Bruxelles, al centro della strategia del terrore islamico. A chi giova?

Se ci dicono che è Daesh, diffidiamo. Probabilmente è “anche” Daesh. Isis è lo strumento, e la mano (in parte) ma non la mente. I servizi segreti europei, …

Se ci dicono che è Daesh, diffidiamo. Probabilmente è “anche” Daesh. Isis è lo strumento, e la mano (in parte) ma non la mente. I servizi segreti europei, tutti, sono filiali inquinate di altri servizi segreti.

Il nuovo massacro di Bruxelles, con azioni terroristiche tanto ben coordinate quanto sanguinose, cioè con bombe ad alto potenziale e con kamikaze suicidi, ha tutta l’aria di una “prosecuzione” di un piano.

Di chi? Contro chi è diretto? Il sancta santorum che guida questa sarabanda non lo conosce nessuno, e dunque tutte le ipotesi sono ugualmente inattendibili.

Leggi anche: Parigi val bene una “false flag” ISIS. Tutte le teorie cospirazioniste

Quelle che subito vaneggiano di “risposta” di Daesh alla cattura dell’ultimo sopravvissuto del 13/11 a Parigi sono però palesemente ridicole. Un piccolo pregiudicato da tempo sotto controllo dei servizi segreti, ex tenutario di un centro di spaccio di droga e di prostitute come la bettola intitolata “La Beguine” nel quartiere di Molenbeek, che riesce a passare  indenne attraverso quattro controlli di polizia (francese) prima di rifugiarsi nello stesso quartiere in cui ha sempre vissuto, restandoci per quattro mesi, non poteva essere il “cervello” di niente. Questi attentati erano predisposti da tempo, da qualche centrale di provocazioni in grande stile.

Contro chi? Queste bombe sono la prosecuzione di quelle di Parigi del 2015: Charlie Hebdo e il Bataclan. Di Ankara, contro i turisti tedeschi. Sono la prosecuzione della messinscena di Colonia. Sono lo strascico del fiume di profughi.

Andiamo con ordine: sono contro di noi. Contro “i popoli d’Europa”. Per ridurre le loro libertà residue e le loro capacità di risposta ai soprusi dei poteri. Infatti il primo risultato, scontato, sarà la sospensione di tutte le garanzie democratiche. È già in corso in Francia, ora sarà la volta del Belgio. Poi, dopo qualche altro attentato, magari in Italia, se per caso non volesse entrare in guerra in Libia, allora sarà la volta del nostro Paese.

Noi italiani siamo gli ultimi a poter essere ingannati, poiché abbiamo già vissuto la stessa cosa con la strategia della tensione. Questo ci dice che non dobbiamo cadere nella trappola di guardare il dito invece della Luna. Se ci dicono che è Daesh, diffidiamo. Probabilmente è “anche” Daesh. Ma Daesh è lo strumento, e la mano (in parte), ma non la mente.

Sono bombe contro “l’Europa dei popoli”, per renderla uno straccio subalterno al potere dell’Impero, per trascinarla in guerra tutta intera, terrorizzata, per mettere la museruola a tutti, anche ai recalcitranti. L’avviso è per tutti non solo per Bruxelles.

Chi è la mente non lo possiamo sapere. Ma una cosa che sappiamo è che i servizi segreti europei, tutti, chi più chi meno, sono filiali inquinate e di altri servizi segreti. Più probabilmente di settori, pezzi, frammenti incontrollabili di servizi segreti altrui. Ricordiamo il bellissimo e profetico film di Sydney Pollack, “I tre giorni del Condor”.

Per questo non scoprono niente. E non scopriranno niente: perché non sono in condizioni di indagare. Per questo dobbiamo riprendere in mano la nostra sovranità, e cambiarli. Cambiando chi ci governa, e che sgoverna l’Europa, con altro personale, meno vile e più lungimirante. Altrimenti ci faranno arrostire, prima di renderci schiavi.

di Giulietto Chiesa

(segnalato da ronin)

