di Alessandra Colarizi
(WSC) – In piena crisi diplomatica da Covid, le due superpotenze hanno tenuto colloqui telefonici a livello ministeriale per la prima volta dalla firma dell’accordo di fase uno. Era il 15 gennaio e allora, lungi dall’immaginare le conseguenze economiche e sociali del virus, Pechino si è impegnato in due anni a incrementare le importazioni di beni americani di 200 miliardi di dollari rispetto ai valori del 2017. A quasi quattro mesi di distanza, i disagi causati dal lockdown e dal calo dei consumi interni hanno già compromesso la fattibilità dell’accordo: dall’inizio dell’anno gli acquisti cinesi si sono ridotti del 5,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Trump minaccia nuove tariffe in caso non vengano rispettati gli impegni presi. Washington si aspetta che entrambi i paesi “mantengano pienamente gli impegni presi secondo i tempi previsti”, recita il comunicato rilasciato dall’ufficio rappresentante per il commercio americano. Più vago il resoconto comparso sulla stampa statale cinese, che parla di “creare condizioni favorevoli per l’implementazione dell’accordo” e “favorire la cooperazione in ambito sanitario”. Ma nuove nubi si stagliano all’orizzonte. Nel giro di pochi giorni l’amministrazione Trump potrebbe inasprire la propria posizione sui dossier caldi di Hong Kong e Xinjiang, mentre in Senato si discute la possibilità di rinominare la strada in cui sorge l’ambasciata cinese in onore di Li Wenliang, il medico-whistleblower diventato il simbolo dell’opacità con cui la leadership comunista ha gestito l’epidemia nelle fasi iniziali.
Ma Pechino non si è limitato a riallacciare il dialogo con Washington. In queste stesse ore, Xi Jinping ha ricevuto un “messaggio verbale” di Kim Jong-un. Il leader nordcoreano, ricomparso giorni fa dopo le indiscrezioni sul suo stato di salute, si è complimentato per il modo in cui la Cina ha “vinto la guerra contro l’epidemia senza precedenti”. E’ la seconda volta dall’inizio della crisi che Kim conferma personalmente il proprio supporto al vecchio alleato. Secondo gli esperti, l’ultimo messaggio rispecchia la volontà di rilanciare i rapporti politici ed economici dopo lo stallo causato dalla pandemia. [fonte: SCMP, Guardian, Reuters, SCMP]
La gigafactory di Tesla interrompe la produzione
Tesla ha sospeso la produzione presso la gigafacory di Shanghai. E’ quanto sostengo fonti di Bloomberg (smentite dall’azienda), secondo le quali al personale è stato chiesto di prolungare le vacanze per il Labour Day fino al 9 maggio. L’inaspettata interruzione pare vada attribuita alla mancanza di componenti fondamentali, probabilmente causata dall’impatto di Covid sulla catena di distribuzione. Quello di Shanghai è l’unico impianto automobilistico dell’azienda al di fuori degli Stati Uniti e, considerando che anche lo stabilimento di Fremont è inattivo, questo vuol dire che – se la notizia fosse confermata – l’intera produzione di Tesla è momentaneamente ferma. Grazie al sostegno del governo, la gigafactory di Shanghai era stata tra le prime fabbriche cinesi a riaprire i battenti dopo la rimozione del lockdown. Assicurare il regolare funzionamento del settore secondario è di fondamentale importanza per scongiurare una delocalizzazione delle attività produttive straniere nei paesi asiatici vicini meno colpiti dall’epidemia. [fonte: SCMP]
WeChat spia anche i contatti stranieri
WeChat, l’app multiuso indispensabile per sopravvivere in Cina nell’era dei pagamenti online, non solo avrebbe libero accesso ai dati degli utenti cinesi. Secondo Citizen Lab, centro di ricerca della Toronto University, l’azienda che gestisce la piattaforma, Tencent, spierebbe persino gli account collegati a numeri di telefono stranieri con uno scopo ben preciso: rastrellare i contenuti politicamente sensibili per addestrare gli algoritmi a riconoscere i contenuti da censurare. Lo studio avanza la possibilità che l’azienda di Pony Ma stia supportando il governo cinese nello sviluppo di nuove tecniche di sorveglianza digitale, sfruttando i vuoti normativi in materia di privacy. Nel 2013, l’ultimo anno per cui sono disponibili le statistiche, WeChat vantava 70 milioni di utenti in giro per il mondo. [fonte: FT]
Scrittori cinesi scioperano per violazioni del copyright
La piattaforma China Literature, che appartiene al gigante cinese Tencent, è stata recentemente accusata di aver violato i diritti degli autori con un contratto che impone la cessione incondizionata di tutti i diritti d’autore. Nella giornata di mercoledì un incontro con i vertici dell’azienda si è concluso con la promessa di una maggiore partecipazione degli scrittori nelle decisioni commerciali della compagia [Caixin]
L’India corteggia gli investimenti stranieri
Non solo Vietnam e Giappone. Anche l’India punta a capitalizzare i contraccolpi di covid sulla catena di distribuzione globale. Sono sempre di più i paesi asiatici a lanciare l’esca nella speranza di attrarre gli investimenti in fuga dalla Cina. Mentre Tokyo persegue il rimpatrio con una manovra da 2 miliardi di euro, Nuova Delhi sta lavorando per sbloccare le tante attese riforme fiscali e semplificare le procedure per l’acquisizione dei terreni ad uso industriale. Secondo Bloomberg, il governo Modi avrebbe già individuato un’area grande due volte il Lussemburgo da destinare agli investimenti stranieri. La strategia dei governi asiatici pare riscontrare l’approvazione di Washington impegnato a diversificare la fonte delle proprie forniture, al momento concentrate in Cina. Il piano, che riunisce esclusivamente “partner affidabili”, ha già un nome: “Economic Prosperity Network”. [fonte: Bloomberg, Bloomberg]
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