L’esperto di terrorismo di Cnn, ex agente della Cia, Philip Mudd, ha dichiarato, in un’intervista rilasciata l’11 agosto alla Tv americana, che «il governo ucciderà questo ragazzo», riferendosi al presidente Donald Trump, perché non rispetta «il Deep State (Stato profondo» (per vedere il video, cliccare qui).
Infatti, gli agenti degli apparati della sicurezza americana, secondo Mudd, sarebbero infuriati con il presidente perché non li difende in maniera adeguata.
La dichiarazione scioccante è stata rilasciata da Mudd in un commento a caldo riguardo l’ironica risposta del presidente Usa alla minaccia di Putin di allontanare dalla Russia centinaia di funzionari americani.
Trump ha infatti “ringraziato” Putin, perché la decurtazione del personale Usa di stanza in Russia avrebbe permesso agli Stati Uniti di risparmiare «un sacco di soldi» grazie al taglio del personale.
Una dichiarazione che avrebbe appunto fatto andare su tutte le furie i funzionari del Deep State (il cosiddetto Stato profondo), che si sarebbero sentiti scaricati dal presidente.
Su sollecitazione del conduttore televisivo, che gli ha chiesto se avesse usato una metafora, Mudd si è corretto, spiegando appunto di aver parlato in senso metaforico.
La minaccia metaforica segue la denuncia meno autorevole e meno metaforica del pastore evangelico Rodney Howard-Browne, che a fine luglio ha affermato di aver parlato con un membro del Congresso, il quale gli avrebbe riferito di un complotto per «rimuovere improvvisamente» il Presidente.
Alla sua richiesta di delucidazioni, se cioè il suo interlocutore – del quale non ha fatto il nome – si riferisse a una procedura di impeachement o altro, il congressista gli avrebbe risposto che non si trattava di questo: «Sarà rimosso improvvisamente» (per vedere il relativo video cliccare qui).
Al di là delle parole suggestive del pastore e delle metafore dell’analista della Cia, è palese che nel cuore dell’Impero si sta consumando uno scontro all’ultimo sangue tra Donald Trump e i suoi oppositori.
Causa di tanta animosità è la politica estera del nuovo presidente, che certi circoli cultural finanziari giudicano poco assertiva, con particolare riguardo alla Russia e al Medio oriente.
Si tratta di circoli che hanno grande influenza nel mondo della finanza, dell’economia, della Difesa e dell’intelligence, oltre che sui media e sulla politica. I quali non riescono a rassegnarsi alla sconfitta elettorale di Hillary Clinton, che, al contrario di Trump, avrebbe assecondato le loro linee guida in politica estera.
Per i destini del mondo è più importante l’esito di questo scontro piuttosto che non gli sviluppi delle varie crisi che l’amministrazione Trump si trova ad affrontare. Come quella riguardante la Corea del Nord, oggi – purtroppo e giustamente – di stretta attualità.
La denuncia del pastore evangelico e le minacce metaforiche dell’analista Cia, al di là delle suggestioni che possono evocare, nel loro piccolo danno la misura di quanto sia acceso il conflitto in atto.
Si spera che i toni si attutiscano e che le metafore rimangano tali.
Fonte: Il Giornale
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