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da megachip.globalist.it

***

Attacco “al cuore della UE”: lo stragismo di Stato è diventato routine

Martedì 22 marzo, l’ennesima strage attribuita allo Stato Islamico, questa volta a Bruxelles, sede del quartiere generale della NATO e dei palazzi dell’Unione Europea: due attentati, a distanza di circa un’ora uno dall’altro, hanno mietuto più di trenta vittime ed un centinaio di feriti. Non c’è nessuna sorpresa perché da tempo, specie da parte francese, erano stati preannunciati (minacciati?) nuovi attentati terroristici, strascichi dello “stato di guerra” in cui vive l’Europa. L’establishment euro-atlantico, man mano che l’eurozona affonda nella deflazione e si invigoriscono le spinte centrifughe, mostra il suo volto più sanguinario ed efferato: si mantiene così l’opinione pubblica in una condizione di eterna prostrazione, si invoca una politica estera comune tra i 28 membri della UE e si pongono le premesse per bloccare i flussi migratori che rischiano di travolgere Angela Merkel. I servizi israeliani hanno ricevuto “in appalto” la strategia della tensione che sta insanguinando l’Europa.

Europa sotto assedio: solo nausea, nessuna sorpresa

Non c’è sorpresa nel leggere notizie che arrivano da Bruxelles sull’ennesima strage del fantomatico “Stato Islamico”. La reazione è quella di chi tocca un bricco da caffè bollente: i riflessi condizionati ritraggono istintivamente la mano e magari si impreca, ma non c’è stupore, né paura, perché la mente associa al bricco da caffè l’alta temperatura e sa che ustionarsi rientra nel novero delle possibilità: lo stesso accade con la strage di Bruxelles del 22 marzo.

C’è ovviamente una naturale reazione di indignazione e rammarico, ma né spaesamento né sgomento: nell’attuale Unione Europea il terrorismo fa parte della cassetta degli attrezzi della politica e, da circa un anno (il primo caso fu la strage di Charlie Hebdo), si ricorre sempre più spesso, e con meno remore, al suo utilizzo. Arrivati a questo punto, è ormai chiaro che il ricorso al terrorismo di Stato, od alla “violenza politica”, è direttamente proporzionale all’aggravarsi delle crisi che stanno sgretolando l’Unione Europea: ad un incancrenirsi dell’economia, ad un accentuarsi della deflazione, ad una crescente cacofonia tra i 28 membri della UE su qualsiasi dossier, corrisponde una vampata di terrorismo. Si noti: terrorismo di Stato, perché sebbene nessuno qui neghi le criticità delle periferie parigine o brussellesi, la dinamica e le finalità degli attentati degli ultimi 15 mesi non lasciano dubbi circa la presenza di una regia che non può che essere quella di un’organizzazione governativa o simile.

È inutile sviscerare ora gli attentati: l’opera di analisi minuta, indispensabile per avvalorare la tesi dello stragismo di Stato (a suo tempo la compiemmo con l’assalto alla redazione di Charlie Hebdo e poi con la mattanza del 13/11 che colpì il venerdì sera parigino) deve essere compiuta quando le acque si sono parzialmente calmate, la grancassa della propaganda mediatica tace e si dispongono di dati certi. In questa fase è rilevante invece capire il contesto in cui sono maturati gli attentati ed a quali obbiettivi ottemperano.

La cronaca del sanguinoso martedì 22 (11+11, si noti l’elemento cabalistico) marzo, parla di due esplosioni all’aeroporto brussellese di Zaventem (14 vittime stimate) attorno alle otto di mattina ed un’ulteriore esplosione, a distanza di un’ora, presso la stazione Maelbeek della metropolitana (20 vittime stimate). I due attentati sono avvenuti, rispettivamente, uno a poca distanza dal quartiere generale della NATO ed uno nei pressi dei palazzi dell’Unione Europea: il teatro per le operazioni scelto dai terroristi è quindi, sulla carta, tra i più ostici ed impenetrabili d’Europa.

Immancabilmente il famigerato Stato Islamico, lo stesso che sta combattendo per la sua sopravvivenza a Raqqa, in Siria, ha rivendicato la paternità della strage attraverso l‘Amaq News Agency: si tratterebbe di una rappresaglia per le disfatte infertegli in Medio Oriente. Un secondo filone ricostruttivo sostiene invece che l’attentato sia frutto di una “cellula” locale, in risposta al recente arresto di Salah Abdeslam, il presunto terrorista sopravvissuto alla strage del 13/11: si tratterebbe in quest’ottica anche di un’azione preventiva per sfuggire all’imminente cattura.

