Pmi Eurozona in picchiata: è un salto indietro nel tempo di 20 mesi

Le piccole e medie imprese sono il cuore economico dell’Italia. L’Italia resta comunque una delle economie più importanti per il Pil dell’Eurozona, ma i numeri, i freddi numeri, …

Le piccole e medie imprese sono il cuore economico dell’Italia. L’Italia resta comunque una delle economie più importanti per il Pil dell’Eurozona, ma i numeri, i freddi numeri, dicono che le Pmi hanno fatto un balzo indietro nel tempo di circa 20 mesi.

Un salto nel vuoto che può avere ripercussioni immediate nelle politiche economiche continentali, che a cascata finiranno sui governi nazionali e in picchiata sulla vita di tutti i giorni delle popolazioni, dei cittadini.

Infatti, Piazza Affari accelera al ribasso dopo che l’indice Pmi composito (monitora l’andamento del manifatturiero e dei servizi) dell’Eurozona preliminare di settembre, elaborato da Markit, è sceso a 52,6 punti dai 52,9 di agosto e del consenso. Nel dettaglio, l’indice preliminare relativo al settore dei servizi è risultato pari a 52,1 punti rispetto ai 52,8 del mese precedente, anche in questo caso al di sotto dei 52,8 punti del consenso.

Mentre quello manifatturiero si è attestato a 52,6 punti, in rialzo rispetto ai 51,7 punti di agosto e al consenso a 51,5. “Si conclude negativamente il terzo trimestre dell’economia dell’eurozona. Il tasso di espansione di settembre è infatti rallentato al valore più basso in venti mesi”, ha sottolineato Rob Dobson, economista senior di Ihs Markit.

“Se il quadro generale mostra una crescita trimestrale molto lenta vicina allo 0,3%, resta inoltre chiaro che la ripresa economica è ancora fragile e non riesce a generare alcun tipo di traino reale. Conseguentemente, la creazione di posti di lavoro risulta esitante, con un livello occupazionale che è infatti aumentato al tasso più debole da aprile”, ha precisato l’esperto.

Di conseguenza, “viste le ancora piuttosto deboli pressioni inflazionistiche e il più basso livello di ottimismo in 21 mesi delle aziende del settore dei servizi, è probabile che, se le condizioni economiche risulteranno ancora più moderate, i responsabili delle politiche monetarie adotteranno nuovi stimoli più avanti nell’anno”, ha concluso Dobson.

Guardando ai singoli Stati, la crescita del settore privato tedesco ha rallentato al minimo di 16 mesi a settembre, zavorrata dalla debolezza della produzione nei servizi. La stima flash del Pmi composito è infatti scesa a settembre a 52,7 da 53,3 di agosto. La lettura si è attestata al di sotto della stima degli economisti a 53,4, pur mantenendosi oltre la soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione.

Invece nel settore manifatturiero la crescita ha accelerato al massimo di tre mesi, mentre la produzione nei servizi è scesa a sorpresa al minimo di oltre tre anni. “Desta grande preoccupazione l’andamento divergente dell’economia che vede i fornitori di servizi alla prese con una crescita che non decolla”, ha spiegato l’economista di Markit, Oliver Kolodseike. “Il Pmi evidenzia la crescità più debole dell’attività delle imprese dall’estate del 2013. I dati di oggi sono un chiaro segnale che la crescita dell’economia tedesca ha subito un rallentamento nel terzo trimestre”, ha aggiunto Kolodseike.

A sorprendere stavolta è stata l’attività economica privata in Francia, cresciuta questo mese più delle previsioni, mostrando il ritmo più elevato degli ultimi 15 mesi, grazie alla forza del settore servizi che ha compensato il manifatturiero. L’indice Pmi composito è arrivato a 53,3 da 51,9 di agosto. Gli economisti si aspettavano un incremento molto più contenuto a 51,4. L’indice del settore servizi è salito a settembre a 54,1 (52 la stima degli economisti) da 52,3 di agosto. Il manifatturiero, invece, è rimasto in contrazione: 49,5 (48,8 la stima) da 48,3 del mese scorso.

Dopo questi dati, a Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha aumentato le perdite e ora cede lo 0,91% a 16.486 punti. In rosso anche Francoforte (-0,21%), Parigi (-0,58%) e Londra (-0,22%). Invece, il tasso sul Btp a 10 anni si porta all’1,207% dall’1,19% dell’ultima chiusura. Ieri il rendimento è sceso fino all’1,17%, ai minimi dall’8 settembre, dopo il meeting di politica monetaria della Fed. Poco mosso lo spread tra Btp e Bund decennali, per via dell’andamento negativo stamane anche della carta tedesca, a 128,9 punti base dai 128 della chiusura di ieri.

Hans Redeker, strategist di Morgan Stanley, ritiene che la Fed sia stata abbastanza colomba e che abbia messo l’enfasi sui dati futuri, “che ci aspettiamo deludenti. E la nuova struttura delle politiche della BoJ probabilmente non cambierà la traiettoria di breve dello yen”. Redeker si aspetta che la valuta nipponica scenda sotto quota 100 contro il dollaro. Al momento il cambio dollaro/yen sale a 100,924, mentre il cambio euro/dollaro scende a 1,1195.

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