Il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha annunciato che in occasione del G20, previsto per il 7 e 8 luglio ad Amburgo in Germania, il presidente russo Putin e quello americano Trump si incontreranno.
“I presidenti si sono parlati di recente al telefono, e hanno già confermato che si incontreranno a margine del vertice dei Venti in Germania all’inizio di luglio. E oggi con Rex Tillerson abbiamo parlato di come possiamo andare avanti sui punti all’ordine del giorno, che ho menzionato: la Siria e altre questioni, in modo che per questo incontro, evremo preparato alcuni visibili risultati tangibili. Quindi, in ogni caso, si vedranno nel mese di luglio”, ha tagliato corto Lavrov (nella foto sopra a sinistra, con Trump e l’ambasciatore russo a Washington Sergey Kislyak).
Il tutto dopo che oggi dal Cremlino era stato specificato che alcun accordo concreto sull’incontro non c’era. (Askanews)
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Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha “consegnato un messaggio” a Donald Trump da parte del presidente Vladimir Putin.
Lo ha confermato oggi il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov senza però divulgare il contenuto del messaggio e l’argomento.
Lo riportano diversi media russi. (Ansa)
L’amministrazione Trump è composta da gente che viene dal business, ha un dialogo libero dalle ideologie, ma sicuramente è “interessata a giocare un ruolo” nella creazione di “zone di sicuerezza in Siria”.
Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov dopo l’incontro alla Casa Bianca con Donald Trump e il segretario di stato Rex Tillerson.
Per gli Usa – ha detto Lavrov – è “imbarazzante” dire che la Russia influisce sul suo sistema politico, ma comunque su questo “non c’è stato un baccanale” durante l’incontro, ha precisato Lavrov secondo Sputnik da Washington. (Askanews)
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Lotta al terrorismo, Ucraina, spunti per iniziative di cooperazione, tanta Siria, ma niente «Comey-gate». Questo il leitmotiv del doppio incontro di ieri a Washington tra Serghei Lavrov e Rex Tillerson, e tra il ministro degli Esteri russo e Donald Trump, secondo lo stesso schema seguito dal numero uno della diplomazia Usa a Mosca il mese scorso. Lavrov mancava da Washington dall’agosto del 2013, a causa del gelo diplomatico tra Putin e Obama. La sua visita è giunta all’indomani del licenziamento del direttore dell’Fbi James Comey, divenuto la figura più scomoda per l’inquilino della Casa Bianca nell’ambito del Russiagate.
Argomento quest’ultimo che non è stato toccato (almeno ufficialmente) nelle consultazioni di ieri, come ha precisato Lavrov, il quale ha definito la vicenda un «affare interno» agli Usa con cui Mosca non ha niente a che fare. Concetto ribadito a distanza da Putin, impegnato in una partita di hockey con oligarchi e alti ranghi del Cremlino.
Un altro argomento rimasto in sospeso sono le sanzioni alla Russia, spiega Lavrov nella conferenza stampa all’ambasciata di Mosca a Washington, mentre di Ucraina si è parlato. E al riguardo Trump ha manifestato il suo impegno per una soluzione del conflitto, sottolineando la responsabilità della Russia ad attuare gli accordi di Minsk. Un approccio che tutto sommato ha preservato dal rischio di nuovi strappi in materia per agevolare invece il clima conciliatorio, dopo le questioni che avevano fatto tramontare l’ipotesi della grande alleanza russo-americana paventata da Trump durante la sua galoppata elettorale. Vicende che riguardano in primis la Siria, primo test di collaborazione tra i due Paesi e dossier nel quale Trump è entrato con una spallata, bombardando la base aerea di Assad da cui erano decollati i caccia accusati di essere autori dell’attacco chimico a Khan Sheikhoun, nella provincia di Idlib.
L’incontro a livello ministeriale è stato incentrato sull’ipotesi di creare zone cuscinetto in Siria, come proposto precedentemente dallo stesso Tillerson e come emerso nel vertice di Astana tra Russia, Turchia e Iran. Questo mentre Ankara ha definito una minaccia alla propria sicurezza la decisione Usa di armare i curdi dell’Ypg nella lotta all’Isis, perché sarebbe come armare i «terroristi» del Pkk. Trump ha sottolineato la necessità di lavorare insieme per porre fine a tante «orribili, orribili uccisioni il più presto possibile». Ma ha sottolineato l’esigenza per la Russia di tenere sotto controllo il regime di Assad, l’Iran e chi agisce per suo conto. Questo anche nell’ottica di allargare «la cooperazione per risolvere i conflitti in Medio Oriente e sullo scacchiere globale».
Il presidente ha confermato «il desiderio di costruire una migliore relazione tra Usa e Russia», anche perché, come ha affermato Lavrov, il dialogo con Trump è scevro «dell’ideologia che ha ostacolato i legami con Obama». Insomma non tutto è perduto tra Washington e Mosca, anzi con i colloqui di ieri prende quota l’ipotesi che Trump abbia accantonato solo temporaneamente il progetto della grande alleanza con Putin per risolvere beghe interne (Russia-gate), secondo l’ortodossia del pragmatismo politico. Non a caso ieri, dopo Lavrov, a entrare alla casa Bianca è stato uno degli artefici della Realpolitik, Henry Kissinger.
Fonte: La Stampa