A corroborare la pista dello Stato Islamico è l’immancabile SITE Intelligence Group, fondato e gestito dall’israeliana Rita Katz. Bisogna ricordare che senza il SITE, impegnato nel certosino lavoro di vagliare la tanto copiosa quanto misteriosa propaganda jihadista in rete, l’ISIS non avrebbe mai acquistato dell’aurea di ubiquità ed onnipotenza che rende oggi il Califfato (quando non è impegnato a contrabbandare petrolio con Ankara od a combattere l’esercito siriano per conto di Riad) l’organizzazione terroristica più temibile a livello globale, nonostante, si noti, i suoi possedimenti territoriali si siano rapidamente sfaldati dopo l’intervento militare russo.

sitebruxelles

Fuori discussione è l’ennesimo, tragico, sospetto e altamente equivoco fallimento delle forze di sicurezza: il piccolo regno belga è assurto, a partire dalla strage di Charlie Hebdo per arrivare alla mattanza del 13/11, a base operativa dei più efferati miliziani dell’ISIS, capaci di entrare ed uscire dal Paese (è il caso di Abdelhamid Abaaoud, il regista dell’ultima carneficina parigina) più volte e senza mai incappare in nessun controllo, o di portare il terrore nel cuore di Bruxelles, a due passi dagli uffici della Commissione Europea, in un momento per giunta di massima allerta.

L’attentato rievoca i recenti fantasmi del 13/11 francese, tanto che il primo ministro Manuel Valls può facilmente ribadire l’eccezionalità del momento che vivono la Francia e l’Europa:

“Nous faisons face à une menace particulièrement élevée. Nous sommes en guerre. Nous subissons en Europe depuis plusieurs mois des actes de guerre.”

Il premier francese, forse anche a giustificazione dello stato d’emergenza prorogato recentemente di altri tre mesi1, da sempre non lesina allarmismi, finendo così per essere quasi profetico. Risale infatti alla conferenza sulla sicurezza di Monaco di metà febbraio la sua (minacciosa) esternazione, rivelatasi ex-post corretta:

“Nous devons cette vérité à nos peuples: il y a aura d’autres attaques, des attaques d’ampleur, c’est une certitude. Cet hyperterrorisme est là pour durer, même si nous devons le combattre avec la plus grande détermination (…) Nous sommes entrés, nous tous le sentons bien, dans une nouvelle époque caractérisée par la présence durable de l’hyperterrorisme. Un hyperterrorisme qui se trouve à la confluence d’un pseudo-messianisme religieux et de l’usage de la terreur de masse”

Anziché chiedere le dimissioni dei fallimentari ministri degli Interni, rivoltare come un calzino gli impotenti servizi di sicurezza ed azzerare i vertici delle forze dell’ordine, sembra che le più alte cariche dello Stato accettino con rassegnazione e malcelata soddisfazione l’attuale ondata terroristica, senza perdere il sonno nel tentativo di sventare nuovi attacchi: anche per gli attentati di Bruxelles, come per quelli del 13/11, è già emerso che i servizi d’informazione belgi sapevano ed avevano lanciato un’allerta ma, ahi noi, non sapevano con precisione il luogo, la data e le modalità dell’operazione.2 Sorge però spontaneo il dubbio perché nessun abbia rafforzato i controlli all’aeroporto di Zaventem, considerato che gli scali aerei sono un obbiettivo tra i più amati dai terroristi sin dagli anni ’70: Attacco a Bruxelles, l’esperto: -L’aeroporto era incomprensibilmente sguarnito-” titola la Stampa3 e sulla questione, decisiva, torneremo tra poco.

Bisogna, a questo punto, porsi l’interrogativo: perché ora?

La strage del 13/11, parallelamente alla necessità di incrementare la presenza della NATO in Medio Oriente in un momento critico per l’ISIS, ottemperava all’esigenza di risollevare le fortune del presidente François Hollande, ai minimi storici in termini di gradimento, in vista delle elezioni regionali del dicembre successivo: obbiettivo sfumato, considerato che al primo turno il Front National, anti-euro ed anti-NATO, si è affermato come primo partito di Francia. E nel caso degli attentati di Bruxelles, quali fattori sono la causa scatenante? Abbozziamo una lista, in ordine crescente d’impellenza per chi ha architettato la strage:

