L’economia Usa continua a dare numeri macro contrastanti, il che rende meno probabile un nuovo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve. Domani nuovi dati su inflazione e Pil.
Gli ordinativi di beni durevoli americani sono colati a picco a febbraio.
Il mese scorso gli ordini si sono attestati infatti a 229,4 miliardi di dollari, evidenziando un calo del 2,8% rispetto al mese precedente, dopo il +4,2% rivisto di gennaio. Le attese del mercato erano per una riduzione del 2,9%.
Il dato è stato comunicato dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (Bureau of the Census).
Se si esclude il settore dei trasporti il dato (core) ha segnato un calo dell’1% a 155 miliardi rispetto al -0,2% del consensus ed al +1,2% rivisto di gennaio. Escludendo il settore della difesa gli ordini registrano un decremento dell’1,9% (+3,7% il dato precedente rivisto). (Teleborsa)
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Torna a crescere il settore terziario statunitense seppur in misura leggermente inferiore alle aspettative.
La stima flash dell’indice PMI dei servizi, elaborato da Markit, indica un valore di 51 punti, in marcato miglioramento rispetto ai 49,7 di febbraio. Le stime degli analisti erano per una salita fino a 51,3 punti.
Il dato è comunque positivo perché evidenzia il ritorno oltre quota 50 punti, ovvero sopra la soglia che separa l’espansione dalla contrazione.
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Tassi, decisioni alla prossima riunione Fed
Vari governatori della Federal Reserve, non ultimo oggi James Bullard della Fed di St. Louis, hanno aperto alla possibilita’ di un incremento dei tassi di interesse americani prima del previsto. Le loro parole stanno spingendo gli investitori a rivedere le previsioni sul prossimo giro di vite. Secondo il FedWatch, strumento di analisi usato da Cme Group per valutare la probabilita’ di un rialzo del costo del denaro, i trader ritengono che ci sia il 14% di possibilita’ di aumento gia’ ad aprile. Sebbene la percentuale sia bassa, e’ comunque doppia rispetto al 7% dei giorni scorsi. La prossima riunione del Fomc e’ in calendario per il 26 e 27 aprile: ci sara’ solo il documento finale, non saranno aggiornate le stime economiche e non e’ prevista conferenza stampa del presidente della Fed Janet Yellen. “La probabilita’ era molto bassa, ora continua a essere tale”, ha commentato Michael Feroli, economista di JPMorgan.
Mercato del Lavoro USA, in calo i sussidi di disoccupazione
In lieve calo le nuove domande di sussidio alla disoccupazione negli Stati Uniti, a conferma del buono stato di salute del mercato del lavoro a stelle e strisce.
Nella settimana al 19 marzo i “claims” hanno mostrato un decremento di 6.000 unità a 265 mila, rispetto alle 259 mila riviste della settimana precedente. Le attese degli analisti erano per un livello di 268 mila unità.
La media delle ultime quattro settimane – in base ai dati del Dipartimento del Lavoro americano – si è assestata a 259.750 unità, in incremento di 250 unità rispetto alla settimana precedente.La media a quattro settimane viene ritenuta un indicatore più accurato dello stato di salute del mercato del lavoro, in quanto appiana le forti oscillazioni osservate settimanalmente.
Infine, nella settimana al 12 marzo le richieste continuative dei sussidi sono scese di 39.000 unità a 2,179 milioni, contro attese di 2,23o mln La media delle ultime quattro settimane si è attestata a 2.206.000 unità, in calo di 13.500 unità rispetto alla settimana precedente. (Teleborsa)
ATTESI PER DOMANI I DATI DI PIL E INFLAZIONE USA
Analisi a cura dell’Ufficio Studi di Saxo Bank
Dall’inizio della settimana lo S&P 500 sembra aver esaurito la sua forza dopo aver recuperato il crollo di inizio anno. L’indice trova una resistenza in area 2045, confermata dai segnali di vendita dati dal MACD e dallo stocastico. Il tutto mentre il VIX (l’indice della volatilità o “della paura”) rimbalza su 13,75 – minimi di cinque mesi – e i dati macroeconomici attesi domani riportano l’attenzione negli Stati Uniti.
A dire il vero, non si avrebbe la stessa percezione se ci trovassimo ancora di fronte allo scenario ben più negativo prezzato dal mercato fino alla vigilia della riunione, con una probabilità che non superava il 60% nemmeno per giugno, condita da qualche azzardata ipotesi di tassi negativi. Oggi il mercato attende il primo dei due rialzi ipotizzati dalla Yellen per la riunione del FOMC di giugno; da notare che la riunione si terrà proprio una settimana prima del voto Brexit.
Domani i mercati attendono il PIL del quarto trimestre in crescita dell’1%, in seguito alle precedenti letture preliminari dell’1% a febbraio e dello 0,7% a gennaio. Nel frattempo, il Federal Reserve Board ha tagliato le proiezioni rispetto a quelle pubblicate a dicembre. Secondo la banca centrale il PIL dovrebbe crescere nel 2016 tra il 2,1% e il 2,3% (contro il 2,4% ipotizzato a dicembre), grazie al sostegno di spesa pubblica e consumi (la spesa per i consumi a gennaio ha raggiunto la sua massima crescita degli ultimi otto mesi con +0,4%). A fine 2017 l’espansione del PIL è ipotizzata in lieve riduzione al 2,1% (vs il 2,2% precedente), per attestarsi successivamente al 2% dalla fine del 2018 in poi.
Fonte: Federal Reserve Board
Per quanto riguarda le proiezioni per la crescita annuale del PIL USA, la linea rossa indica il livello mediano delle previsioni dei membri del Federal Reserve Board. Il range delle proiezioni è indicato invece dall’area azzurra, la cui parte più scura ne indica la versione depurata, anno per anno, dei sei valori più estremi (tre massimi e tre minimi).
In arrivo domani anche la conferma per l’andamento dell’inflazione PCE, la misura di inflazione favorita dalla Fed, in quanto calcolata in base ad un paniere di beni e di spese accessorie più esteso e rappresentativo, oltre che tipicamente più conservativa, dati i suoi valori più bassi rispetto all’inflazione CPI. Nel Q3 l’indicatore di fondo ha segnato l’1,4%, ed è atteso domani in calo all’1,3% per il Q4, sebbene la proiezione FOMC per la fine dell’anno sia stata mantenuta all’1,6%. La corrispondente misura dell’inflazione CPI si trova infatti al 2,3%, già da novembre al di sopra del target del 2%. La correzione più consistente all’inflazione riguarda tuttavia l’indicatore inclusivo dei prezzi energetici, stimato infatti all’1,2% annuo per la fine del 2016 (contro l’1,6% ipotizzato a dicembre). Il raggiungimento del target del 2% è previsto per la fine del 2018, quando per sua natura si esaurisce il peso dei prezzi dell’energia e le due misure di inflazione tendono a convergere.
Fonte: Federal Reserve Board
Migliora la disoccupazione: stabile al 4,7% per la fine 2016, è prevista calare rispettivamente al 4,6% nel 2017 e al 4,5% nel 2018, nonostante il 4,8% su lungo termine. Venerdì prossimo si potranno trovare conferme nei nonfarm payrolls di marzo, che dopo l’ottima lettura del mese precedente a +242k sono attesi più contenuti a +200k, senza tornare sugli inferiori livelli precedenti.
Fonte: Federal Reserve Board