferito da due fonti a Reuters, “ci potrebbero volere dei mesi” perché i volumi di produzione di Saudi Aramco tornino alla normalità.
Tehran is behind nearly 100 attacks on Saudi Arabia while Rouhani and Zarif pretend to engage in diplomacy. Amid all the calls for de-escalation, Iran has now launched an unprecedented attack on the world’s energy supply. There is no evidence the attacks came from Yemen.
— Secretary Pompeo (@SecPompeo) September 14, 2019
Prezzi petrolio +20%: non succedeva dalla Guerra in Kuwait
L’effetto sui mercati è stato travolgente. Il prezzo del Brent non schizzava in progresso del 20% dai tempi dell’invasione del Kuwait nel 1990. Il valore del WTI americano è salito sui 63 dollari al barile mentre il Brent ha superato quota $71. Circa 5,7 milioni di barili di greggio sono in ballo, pari al 5% del mercato globale. Donald Trump è corso ai ripari autorizzando il ricorso alle riserve strategiche nazionali di petrolio (SPR), evento verificatosi solamente in occasione dell’Uragano Katrina, della crisi libica e durante la prima Guerra del Golfo.
I prezzi non hanno fatto in tempo a toccare i livelli record della fase attuale, che un tweet di Trump sul rischio di un conflitto con l’Iran ha rispedito in fretta il valore del petrolio in rialzo. Tanto da spingere alcuni analisti a prevedere che l’oro nero possa portarsi presto anche sui 100 dollari al barile.
Trump è ai ferri corti con l’Iran da quando si è insediato alla Casa Bianca. Dopo aver annullato gli accordi presi da Barack Obama nel 2015 per promuovere un progressivo disarmo nucleare iraniano, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche dolorose al paese affacciato sul Golfo Persico. Secondo il presidente Usa la Repubblica Islamica, accusata da Israele di fomentare il caos in Medioriente, è la maggiore minaccia per gli Stati Uniti e il mondo occidentale.
Il segretario di Stato Pompeo, da parte sua, ritiene l’Iran la maggior fonte di destabilizzazione dell’area mediorientale. Secondo il quotidiano Arab News, che si ritiene rifletta l’opinione ufficiale del regno saudita, dopo i danni recati agli obiettivi energetici della potenza del Golfo, la prossima mossa più logica è quella di un “attacco mirato chirurgico“, più che di una guerra a tutto campo: “Serve una risposta alle minacce di Teheran all sicurezza nazionale”, si legge nel sommario dell’editoriale il cui titolo recita “L’Iran non può restare impunito”.