  1. l’economia dell’eurozona ed il settore bancario, specie nell’Europa del sud, versano in condizioni critiche: l’unione monetaria è tornata in deflazione a febbraio mentre le sofferenze bancarie in Italia crescono senza sosta;
  2. le recenti elezioni tedeschi hanno sancito nei Land dove si è votato, la netta sconfitta di Angela Merkel, a causa delle politica delle porte aperte agli immigrati: urge quindi un pretesto per arrestare i flussi, evitando alla cancelliera un clamoroso dietrofront;
  3. la crisi migratoria, inizialmente alimentata dalla UE/NATO, ha prodotto esiti opposti a quelli sperati (“meno Europa” e non “più Europa”), tanto da causare la sospensione de facto degli accordi di Schengen. Occorre quindi serrare le fila per evitare il tracollo.

L’Unione Europea è, in sostanza, dilaniata da forze centrifughe sempre più virulenti, tanto che lo speculatore George Soros, a lungo prodigatosi per strappare i Paesi dell’Est europeo alla zona d’influenza russa per annetterli alla UE, è costretto ad ammettere: “The EU Is on the Verge of Collapse4.

Con le stragi di Bruxelles, portate “nel cuore dell’Europa”, nella “capitale dell’Europa” si tenta in extremis di invertire, o perlomeno rallentare, il processo di disintegrazione dell’Unione Europea, evocando “più Europa”, questa volta in materia di sicurezza, difesa e servizi d’informazione. Illuminante è, a questo proposito, il commento a caldo del premier Matteo Renzi:

“L’Ue vada fino in fondo, serve una struttura unitaria di sicurezza e difesa. È dal 1954 che si litiga sulla sicurezza comune. Ci vuole un patto europeo. L’Unione europea vada fino in fondo questa volta. (…) I nonni hanno sconfitto il nazismo e il fascismo, i genitori terrorismo, i fratelli più grandi la mafia. Noi abbiamo davanti una sfida inedita e tipica del nostro tempo ma che non è elemento originale per l’Italia e gli italiani. Come l’Italia ha saputo sconfiggere terrorismo e mafia così l’Europa sconfiggerà il terrorismo jihadista.”

Se l’Unione Europea è agonizzante, Schenghen si sgretola ed i 28 membri della UE sono sempre più in collisione, chi supervisiona la strategia della tensione che sta insanguando l’Europa? Forse il lavoro sporco è stato appaltato dall’establishment euro-atlantico a chi ha una lunga esperienza in materia di terrorismo ed attentati falsa bandiera, ed ha sia l’interesse a salvare la UE (per ragioni di politica estera) sia a fomentare l’odio occidentale verso l’islam e le comunità arabe (per ragioni di politica interna). Ma sì, alludiamo ai servizi israeliani.

La strategia della tensione appaltata ai servizi israeliani?

Il rapporto tra lo Stato d’Israele e l’Unione Europea, o meglio ancora la loro comune genesi nell’humus della finanza anglofona, richiederebbe una lunga trattazione che esula dalla nostra analisi: in questa sede ci è sufficiente dire che nel primo dopoguerra la famiglia Rothschild figura sia come rappresentante degli interessi sionistici nella dichiarazione Balfour del 1917, primo passo verso la nascita dello Stato ebraico, sia come finanziatrice del movimento Paneuropa animato dal conte Richard Coudenhove-Kalergi, “padre nobile” dell’attuale Unione Europea.

Per Tel Aviv la salvaguardia dell’Unione Europea e la sua potenziale evoluzione negli agognati Stati Uniti d’Europa sono questione di sicurezza nazionale: accentrando la politica estera dei 28 membri a Bruxelles, sottraendola così alla discrezione dei parlamenti nazionali ed assoggettandola agli interessi della grande finanza transnazionale, lo Stato d’Israele ha la migliore garanzia che i suoi interessi siano tutelati, narcotizzando così le pulsioni di quegli Stati, in primis l’Italia ed in parte la Francia, naturalmente inclini, per motivi economici e di vicinato, ad una politica filo-araba. Nessun caso è più illuminante delle sanzioni all’Iran imposte agli Stati europei attraverso Bruxelles: senza le strette maglie della UE, sarebbe stato difficile ingabbiare l’Italia nella rete delle sanzioni, più probabile invece un loro netto rifiuto considerati gli stretti legami economici con Teheran.

