(WSC) MILANO – Mezzo mondo è stato o è ancora costretto in isolamento. Per coloro che possono accedere alla tecnologia, questa è diventata una necessità ancora più grande durante la lunga fase di “Grande Lockdown”. Dallo shopping online ai luoghi di lavoro “casalinghi” e agli appuntamenti “virtuali” in videoconferenza, le abitudini di consumo e lavoro dei cittadini sono cambiate.
Se si tirano le somme, non è difficile scoprire quali sono i vincitori e i vinti di una crisi profonda, sia dal punto di vista economico che sociale, la quale sembra stia molto lentamente volgendo al termine. Gli investitori a lungo termine in grado di prevedere le trasformazioni durature catalizzate da questa crisi saranno quelli meglio posizionati per navigare le opportunità e i rischi di investimento dopo il “Grande Lockdown”, come è stata ribattezzata la crisi da Covid-19.
Farmaceutici e tecnologici (in particolare cloud, software, big data, e-commerce e gig-economy) sono alcuni dei settori vincenti, che hanno già tratto – e trarranno ancora – maggiore giovamento dalla crisi. Quanto ai perdenti, si possono citare il settore delle vendite al dettaglio e quello petrolifero o delle energie più inquinanti.
Crisi settore retail: marea di default in vista
Finora, da quando è iniziato il Grande Lockdown, 27 società con almeno 50 milioni di dollari di debiti hanno fatto ricorso all’amministrazione controllata in Usa. La maggior parte sono gruppi del settore retail tradizionale. Tra questi si possono citare J.C. Penney, J.Crew e Hertz. Il numero è il più alto nel minor lasso di tempo dal 2009, secondo i calcoli di Bloomberg.
Secondo i gestori di PIMCO e di PGIM, braccio degli investimenti di Prudential Financial, con ogni probabilità la crisi porterà a cambiamenti strutturali importanti in tutto il pianeta. Per la precisione assisteremo a:
- Un ribilanciamento delle catene di fornitura globali in più supply chain resilienti, diversificate e multiregionali. Una “risistemazione” delle supply chain verso mercati interni, sia per logica economica, sia per l’intervento del governo.
- Una transizione da un’offerta efficiente e snella “just in time” a una “ingrassata” e flessibile (perché “non si sa mai”). Soprattutto a monte (“upstream”), in quanto le società cercheranno di trovare un equilibrio tra i costi di magazzino e l’incertezza dell’offerta.
- Una significativa accelerazione di un megatrend già in atto prima della crisi: si andrà sempre più verso imprese “senza peso”. Ossia costruite su un capitale “leggero”, tecnologico e su modelli incentrati su investimenti in software, R&S, dati e proprietà intellettuale.
- Un ripensamento totale della comunità e del modello di “vivere, lavorare e giocare”. Vedremo crescere come funghi spazi open space di co-working, gig-economy, luoghi per la logistica e magazzini richiesti per sostenere la nuova ondata di vendite al dettaglio online.
E questa potrebbe essere solo la punta dell’iceberg per l’universo retail. La società S&P Global Ratings riferisce che 88 aziende in tutto il mondo hanno già registrato un’insolvenza sul debito quest’anno per via del Grande Lockdown. Si tratta di una cifra pari a quasi il doppio rispetto allo stesso periodo nel 2019. Secondo quanto pronosticato da alcuni legali americani i tribunali fallimentari dovrebbero prepararsi a una “marea di casi”.
L’utilizzo di Internet è aumentato del 40% dall’inizio dell’anno nelle principali economie del mondo. Soprattutto in settori quali la vendita al dettaglio, l’istruzione, la sanità, il tempo libero e l’intrattenimento, il cambiamento è stato drastico e secondo gli analisti è destinato a rimanere. Basti pensare che le prime tre parole ricercate su Google negli Stati Uniti al 12 aprile sono state Facebook, YouTube e Amazon.
