L’agenzia Moody’s rivede al ribasso le prospettive per l’Italia, tagliando l’outlook a ‘negativo’ da ‘stabile’. Lo afferma Moody’s in una nota, confermando il rating ‘Baa2’. A pesare sono i lenti progressi nelle riforme, le cui prospettive sono ulteriormente diminuite con la vittoria del no al referendum.
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L’agenzia Moody’s rivede al ribasso le prospettive per l’Italia, tagliando l’outlook da “stabile” a “negativo”. Lo afferma in una nota, confermando il rating “Baa2”, due gradini sopra il livello junk. L’outlook negativo implica che la prossima mossa dell’agenzia americana possa essere tagliare il rating sovrano se le condizioni che hanno spinto a rivedere l’outlook dovessero persistere.
A pesare sul giudizio sono i lenti progressi nelle riforme economiche e di finanza pubblica, le cui prospettive, secondo gli analisti di Moody’s sono ulteriormente diminuite con la vittoria del no al referendum. Ma c’è anche il rischio, conseguente, che la riduzione dell’enorme debito pubblico possa essere ulteriormente rinviata, complice la bassa crescita, e che questo esponga il Paese a nuovi imprevedibili shock esterni.
Capitolo banche. Anche qui Moody’s vede un fattore di notevole rischio, con il sistema del credito italiano che ha bisogno – si sottolinea – di una significativa ricapitalizzazione, senza la quale il sistema potrebbe entrare ancor più in
difficoltà.
Lo scorso 21 ottobre anche un’altra agenzia di rating, Fitch, aveva rivisto da stabile a negativo l’outlook sull’Italia, confermando il rating BBB+. Tra le ragioni del peggioramento delle prospettive l’agenzia aveva citato l’incremento del deficit di bilancio previsto dalla manovra 2017 – che riduce la credibilità del Paese nello sforzo di risanamento -, i crediti deteriorati che affliggono le banche e l’incertezza politica.
A condizionare la revisione al ribasso dell’outlook è stata anche la stima di un Pil che secondo l’agenzia nel 2016 crescerà solo dello 0,8% (rispetto all’1% previsto ad aprile) e dello 0,9% nel 2017 (dall’1,3%). Crescita debole che dovrebbe rendere più difficile ridurre il debito pubblico, visto in aumento al 132,8% del Pil alla fine del 2016 rispetto al 132,3% registrato a fine 2015 e con un un picco del 133,3% nel 2017, con un rallentamento del proceso di rientro che vedrà il debito pubblico calare al 128% solo nel 2020.
robyuankenobi
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