Lo stesso presidente israeliano, Shimon Peres, ha recentemente ribadito la necessità per l’Europa di rimanere unita di fronte alla crisi migratoria (generata dal progetto di balcanizzazione del Medio Oriente caldeggiato da Tel Aviv), evidenziando quando stiano a cuore all’élite israeliane le sorti della UE5:

“È la dimostrazione di quanto breve sia la distanza fra lo gettare nella disperazione una persona e invece, quando aveva perso le speranze, aprirgli le porte di un destino migliore. L’Europa resti unita, perché la tragedia è di proporzioni talmente immense che nessuno può affrontarla da solo. Non può l’Italia, che sta facendo cose grandiose nei salvataggi in mare, e non può la Germania. L’Europa se è unita può farcela, ha risorse economiche e morali per risolvere la crisi”.

L’urgenza di sedare le spinte centrifughe che stanno svuotando la UE, è così sentita a Tel Aviv da indurla a mettere generosamente i propri servizi segreti a disposizione della strategia della tensione che sta martoriando l’Europa, ottenendo così un duplice risultato: da un lato, si creano nuove emergenze per frenare l’implosione dell’Unione Europea, dall’altro si alimenta l’odio verso la comunità mussulmane ed il mondo arabo, creando così un sentimento di affinità con il piccolo Stato d’Israele, “baluardo dell’Occidente” minacciato dai fedeli di Maometto.

Nella strage di 13/11 Israele compare più di una volta, specialmente attorno alla sala da concerto Bataclan dove si consuma la cruenta mattanza di 93 persone: il locale era stato venduto il precedente 11 settembre dallo storico proprietario, subito emigrato in Israele6, e stando alle dichiarazione del cantante degli Eagles of Death Metal, Jesse Hughes (sul palco quando iniziò la carneficina) la sicurezza del locale era a conoscenza in anticipo di quanto sarebbe accaduto. Nell’articolo “Eagles of Death Metal Frontman: Security Might Have Been in on Paris Attacks” si legge7:

“During an interview with the FOX Business Network’s Kennedy, Jessie Hughes, the lead singer of the band Eagles of Death Metal opened up about a terrorist attack on his band and concertgoers that took place at a Paris concert, and he alleges that security guards at the venue may have been involved.

Nell’orbita dell’israeliano SITE Intellegent Group, ruotava anche “la mente” della strage del 13/11, quel Abdelhamid Abaaoud libero di viaggiare indisturbato tra la Francia ed la Siria, nonostante fosse tra i massimi ricercati d’Europa, e reso una “celebrità” nella galassia dell’ISIS dai macabri filmati scovati in rete dall’inafferrabile Rita Katz. Il defunto Abdelhamid Abaaoud era anche amico di quel Salah Abdeslam, pesce piccolo che sguazzava mondo del narcotraffico, che avrebbe dovuto farsi esplodere allo Stade de France il 13/11 ed è stato invece catturato il 18 marzo alla periferia di Bruxelles: Abdeslam è il primo terrorista ad essere preso vivo dalla strage a Charlie Hebdo e c’è da chiedersi quante scomode verità e quante inconfessabili collusioni potrà rivelare se non si imbatterà prima nel Jack Ruby della situazione.

E nella strage di Bruxelles del 22 marzo, dove si nasconde lo zampino dei servizi israeliani? Come nel caso degli attentati del 13/11 occorre focalizzare l’attenzione sui locali chiusi e sottoposti ad una rigida sorveglianza (in un caso il Bataclan e nell’altro lo scalo aereo), perché lì è più facile incappare nella connivenze che hanno permesso l’attacco, che si sarebbe potuto altrimenti sventare con facilità.

Le due esplosioni che hanno sventrato la hall dell’aeroporto di Zaventem sono avvenute a fianco del banco della American Airlines8: la compagnia aerea statunitense è tristemente nota alla cronache perché due suoi voli (American Airlines Flight 11 e American Airlines Flight 77) furono dirottati quel fatidico Undici Settembre per schiantarsi rispettivamente contro la Torre Nord ed il Pentagono (sebbene in quest’ultimo caso non sia stato rinvenuto nessun detrito attribuibile ad un Boeing 767). Due degli aerei dirottati, tra cui il sullodato American Airlines Flight 11, si alzarono in volo dall’aeroporto Logan di Boston, dove la sicurezza era garantita dalla società olandese ICTS International9, creata e gestita da ex-personale dei servizi segreti israeliani.

