Rispetto all’andamento al ribasso dell’economia europea, condizionata da politiche economiche e monetarie sbagliate e gli effetti della Brexit, invece l’economia americana cresce meglio del previsto: gli Stati Uniti hanno creato nel mese di luglio 255 mila nuovi posti di lavoro, ben oltre le attese. Il tasso di disoccupazione e’ rimasto fermo al 4,9%.
Le previsioni per il mese di luglio erano di 180-190 mila nuovi posti di lavoro, in netto calo rispetto ai 287 mila del mese di giugno. I dati sono stati accolti quindi a Wall Street con grande sorpresa, visti come la spia di un’economia che pur non correndo mostra una crescita stabile. Buone notizie anche sul fronte dei salari, cresciuti a luglio di 8 centesimi l’ora o del 2,6% su base annua.
Aumentano di conseguenza le probabilita’ di una stretta monetaria a dicembre in Usa dopo la diffusione dell’ottimo rapporto sull’occupazione americana a luglio. Lo si vede non solo dal rafforzamento del dollaro ma anche dall’andamento dei future sui Fed Funds.
I contratti usati dagli investitori per scommettere sulle mosse della banca centrale Usa mostrano che le probabilita’ di un rialzo dei tassi a dicembre sono passate al 43% dal 37% precedente alla diffusione del dato e dal 39% di ieri. Per settembre le chance sono al 18% dal 12% di ieri.
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Schroders: Stati Uniti, un’altra sorpresa (positiva) dai payroll
A cura di Keith Wade, Chief Economist & Strategist, Schroders
Proprio quando stavano tornando a esserci dubbi sulla forza dell’economia americana, ecco arrivare un nuovo dato positivo sull’occupazione. I payroll non agricoli a luglio sono cresciuti di 255.000 unità, superando le attese di un rialzo di 180.000. Le revisioni nette sono state positive: l’aumento del mese precedente è stato rivisto al rialzo di 5.000 unità, attestandosi a 297.000 unità.
Buone notizie anche dalla paga media oraria (+0,3% m/m, +2,6% a/a) e dalle ore medie lavorate, attestatesi a 34,5. Entrambi i dati hanno superato le attese. L’unica delusione è arrivata dal tasso di disoccupazione, che è rimasto al 4,9% rispetto alle attese di un calo al 4,8%, sebbene ciò rifletta un aumento del tasso di partecipazione.
I dati pubblicati oggi (5 agosto) suggeriscono che l’attività economica degli Stati Uniti sia in ripresa, con le imprese che assumono e i salari che crescono. Il PIL debole registrato nel secondo trimestre sembra aver sofferto eccessivamente dei tagli alle scorte, che non ci saranno nel trimestre attuale. Il ritmo della crescita dei posti di lavoro, combinato con le ore lavorate, indica un’economia in accelerazione nel trimestre in corso.
I dati sorprendono, in un quadro in cui gli utili societari sono in calo anche fuori dal settore energetico, ma suggeriscono che le imprese stiano registrando segnali positivi dalla domanda sottostante. Ciò sarebbe però confermato solo se la spesa per investimenti iniziasse a ravvivarsi dopo un secondo trimestre modesto.
Infine, per quanto riguarda la Federal Reserve, i dati sul mercato del lavoro lasciano la porta aperta a un rialzo dei tassi di interesse a dicembre. Prima di allora, i rischi politici faranno sì che l’Istituto centrale americano resterà a bordo campo.
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Usa, NFP positivi: tassi su entro fine anno?
Matteo Paganini, Chief Analyst, FXCM Italia
Le pubblicazioni sul mercato del lavoro hanno fatto segnare 255.000 nuovi posti di lavoro durante il mese di luglio, con un tasso di disoccupazione al 4.9%, livello prossimo alla piena occupazione. Un dato sostanzialmente buono che ha prodotto salite di borse e di dollaro americano. La domanda che dunque sorge spontanea riguarda i tassi di interesse americani e la possibilità che vengano rialzati o meno durante il mese di settembre.
A nostro parere, se avverrà un rialzo di tassi, esso potrebbe verificarsi sul finire dell’anno. I dati relativi ad altre sfere economiche non sono così lusinghieri e l’ultima rilevazione relativa al Pil (1.2% su base annua) ha smorzato molte aspettative. A parte queste riflessioni, che lasciano il tempo che trovano fino a quando non si saranno create delle aspettative circa il ritmo relativo ai rialzi (e non tanto il prossimo rialzo), occorre prendere atto che le idee comunicate nella nostra Live Trading Room circa il dollarocentrismo del mercato si sono rivelate valide in quanto il mercato e i flussi di capitale si sono comportati da manuale.
Dollari acquistati contro tutte le major così come contro l’oro, e borse alla ricerca dei massimi, con effetti duplici su USD/JPY di acquisto di dollari e vendite di yen. Un quadro perfetto che conferma la capacità del dollaro di muoversi all’unisono di fronte a comunicazioni importanti di politica monetaria o sui dati macro più importanti, correlazioni tra borse e yen valide (quando i movimenti dovuti a fasi di risk on o risk off sono chiari ed importanti, come oggi) e oro pronto a fare da bene rifugio qualora le cose dovessero andare male.
Consuelo
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Il problema dei dati inventati risale al 2010, quando un impiegato del Census Bureau , tale Julius Buckmon, – incaricato dal dipartimento del Lavoro a condurre i sondaggi – fu scoperto mentre ‘fabbricava’ le risposte. Ma non fu l’unico ad averlo fatto, anzi divenne poi un’abitudine per molti impiegati, soprattutto nella campagna elettorale e che, a quanto pare, prosegue anche oggi.
http://icebergfinanza.finanza.com/2016/08/08/presidential-election-jobs-2016/
il problema dei dati inventati risale al 2010, quando un impiegato del Census Bureau – incaricato dal dipartimento del Lavoro a condurre i sondaggi – fu scoperto mentre ‘fabbricava’ le risposte. “Ma non è l’unico” ad averlo fatto, ha assicurato la fonte del quotidiano, secondo cui diventò un’abitudine per molti impiegati, soprattutto nella campagna elettorale dello scorso anno, e che prosegue anche oggi.il problema dei dati inventati risale al 2010, quando un impiegato del Census Bureau – incaricato dal dipartimento del Lavoro a condurre i sondaggi – fu scoperto mentre ‘fabbricava’ le risposte. “Ma non è l’unico” ad averlo fatto, ha assicurato la fonte del quotidiano, secondo cui diventò un’abitudine per molti impiegati, soprattutto nella campagna elettorale dello scorso anno, e che prosegue anche oggi.il problema dei dati inventati risale al 2010, quando un impiegato del Census Bureau – incaricato dal dipartimento del Lavoro a condurre i sondaggi – fu scoperto mentre ‘fabbricava’ le risposte. “Ma non è l’unico” ad averlo fatto, ha assicurato la fonte del quotidiano, secondo cui diventò un’abitudine per molti impiegati, soprattutto nella campagna elettorale dello scorso anno, e che prosegue anche oggi.il problema dei dati inventati risale al 2010, quando un impiegato del Census Bureau – incaricato dal dipartimento del Lavoro a condurre i sondaggi – fu scoperto mentre ‘fabbricava’ le risposte. “Ma non è l’unico” ad averlo fatto, ha assicurato la fonte del quotidiano, secondo cui diventò un’abitudine per molti impiegati, soprattutto nella campagna elettorale dello scorso anno, e che prosegue anche oggi.
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