Boom di servizi cloud, videoconferenze, e-commerce
Nel frattempo, per facilitare la continuazione delle proprie operazioni nel modo più fluido possibile, le aziende hanno rapidamente adottato e implementato servizi basati sul cloud. Un grande fornitore di servizi di telelavoro degli Stati Uniti ha registrato un aumento di 22 volte nell’uso della sua piattaforma in Cina a marzo di quest’anno, in pieno Grande Lockdown.
Il numero di download del servizio di videoconferenze online Zoom è aumentato di un impressionante 141% a marzo rispetto a febbraio 2020. La crisi senza precedenti e per molti versi inaspettata del Grande Lockdown ha spinto e accelerato l’integrazione della tecnologia in molte delle nostre attività quotidiane.
Data l’entità degli sconvolgimenti e dell’incertezza, è difficile prevedere con precisione in quale modo e forma il mondo sarà diverso dopo che la miriade di effetti della pandemia e del lockdown sarà passata. È questa la sfida principale per gli investitori istituzionali e retail.
Ora più che mai, i trader devono concentrarsi non solo sulle perturbazioni in corso, ma anche su come questo episodio modificherà strutturalmente il comportamento delle aziende, dei consumatori e dei governi, anche mesi dopo la fine del Grande Lockdown.
Differenze tra rivoluzionari del digitale e chi è travolto dalla rivoluzione
È probabile che alcuni settori economici beneficino più di altri del cambiamento del comportamento dei consumatori e dello spostamento delle preferenze provocato dal “Grande Lockdown”. D’altra parte, alcuni settori possono trovarsi ad affrontare sfide maggiori a seguito dei cambiamenti. Ciò li rende ancor più “rivoluzionari”.
Gestori e analisti definiscono questi gruppi “disrupter” (letteralmente “perturbatori”). La distinzione tra chi perturba e chi viene perturbato, sostiene PIMCO, “diventerà un concetto sempre più rilevante per gli investitori“. Il fattore che permette di distinguere tra i due gruppi può essere in realtà semplicemente la capacità e la flessibilità di ogni azienda, settore o regione di adattarsi ed evolvere ai cambiamenti dei comportamenti e delle esigenze.
Le recenti dinamiche di mercato forniscono un’interessante indicazione di chi sono i perturabatori rivoluzionari, come si vede nella tabella sottostante citata in un articolo a firma di Geraldine Sundstrom, managing director del primo fondo di investimento obbligazionario al mondo.
Meno banche tradizionali, meno petrolio e più automazione
“I segni di mercato non potrebbero essere più chiari”, dice la manager riferendosi alla tabella sopra riportata con le performance dei diversi settori da inizio 2020. “La domanda di assistenza sanitaria e di tecnologia sembra non solo immune dalla crisi, ma sembra anche trarne beneficio“.
Intanto i produttori tradizionali, le istituzioni finanziarie e l’energia sono i gruppi che hanno sofferto maggiormente. “Un mondo guidato dalla tecnologia, combinato con la riduzione del commercio globale, potrebbe aver bisogno di meno petrolio e più automazione“. Allo stesso tempo i modelli di business delle banche tradizionali potrebbero essere messi a dura prova dal protrarsi del livello di tassi di interesse eccessivamente basso.
La ripresa finanziaria, economica e sanitaria dalla pandemia non sarà né facile né agevole. Per questa ragione, conclude Sundstrom, “gli investitori non dovrebbero sottovalutare il fatto che il modo di raggiungere i loro obiettivi finanziari potrebbe essere notevolmente diverso ora“, dal momento che i “perturbatori”, stanno conquistando una quota sempre maggiore della torta.
I sovvertitori del vecchio modo di vivere e operare lo stanno facendo alle spese di coloro che sono invece travolti dalla rivoluzione in corso. La capacità degli investitori di distinguere tra queste due fazioni, anche dopo Grande Lockdown, diventa cruciale.