Facciamo un salto temporale e torniamo all’aeroporto di Zaventem, martedì 22 marzo 2016, quando due ordigni deflagrano nei pressi del banco dell’American Airlines. Ebbene, da una veloce ricerca su internet, emerge non solo che la ICTS International garantisce tuttora la “sicurezza” della compagnia aerea statunitense10, ma addirittura che la sede belga della ICTS è proprio di fronte all’aeroporto di Zaventem, dove è ubicato un “centro operativo” della società degli ex-agenti dello Shin Bet.

Scorrendo la lunga lista di attentati “islamisti” ad aeroporti o voli aerei dell’ultimo decennio, ci si imbatte quasi sempre nella ICTS International: l’attacco allo scalo aereo di Zavantem, il colpo “al cuore dell’Europa”, non fa eccezione.

Note

1 http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/francia-prorogato-stato-emergenza_2160655-201602a.shtml

2 http://www.agi.it/cronaca/2016/03/22/news/bruxelles_intelligence_aveva_allertato_attacco_imminente_-632742/

3 https://www.lastampa.it/2016/03/22/esteri/e-il-colpo-di-coda-del-network-jihadista-del-bataclan-aUS2JVJiJKAaEjc9wCHiNJ/pagina.html

4 http://www.nybooks.com/articles/2016/02/11/europe-verge-collapse-interview/

5 http://www.repubblica.it/esteri/2015/09/07/news/shimon_peres_la_germania_ha_dato_prova_che_il_nazismo_non_si_ripetera_-122368723/

6 http://fr.timesofisrael.com/les-anciens-proprietaires-juif-avaient-recemment-vendu-le-bataclan/

7 http://www.foxbusiness.com/features/2016/03/09/eagles-death-metal-frontman-security-might-have-been-in-on-paris-attacks.html

8 http://www.repubblica.it/esteri/2016/03/22/news/esplosioni_aeroporto_bruxelles-136033299/

9 https://en.wikipedia.org/wiki/ICTS_International

10 http://www.ictseurope.com/clients

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di Federico Dezzani

(segnalato da ronin)

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Federico Dezzani Blog

 

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8 commenti

  1.   

    Consuelo
    …altra conferma…
     
    Ministro belga proponeva “monumenti” a wahabiti in partenza contro la Siria: che ne dice ora?
    Di Paolo Marcenaro –
    23 marzo 2016
     
    http://www.opinione-pubblica.com/ministro-belga-proponeva-monumenti-ai-wahabiti/
    Non è un caso che il Belgio ospiti l’8 maggio prossimo un incontro internazionale sui combattenti stranieri in Siria. Gli esperti europei di antiterrorismo sono unanimi: il Belgio ha il maggior numero di jihadisti in Siria in rapporto al numero di abitanti. Nei quartieri popolari di Bruxelles, di Vilvoorde o di Anversa, a forte presenza musulmana, la pressione esercitata dai gruppi religiosi radicali è particolarmente sensibile. Storicamente, l’Arabia Saudita ha il monopolio della formazione religiosa dei musulmani di lingua araba in Belgio“.
    Così si esprimenva un paio d’anni fa lo scrittore e polemista belga di origine turco-alevita Bahar Kimyongür; che il Belgio (che fin dagli anni ’50 ha la responsabilità storica di aver lasciato la “porta aperta” al fanatismo saudita di marca wahabita ‘regalando’ a Casa Saoud il “Pavillon du Cinquantenaire”, subito trasformato dai rozzi imam eretici al soldo di Riyhad in una centrale del terrorismo e dell’interpretazione deviata ed erronea del messaggio dell’Islam), fosse anche “in prima linea” nell’aggressione contro la Siria laica e Socialista di Bashir al-Assad non era un mistero per nessuno ed era solo logico e giusto visto che è il paese in cui si trovano le istituzioni europee, il comando NATO e una potente centrale di ‘stato parallelo’ che nel corso dei decenni ha generato mostri come ‘Stay Behind/GLADIO’, la gang ‘Brabante-Vallona’ e i circoli per conto dei quali agiva l’assassino pedofilo Marc Dutroux.
    Il Ministro degli Esteri Didier Reynders, in carica dal 2011 col Governo di DiRupo proponeva addirittura di “Fare un monumento come agli eroi di una Rivoluzione” ai disgraziati dei ghetti islamici di Molenbeek che partivano per assassinare Siriani sciiti, alawiti, drusi, cristiani ma anche semplici sunniti di tendenze secolari o avversi all’eresia takfira.
    Bisognerebbe vedere adesso, diverse esplosioni e 250 vittime (tra morti e feriti) dopo, come la popolazione belga reagirebbe a questa proposta, perfettamente coerente con gli interessi della sua classe dirigente, del tutto scollegata, “disaccoppiata” dagli interessi del popolo europeo, e allineatissima a quelli dei burattinai di UE, NATO, Usa e Israele, Wall Street e Pentagono, Londra e Tel Aviv, vere ‘centrali’ dove si decide come e quanto il ‘vecchio continente’ dovrà violentare la propria Storia, la propria Cultura, i propri interessi (che giacciono tutti sull’Asse Euro-Asiatico) per compiacere piccole elites di sfruttatori del capitalismo finanziario.
    Anziché andare in piazza armati di fiaccole, canzoni, candele e gessetti vi sarebbe una tradizione europea piuttosto “forte” e “scomoda” ma molto istruttiva, quella della gogna: si potrebbe applicarla al Ministro che voleva immortalare nei monumenti i jihadisti wahabiti, esporlo qualche ora in una piazza di Bruxelles e vedere in quali condizioni i suoi concittadini lo ridurranno al termine del periodo stabilito.
    Potrebbe non essere un bello spettacolo, lo ammettiamo, ma sarebbe una sana e sincera espressione di “volontà popolare” molto più di mille inutili ‘elezioni europee’.

