La linea politica del candidato repubblicano alle presidenziali statunitensi, Donald Trump, che combatte gli accordi commerciali internazionali, rischia di provocare un pericoloso movimento protezionistico che danneggerebbe seriamente l’economia mondiale e di creare ulteriore instabilita’ sui mercati. Lo ha detto Christine Lagarde, direttrice del Fondo monetario internazionale, in un’intervista al Financial Times, in cui ha detto di augurarsi che non ci sia una nuova frenata nella marcia della globalizzazione, come quella vissuta con l’inizio della Prima guerra mondiale. Pur non volendo entrare nel dibattito politico statunitense, Lagarde ha manifestato la sua contrarieta’ alle proposte di Trump, che vuole imporre delle tasse ‘punitive’ sui prodotti importati da Cina e Messico e stracciare gli accordi commerciali come il North American Free Trade Agreement (Nafta). Il Fondo monetario internazionale appoggia inoltre la Trans-Pacific Partnership (Tpp), l’accordo tra gli Stati Uniti e altri 11 Paesi del Pacifico, etichettata come un “disastro” per l’economia statunitense da Trump. “Ci auguriamo un presidente – ha detto – che guardi al commercio in termini positivi”. (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)
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La ripresa economica dell’area euro si è rafforzata di recente, ma al tempo stesso “i rischi di rallentamento sono aumentati”, avverte il Fondo monetario internazionale nel suo rapporto sull’Unione valutaria. E il ritmo di espansione è destinato a decelerare, dall’1,6 per cento di quest’anno all’1,4 per cento nel 2017 “prevalentemente a causa dell’impatto negativo del referendum” sulla Brexit. Ma ci sono anche altri i fattori di rischio. “Un ulteriore rallentamento globale potrebbe tracimare e far deragliare la ripresa sostenuta dalla domanda interna. A livello interno i rischi sono prevalentemente politici – rileva il Fmi – ulteriori ricadute dalla situazione post referendum in Gran Bretagna, l’aumento dei rifugiati e gli ostacoli ai progressi su politiche e riforme”.
Il tutto mentre le prospettive di medio termine dell’Unione valutaria vengono giudicate “mediocri” dall’istituzione di Washington. “I retaggi della crisi, l’alta disoccupazione, gli elevati debiti pubblici e privati e le profonde debolezze strutturali pesano sulle prospettive e sulla crescita della produttività”. Il risultato è che da qui a cinque anni è previsto un ritmo di crescita che non andrà oltre l’1,5 per cento. A fronte di questo quadro il direttorio del Fmi raccomanda “forti iniziative collettive per rafforzare la crescita e l’Unione”, mentre la ripresa ciclica in corso non deve portare le autorità ad abbassare la guardia. “Le politiche dovrebbero dare priorità alle riforme strutturali, migliorando gli investimenti e la governance sui conti pubblici”. La politica monetaria deve mantenere la sua connotazione espansiva e bisogna procedere al completamente dell’Unione bancaria, mentre prosegue l’aggiustamento dei bilanci delle banche.