Le banche centrali non producono crescita, non si rinnovano e l’economia mondiale finora non ha subito nessun beneficio dalle politiche monetarie, che “sembrano sempre più inefficaci”. Parola di Brian Smith, senior vice president Us Fixed Income di Tcw, che per il “Sole 24 Ore” realizza un’analisi a tutto tondo dell’economia mondiale.
“Sono oltre 13mila i miliardi di dollari di debito globale che scambiano con tassi negativi. Eppure, crescita e inflazione globali restano praticamente inesistenti. Forse il Quantitative easing funziona solo se è un unico Paese ad attuarlo”, sostiene l’esperto. Che cita l’esempio della Fed americana che ha “ridotto la disoccupazione durante i molteplici round di Qe”, ma “dal 2014, crescita economica reale e inflazione non si sono spinte molto sopra il 2%”. Mentre “a livello globale, le esperienze con Qe e tassi negativi sono ancora meno ottimistiche. La Bce, la Bank of Japan e la Bank of England sono molto espansive, ma crescita e inflazione significative non sono attese né in Europa, né in Giappone, né in Gran Bretagna”.
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E allora, si chiede Smith, “come possiamo scampare a misure di politica monetaria sbagliate su scala globale?”. La soluzione è in tre mosse. “L’epilogo ideale: se crescita economica e inflazione dovessero tornare sui livelli pre-crisi, allora gli istituti centrali dovrebbero dichiarare vittoria, aumentare i tassi e ridurre i loro bilanci. Per far sì che ciò accada, gli stimoli fiscali potrebbero gravarsi la maggior parte del peso” anche se “il successo di questi stimoli dipende dall’effetto moltiplicatore e dalla reazione dei privati. In ogni caso, le speranze di una maggiore crescita economica sono tenui, visto che i dati hanno disatteso le aspettative dal 2009, al punto che si può dire che il QE e i tassi negativi stanno sottraendo la crescita futura per contribuire a quella attuale”.
C’è poi “l’epilogo improbabile: un ripensamento globale. Gli istituti centrali sono limitati dai mandati che ricevono, cioè la stabilità dei prezzi e la crescita economica, i quali però – scrive Smith -, non prevedono clausole per cancellare i loro obiettivi, nonostante la consapevolezza che dovrebbero essere le politiche fiscali a intervenire maggiormente e che bisognerebbe fare meno affidamento su quelle monetarie. L’unico modo per abbandonare le posizioni attuali sarebbe quello di abolire i mandati. Abolizione, questa, che dovrebbe arrivare coscientemente dai politici, non vincolati tanto quanto gli Istituti nelle loro azioni. I governatori Kuroda, Draghi, Carney e Yellen – prosegue – dovrebbero agire tutti nello stesso momento. Questo è un classico esempio del ‘dilemma del prigioniero’. Non c’è nulla che impedisca un maggior coordinamento a livello globale, ma è estremamente improbabile che tutti gli Istituti concordino nel rifiutare l’attuale status-quo. In questo senso, siamo intrappolati in un equilibrio sub-ottimale”.
Infine il terzo epilogo, quello “indesiderabile: sempre la stessa terapia. Le banche centrali stanno aspettando segnali di crescita solida e di inflazione per abbandonare le loro politiche monetarie, ma sono queste stesse misure che stanno in qualche modo impedendo invece che facilitando il concretizzarsi di queste condizioni. Si trovano in stallo. Il risultato è un circolo vizioso di aspettative su tassi negativi prolungati”.
L’esperto conclude così con una considerazione abbastanza condivisibile: “Quando le imprese falliscono nel rinnovarsi diventano delle aziende zombie. Quando le banche centrali falliscono nel rinnovarsi pospongono gli obiettivi dichiarati e continuano a fare ciò che già stavano facendo. La maggior parte delle economie sviluppate sta sperimentando tassi negativi e i bilanci delle loro Banche Centrali stanno scoppiando, ma la crescita economica è ancora inadeguata”. Ecco perché, secondo Brian Smith “i policy maker dovrebbero mettere sempre più in discussione le loro azioni e ripensare ai loro mandati, tenendo in considerazione un quadro economico più ampio”. Ma per ora “l’epilogo più probabile nel breve termine è ‘more of the same’ – conclude Smith -, cioè che le banche centrali proseguano con ciò che stanno già facendo”.
m.mazzoni
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