  2.   

     ”  Il 26 aprile 2013, il ministro degli Esteri belga Didier Reynders aveva dichiarato a proposito dei jihadisti belgi: “Forse gli faremo un monumento come eroi di una rivoluzione”
    E’ quanto ho estrapolato da un articolo di Blondet
    http://www.maurizioblondet.it/ministro-degli-esteri-belga-voleva-un-monumento-ai-terroristi-partivano-la-siria/

  3.   

    Consuelo
    interessante… grazie

    Originariamente inviato da Consuelo:

     ronin, prendo lo spunto dall’articolo in cui, tra altre informazioni tutte interessanti,si parla di Siria, per segnalarti, se non l’hai ancora letto ROBERT KENNEDY JR: PERCHÉ GLI ARABI NON CI VOGLIONO IN SIRIA http://vocidallestero.it/2016/03/23/7306/ da cui estrapolo :Report e documenti segreti delle agenzie di intelligence di Stati Uniti, Arabia e Israele indicano che quando Assad ha rifiutato i gasdotti del Qatar, gli strateghi militari e di intelligence  sono rapidamente giunti alla conclusione condivisa che fomentare una rivolta sunnita in Siria per rovesciare il non collaborativo Bashar Assad fosse un percorso fattibile per raggiungere l’obiettivo comune di completare il gasdotto Qatar/Turchia. Nel 2009, secondo WikiLeaks, subito dopo che Bashar Assad respinse la pipeline del Qatar, la CIA iniziò a finanziare gruppi di opposizione in Siria. E’ importante notare che questo è successo ben prima della rivolta (indotta) della Primavera araba contro Assad.” Chissà se l’autore Robert Kennedy jr. dobbiamo annoverarlo tra i cospirazionisti!

     

  4.   

    Attentati Bruxelles – 
    La pista dello sterco di satana, per fermare gli operatori di satana  
     
            Ecco cosa bisogna fare per fermare il Fondamentalismo e il Nuovo Ordine Mondiale: impariamo dalle analisi di Giacinto Auriti
    di Sergio Basile
     
    http://www.quieuropa.it/attentati-bruxelles-la-pista-dello-sterco-di-satana-per-fermare-gli-operatori-di-satana/
    ……….Isis – perché non staccano la spina?   
     
