Quasi un quinto dei miliardari (calcolati in dollari) ha già lasciato la Gran Bretagna in un solo anno. Il numero è sceso vorticosamente da 130 del 2015 ai 106 del 2016. E il trend negativo viene dato in continuo aumento.
Il problema principale, secondo gli studi effettuati sulla cosiddetta “Ricchezza X”, è la debolezza della sterlina: i super-pareroni Gb infatti avevano portato l’ammontare detenuto sul suolo brittanico da 395 miliardi a 295 anche prima del referendum che di fatto ha decretato l’uscita dall’Unione europea. E il colpo sarà difficile da assorbire, se si pensa che Londra è la seconda città europea più popolare e ambita da un bel pezzo del famoso 1% nelle mani del quale c’è più della ricchezza mondiale. La city è seconda solo a Mosca nel Vecchio continente, ma è quarta nella classifica mondiale.
Eppure le compagnie di gestione patrimoniale britanniche prevedono, ma forse sarebbe meglio scrivere sperano, che sia solo una conseguenza delle incertezze valutarie a livello globale. Molte di loro, infatti, credono che la svalutazione della sterlina possa essere un fattore di richiamo e non di fuga.
L’obiettivo è puntato tutto verso l’Asia, nuovo continente leader a livello mondiale per la “creazione” di miliardari. A livello globale nel 2015 è stato stimato che i paperoni della terra fossero circa 2.473 miliardari (+6,4% rispetto 2014), per una ricchezza netta complessiva pari a 7.7 trilioni di dollari (+5,4% in un anno). La maggior parte di questi sono asiatici e sono quattro volte superiori a quelli “creati” negli Stati Uniti. Ma a sorpresa pochi di loro hanno fatto fortuna investendo in finanza e banche, molti di loro infatti hanno avuto successo e soldi grazie a intuizioni imprenditoriali nei loro Paesi d’origine. Un boccone ghiotto su cui fiondarsi, anche solo per evitare che altri buoi scappino dal recinto della Gran Bretagna.