Putin è pronto a raccogliere i frutti dell’intervento militare russo in Siria. Dopo aver ribaltato le sorti del conflitto a favore del regime di Damasco, lunedì il leader del Cremlino ha incontrato in gran segreto Bashar al Assad: il presidente siriano che probabilmente non sarebbe più tale senza i raid aerei russi lanciati nel settembre di due anni fa. I due alleati si sono abbracciati lunedì a Sochi alla vigilia di un evento che potrebbe essere una solenne conferma del ruolo fondamentale svolto da Mosca nelle trattative per plasmare il futuro ancora incerto del paese levantino.
La città russa sul Mar Nero ospiterà infatti oggi un vertice sulla Siria dei capi di Stato di Turchia, Russia e Iran: una sorta di Yalta del Medio Oriente in cui, dall’alto della sua posizione di forza, Putin sarà più di un semplice padrone di casa alla ricerca di soluzioni alla crisi che siano condivise anche da Erdogan e Rouhani. La centralità della Russia nella questione siriana è di fatto riconosciuta da tutti. E nelle tre ore a tu per tu con Assad, Putin ha sottolineato che «la lotta al terrorismo in Siria è prossima alla fine»: segno che per il Cremlino si avvicina non solo la sconfitta militare dell’Isis, ma anche il momento di tirare le somme. E questo al di là delle indiscrezioni dei media secondo cui il presidente russo vorrebbe completare l’operazione in Siria in dicembre lasciando sul terreno soltanto uomini e mezzi necessari per il funzionamento delle basi militari.
Russia, Turchia e Iran sono i tre paesi che in questi mesi hanno promosso i negoziati di Astana e la creazione di quattro zone di de-escalation in Siria, un modo per porre le basi per le future sfere di influenza. Mosca e Teheran appoggiano le truppe governative, mentre Ankara alcuni gruppi di ribelli. Il pomo della discordia al momento è però la questione curda: Putin ha invitato i curdi al Congresso di Dialogo nazionale da lui sponsorizzato. Ma i turchi non hanno gradito e hanno fatto saltare una riunione inizialmente in programma il 18 novembre.
Un compromesso però lo si può sempre trovare: l’approccio del Cremlino è pragmatico e Putin continua a tenere attivo il filo delle comunicazioni anche con Donald Trump e il re saudita Salman, con i quali ieri ha discusso al telefono in vista del vertice di oggi.
Lo stesso riservatissimo incontro con Assad – annunciato solo ieri mattina, quando il dittatore siriano aveva fatto già ritorno in patria – è un simbolo del successo di Putin. Il faccia a faccia – spiegano dal Cremlino – è servito ad assicurare che «qualunque decisione venga presa» al vertice di oggi «sia realizzabile». Ma il momento più significativo è stato forse l’incontro tra Assad e i generali russi. «Vorrei presentarle delle persone che hanno svolto un ruolo chiave nel salvare la Siria», ha detto Putin al presidente siriano accusato di crimini contro l’umanità. Un modo per ricordare ad Assad che se è ancora in sella lo deve principalmente a Mosca.
Fonte: La Stampa
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Analisi. Siria, la spartizione che tutti temevano sta avvenendo
Il vertice di oggi a Sochi servirà al Cremlino, “primus inter pares” fra Teheran e Ankara, a proclamare la sconfitta militare del Califfato islamico. Un passo concordato lunedì sera con Bashar el-Assad, che non incontrava Putin dal 21 ottobre del 2015, vale a dire poche settimane dopo il via libera di Mosca ai raid aerei sulla Siria (30 settembre 2015). Se la visita di due anni fa sul Mar Nero – la prima del raís all’estero dal 2011, anno di inizio della guerra civile – segnò la svolta militare contro il Daesh e contro l’opposizione interna al regime, il blitz diplomatico di lunedì sera potrebbe essere l’inizio della “restaurazione” post-Califfato.
Mentre la vittoria militare – in attesa della caduta dell’ultima ridotta di Abu Kamal lungo il confine tra Siria e Iraq – è evidente, a Sochi entra in scena una inedita “Alleanza” fra Russia, Turchia e Iran. Un «asse di ferro» preparato da gennaio nella serie di vertici ad Astana dove si è progettato il dopo Daesh che potrebbe, in prospettiva, ridisegnare gli equilibri di buona parte del Medio Oriente. Un futuro di cui Europa e Stati Uniti non sono minimamente parte: la telefonata di Trump a Putin di ieri è il “via libera” non solo al piano da superpotenza di Mosca nella regione, ma anche al disinteresse di Washington e all’irrilevanza dell’Europa.
Con forza, invece, è la «Mezzaluna sciita» a entrare in gioco, capace di portare le sue milizie a Mosul in Iraq, come a Raqqa in Siria, e di saldarsi – sciiti siriani e iracheni – proprio al confine siro-iracheno che corre alla periferia di Abu Kamal. Teheran come potenza regionale, per garantire sul terreno una “pax siriana” benedetta dal Cremlino. E accettata da Erdogan capace, con una giravolta, di scordare la crisi del novembre del 2015 dopo l’abbattimento del jet russo che aveva sconfinato dalla Siria. Due anni lunghissimi, con la questione curda in grado di promuovere rivoluzioni copernicane di alleanze. Le Forze democratiche siriane, in gran parte curdi che sognano un “Rojava” autonomo, rischiano la stessa sorte dei peshmerga iracheni: nessuna potenza le appoggerà. Una spartizione che cancella ogni opposizione che non sia accetta al regime, compreso il mai sopito irredentismo sunnita e con l’Onu a fare da arbitro, con dossier su crimini di guerra mai andati in giudizio, di una partita già giocata. Sarà una Siria spartita in campi di interesse più forti di vecchi confini che tutti conoscono ma nessuno rispetta più.
Fonte: Avvenire
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Nel 2011 l’inizio delle proteste nel Paese guidato da Bashar al-Assad, poi scaturite in una sanguinosa guerra civile. Da allora si contano centinaia di migliaia di vittime e milioni di rifugiati. Tutti i numeri chiave dello scontro nel Paese mediorientale
Consuelo
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Se ne hai voglia e ti interessa leggi :
Le operazioni ad al-Buqamal ( Aurorasito )
ronin
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“I terroristi dello Stato Islamico hanno potuto evacuare da Raqqa e Deir ez-Zor sotto la protezione della coalizione detta anti-Daesh guidata dagli Stati Uniti”. Finché a dirlo è stata Damasco o sono i russi, i nostri media han fatto finta di niente, sprezzando la cosa come propaganda di Mosca. Ma che fare quando ad affermarlo è la BBC?
In un eccezionale servizio pubblicato lunedì, intitolato “Raqqa dirty secret” la storica emittente britannica esordisce: “centinaia di combattenti dell’IS e loro familiari sono susciti da Raqqa sotto l’occhio della coalizione a guida Usa e britannica”.
https://www.maurizioblondet.it/usa-aiutato-migliaia-terroristi-ad-evacuare-indenni-raqqa-stavoltalo-dice-la-bbc/https://www.maurizioblondet.it/usa-aiutato-migliaia-terroristi-ad-evacuare-indenni-raqqa-stavoltalo-dice-la-bbc/
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