                                                          Mentre l’intera Europa – e non solo – piange i suoi morti, all’indomani delle stragi della metro di Maelbeek – nei pressi dei palazzi imperiali dell’UE – e dell’aeroporto Zaventem,  spuntano qua e là le solite strategiche bandierine dell’Isis, che qualche terrorista, probabilmente distratto, ha lasciato sui luoghi del reato e dintorni. Ma chi ci sia dietro l’Isis ormai è cosa nota, anche se i giornalisti di regime, forse troppo stanchi, vecchi e decrepiti, sembrano non ricordarlo, affetti da preoccupanti forme di morbi di alzheimer in stato cronico. In ginocchio, dunque, questa volta, è Bruxelles: o meglio i suoi abitanti. Dopo gli attentati di Parigi dello scorso 13 novembre (vedi qui……………..
    …………..
    …ecc…

  5.   

     ronin, prendo lo spunto dall’articolo in cui, tra altre informazioni tutte interessanti,si parla di Siria, per segnalarti, se non l’hai ancora letto
    ROBERT KENNEDY JR: PERCHÉ GLI ARABI NON CI VOGLIONO IN SIRIA
    http://vocidallestero.it/2016/03/23/7306/
    da cui estrapolo :Report e documenti segreti delle agenzie di intelligence di Stati Uniti, Arabia e Israele indicano che quando Assad ha rifiutato i gasdotti del Qatar, gli strateghi militari e di intelligence  sono rapidamente giunti alla conclusione condivisa che fomentare una rivolta sunnita in Siria per rovesciare il non collaborativo Bashar Assad fosse un percorso fattibile per raggiungere l’obiettivo comune di completare il gasdotto Qatar/Turchia. Nel 2009, secondo WikiLeaks, subito dopo che Bashar Assad respinse la pipeline del Qatar, la CIA iniziò a finanziare gruppi di opposizione in Siria. E’ importante notare che questo è successo ben prima della rivolta (indotta) della Primavera araba contro Assad.”
    Chissà se l’autore Robert Kennedy jr. dobbiamo annoverarlo tra i cospirazionisti!

  6.   

    I “GIOCHI SPORCHI” NELLA GUERRA AL TERRORE
    DI MAURO  BOTTARELLI
     
    http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2016/3/24/SPY-FINANZA-I-giochi-sporchi-nella-guerra-al-terrore/690375/
     
    Lo ammetto, sono masochista. Martedì sera ho fatto zapping tra tutti i talk-show in onda, passando da Di martedì a Ballarò a Quinta colonna fino a Porta a porta (lo speciale del Tg5 era così patetico da non meritare nemmeno un tentativo che andasse oltre i 3 minuti di visione). Sono arrivato all’una di notte stremato, ma conscio di una realtà inconfutabile: quel tipo di trasmissioni servono soltanto a lucidare e mettere in bella mostra l’ego ipertrofico di giornalisti, analisti e docenti universitari, i quali danno vita a singolar tenzoni a colpi di chi conosce meglio le abitudini alimentari del capo jihdista del Caucaso del Nord, ma che, alla fine, come stanno le cose non lo vogliono dire. Perché, altrimenti, i loro posti di lavoro con stipendi faraonici e smaglianti etichette, saltano.
     
    Come mai, ad esempio, nessuno ha detto che……………….
    ………………ecc…………….

  7.   

    Facce di tolla!
    Pentagono: Europa acceleri sforzi contro Isis
     
    Gli attacchi a Bruxelles dimostrano che l’Europa deve accelerare, come hanno fatto gli Usa, i suoi sforzi contro l’Isis e unirsi agli Stati Uniti in questa battaglia: lo ha detto il capo del Pentagono Ash Carter alla Cnn. Dopo aver ricordato che gli Usa hanno “accelerato la loro campagna per sconfiggere l’Isis in Siria e in Iraq e altrove”, Carter ha detto che “gli eventi di Bruxelles stanno dimostrando ulteriormente agli europei che anche loro devono accelerare i loro sforzi e unirsi a noi”. A rincarare la dose ci ha pensato la candidata democratica alla Casa Bianca Hillary Clinton, affermando che “sconfiggeremo l’Isis. Abbiamo bisogno che ogni comunità americana investa in questa battaglia”. Ma “abbiamo anche bisogno che le banche europee smettano di finanziare il terrorismo, che gli aerei europei effettuino missioni in Iraq e Siria, e che le forze speciali europee partecipino all’addestramento delle forze locali anti-Isis sul territorio”.
    http://www.ticinonews.ch/estero/272097/pentagono-europa-acceleri-sforzi-contro-isis

  8.   

     

     

    David  Chase Taylor, redattore capo di The Thruter, aveva scritto il 16 marzo  che la Cia avrebbe realizzato un false flag nella capitale belga fra il 16 e il 23.
    http://www.maurizioblondet.it/componetevi-vostro-articolo-complottista/