L’Occidente mostra il suo volto peggiore, guidato dal nuovo “Asse del male” composto da Trump, May e Macron, mentre l’Europa ovviamente non esiste (solo Angela Merkel si tira indietro, come aveva fatto ai tempi dell’attacco occidentale contro la Libia). La scarica di missili ad uso e consumo della televisione, lanciata ieri sera contro 3 obiettivi in Siria (su 100 missili ben 71 sono stati intercettati e distrutti dai siriani) aveva come missione dare una lezione simbolica a Assad, il dittatore di un paese devastato da 7 anni da una spaventosa guerra civile, in risposta ad un attacco chimico di cui ancora non ci sono prove, e che il ministro degli esteri della Russia Sergei Lavrov sostiene essere stato “fabbricato” dai servizi segreti della Gran Bretagna. La storia si ripete, quindi, e diviene quasi farsa, pensando che Stati Uniti, UK e Francia utilizzano i peggiori cliche’ gia’ sperimentati con Saddam Hussein in Iraq. Mentre il vero obiettivo dell’incoerente e inaffidabile presidente americano e’ distogliere l’attenzione del pubblico domestico dai suoi inesauribili guai politici, morali, e di pessiam gestione dell’amministrazione.
Siria, un’altra guerra americana «fino a prova contraria»
«Dire che siamo preoccupati non rende bene l’idea. In verità siamo sconcertati da quello che sta succedendo riguardo alla Siria».
L’alto ufficiale che ci rivela gli attuali umori ai vertici delle Forze Armate parla ovviamente in modo anonimo. Ma le parole che pronuncia suonano sferzanti non tanto verso gli americani, ma piuttosto nei confronti del presidente francese Macron.
«L’atteggiamento aggressivo di Parigi ci ha molto sorpresi. Si vede che la Francia non ha imparato nulla dalla lezione che dovrebbe aver appreso dopo l’intervento in Libia. In Libia fu un colpo di mano terribile, la Francia ci fece trovare davanti al fatto compiuto. Le conseguenze le paghiamo oggi. E tuttavia la Libia era isolata, non aveva alleati e tutto finì lì. In Siria le cose sono molto più complicate».
Cerchiamo di capire qual è la reale situazione sul territorio siriano.
«Intanto, mancano informazioni di intelligence precise e sicure. Non sappiamo neppure dove andiamo a colpire. Ma prima di proseguire vorrei sottolineare una cosa: l’attacco dovrebbe essere una rappresaglia per l’uso di armi chimiche da parte della Siria. Ma francamente non si sono mai viste armi chimiche che colpiscono solo donne e bambini e che poi vengono lavate via con l’acqua. A ogni modo, la Siria è una polveriera. Toccare lì, potrebbe scatenare una reazione a catena. Mettiamo che venga distrutto un obiettivo dell’Iran. Contro chi si vendicherebbe l’Iran? Contro Israele, che a sua volta reagirebbe. C’è tanta gente che aspetta da anni di regolare i conti con i vicini. E noi vogliamo dargli l’opportunità di farlo?».
Forse proprio per questo al Pentagono, dopo le minacce iniziali, si mostrano più cauti?
«Per la verità noi abbiamo sperato che quello americano fosse solo un bluff, una minaccia e basta, visto che con la Corea del Nord ha funzionato. Il ragionamento che noi militari italiani ci aspetteremmo da Washington è questo: per quanti anni è possibile walking on shells, camminare in punta di piedi per non rompere i fragili equilibri? Se non è così, allora bisogna chiarire come si interviene, con quali regole di ingaggio. Mettiamo che l’Italia partecipi alle operazioni, ma in funzione di quale minaccia, e dov’è la copertura legale di un intervento armato, dov’è una risoluzione che giustifichi un attacco? E chi mi dice qual è il mio obiettivo?».
E poi bisogna tener conto della presenza della Russia.
«La Russia ha schierato a Tartous un sistema d’arma nuovo che spaventa. E lo ha venduto anche alla Turchia. Vuol dire che Ankara, pur facendo parte della Nato, ospiterà nelle proprie basi militari advisor, tecnici russi. Al tempo stesso compra 100 nuovi caccia americani F35. È una forma di compromissione preoccupante. Stiamo permettendo alla Turchia di agire senza regole, bisognerebbe dire: guarda che non fai più parte del circle of trust, cioè non hai più la nostra fiducia. Nel caos siriano, la Turchia ci sguazza. Non vede l’ora che la tensione salga in modo che possa continuare a fare i suoi comodi senza che nessuno fiati. In pratica la Turchia è un Paese invasore nella Siria del Nord e adesso anche nel Nord dell’Iraq, e nessuno dice nulla».
Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa, è appena rientrato da Washington e ritiene che alla fine gli Stati Uniti si accontenteranno di un’azione dimostrativa.
«Non credo che riescano a fare molto di più dell’anno scorso perché nell’area hanno gli stessi mezzi. Con la differenza che ora devono vedersela con la contraerea russa. Penso che si adatteranno a un’azione limitata. Il problema è: a che serve?».