Quattro giorni per giocarsi il tutto per tutto su Mps ed evitare l’intervento dello Stato: conversione dei bond subordinati, con l’obiettivo di portare a casa almeno un altro miliardo e mezzo, collocamento istituzionale, con il ruolo di anchor investor che si spera ancora il Qatar voglia ricoprire (con un investimento di circa un miliardo). E maxi-cartolarizzazione di 27,7 miliardi di sofferenze per la quale si attende ancora la firma di Atlante.
L’operazione dela banca senese continua a suscitare polemiche in Europa. A Bruxelles non sono in pochi a storcere il naso su un eventuale intervento statale. A Berlino sono apertamente ostili. E il fatto che l’Italia sia politicamente debole dopo la caduta del governo di Matteo Renzi e il faticoso avvio dell’esecutivo di Paolo Gentiloni, non aiuta. Non è certo un caso che ieri sia intervenuto a gamba tesa uno stretto collaboratore di Angela Merkel.
Christoph Schmidt, uno dei 5 saggi consiglieri economici della cancelliera tedesca non ha usato mezzi termini in un’intervista alla Westdeutsche Allgemaine Zeitung (Waz) riportata da Bloomberg: «Il salvataggio di Mps dovrebbe avvenire secondo le regole concordate, cioè i creditori della banca devono contribuire al soccorso, non il contribuente. «Se l’Italia non rispetta le regole alla prima grande prova, l’unione bancaria non è credibile».
Il presidente di Mps Alessandro Falciai e l’amministratore delegato Marco Morelli.
I quattro giorni più lunghi della recente storia bancaria italiana iniziano questa mattina alle 9. Parte infatti il tanto atteso e periglioso aumento di capitale del Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica del mondo, ormai da alcuni anni sulla graticola. Per l’offerta pubblica da 5 miliardi, dedicata per il 30% agli azionisti e per il 5% al pubblico indistinto, il termine è mercoledì 21 alle 14, mentre ci saranno 24 ore in più per il collocamento istituzionale (il 65% dell’offerta globale).
Il rischio che l’operazione di mercato lanciata da Mps, con la conversione dei bond subordinati e l’aumento di capitale, possa fallire, anche solo parzialmente, è reale e non se lo nascondono né i vertici della banca senese, né il ministero del Tesoro e Palazzo Chigi. Si tratta di capire se il salvataggio della banca di Rocca Salimbeni possa passare solo per la soluzione privata o se, al contrario, sia indispensabile aprire l’ombrello pubblico.
Le incognite riguardano sia il numero di obbligazionisti che effettivamente decideranno di convertire i loro bond in azioni, sia l’effettiva disponibilità degli investitori a sottoscrivere l’aumento di capitale. Le due operazioni sono per altro strettamente legate tra loro. E le scadenze sono state studiate per garantire uno sviluppo ordinato dell’intera operazione: alle 14 di mercoledì 21 dicembre il termine per la conversione dei bond; stessa dead line per la parte di aumento dedicato ad azionisti (30%) e pubblico indistinto (5%); alle 14 del 22 dicembre lo stop all’aumento per gli istituzionali.
E anche le riunioni del cda, oggi a Milano e venerdì a Siena, sono calendarizzate prima per seguire l’avvio del piano e poi per prendere atto dell’esito dell’intera operazione e prendere le decisioni conseguenti.
Alla mala parata non resta che la soluzione pronta nel cassetto del governo: un decreto con una soluzione “di sistema” per le banche. Un fondo per i salvataggi da 15 miliardi, da utilizzare non solo per Mps, ma anche per altri istituti in crisi, dalle venete a Carige.