Sono circolate voci sul mercato finanziario sul fatto che i recenti commenti “da colomba” della presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, sono in qualche modo collegati a un incontro segreto per “abbattere” il valore del dollaro, incontro che sarebbe avvenuto durante l’ultima riunione del G-20 a Shanghai. Presumibilmente, la casta globale, tra cui i rappresentanti dei governi di Stati Uniti, Ue, Giappone, Cina, e il Fondo monetario internazionale, secondo i cospirazionisti, avrebbero raggiunto un accordo segreto nel corso di un meeting del G20 non comunicato ai media (nella foto sopra, la presidente della
Una parte sostanziale di questo cosiddetto “Accordo di Shanghai” avrebbe avuto lo scopo di indebolire il dollaro rispetto alle altre valute. Il che in effetti è avvenuto, visto che il cambio Eur/Usd è salito sopra 1.14, ai massimi di 4 mesi. Il pensiero alla base di questa teoria è che i poteri forti globali sono preoccupati per un dollaro troppo forte, che ha messo pressione sui prezzi del petrolio (ai minimi assoluti di 15 anni e in continuo calo, verso quota $36 al barile) e soprattutto sulla Cina; e così banksters e i loro emissari politici hanno deciso di abbattere il valore del greenback. La recente effettiva debolezza del dollaro ha buttato ovviamente benzina sul fuoco della teoria cospirazionista.
L’indice del dollaro USA è sceso dopo il discorso decisamente “dovish” (da colomba) di Yellen al Club economico di New York, lo scorso martedì. Inoltre, l’indice del dollaro è in calo -3,7% dopo la riunione del G-20, mentre azioni e le altre attività di rischio hanno registrato forti rialzi.
La persona da cui dipendono le sorti di un dollaro forte o debole dopo l’Accordo di Shanghai è Mario Draghi, presidente della Bce. Tuttavia le cose vanno in modo sfavorevole per lui. L’idea di un euro in rialzo proprio mentre la Banca centrale europea è impegnata a comprare 80 miliardi di titoli e bond dal mercato, per dare stimolo alla fiacca economia Ue, sembra contraddire in pieno la strategia della lobby che punta non sulla politica ma sull’euro, e su un euro deprezzato, per tenere in piedi l’Europa. Il Vecchio Continente traballa sotto la tripla minaccia della crisi migratoria, della crisi economica e della possibile uscita della Gran Bretagna (Brexit) che innescherebbe un altro attacco ai paesi deboli con alto debito come l’Italia, in stile 2011 e 2012.
di Cesare Mais