Lo scisma tra i musulmani consumato con la battaglia di Kerbala nel lontanissimo 680 vale ancora una guerra dopo quelle combattute negli ultimi tre decenni? Per l’Arabia Saudita una decapitazione è più importante di ogni possibile gesto di distensione con l’Iran e gli sciiti. E se la situazione dovesse precipitare chiederà agli Stati Uniti di schierarsi al suo fianco, come del resto avviene regolarmente dal 1945 per il patto leonino firmato tra Roosevelt e Ibn Saud?
Riad mette così alla prova Teheran ma anche Obama che ha voluto l’accordo sul nucleare con l’arcinemico iraniano. È questo il messaggio inviato da Riad con le 47 esecuzioni di ieri tra cui quella dello sceicco sciita Nimr Baqr al Nimr. L’equazione per i Saud è chiara: sciiti uguale a terroristi, e così è stato recepito dalle reazioni furibonde del mondo sciita. Un paradossale contributo al dialogo di un Paese che da lunedì capeggia un comitato di esperti Onu per i diritti umani.
Il conflitto sciiti-sunniti non è più una guerra circoscritta al Siraq. Arabia Saudita e Iran, le due potenze rivali del Golfo sono ai ferri corti, anzi cortissimi, e l’Occidente non è solo uno spettatore interessato ma insieme alla Russia, alleata di fatto di Teheran, uno degli attori protagonisti. Le portaerei americane e francesi incrociano nel Golfo, la Marina da guerra russa solca il Mediterraneo, i cieli sono sorvolati dai caccia di Mosca e della coalizione occidentale anti-Isis, i Pasdaran iraniani sono in allerta con il loro arsenale missilistico. È in questo scenario bellico che i sauditi, mulinando la scimitarra del giustiziere, hanno lanciato il loro missile virtuale.
È evidente che il primo bersaglio è l’Iran, grande protettore degli sciiti. Il secondo sono ribelli Houti dello Yemen sostenuti da Teheran, contro i quali Riad sta conducendo un conflitto che è diventato una sorta di Vietnam arabo. Ma le reazioni sciite, dal Bahrein dominato dai sunniti Al Khalifa al Libano degli Hezbollah, dall’Iraq del governo di Baghdad al lontano Kashmir indiano, dimostrano che si va ben oltre i labili confini mediorientali.
Con queste esecuzioni Riad invia un messaggio alla comunità internazionale che accusa non troppo velatamente la casa saudita di avere incoraggiato con la sua ideologia religiosa i gruppi jihadisti. Il Califfato non è un alleato di Riad ma lo sono molti gruppi radicali nel campo di battaglia siriano e iracheno. Ed è per questo che l’Arabia Saudita prima ha convocato i gruppi dell’opposizione e poi ha fondato una pletorica “santa alleanza” di stati sunniti che in realtà appare come una coalizione cosmetica, dalla quale alcuni come il Pakistan si sono già sfilati. Le condanne a morte devono irrorare con il sangue il nuovo ruolo saudita anti-terrorismo.
Tutto questo coincide con un fase assai delicata: il governo di Baghdad, dove i sauditi hanno appena riaperto dopo 25 anni l’ambasciata, è chiamato alla gestione della riconquista di Ramadi, un momento chiave per tentare di ricostruire la fiducia tra sciiti e sunniti. Non solo: si avvicina l’apertura del negoziato Onu sulla Siria dove una delle questioni principali sarà proprio la rappresentanza al tavolo dei gruppi sunniti. E per Teheran si avvicina la fine delle sanzioni, forse l’unico freno a una reazione feroce degli iraniani.
Il jihadismo doveva essere nei piani delle potenze mediorientali, come Turchia e Arabia Saudita, lo strumento per abbattere il regime di Damasco e modificare i confini della Siria di Assad e quelli dell’Iraq sciita: ora, oltre a essere un incubo per l’Europa, appare l’avanguardia della loro stessa disgregazione sul fronte interno ed esterno perché i jihadisti perderanno o comunque non vinceranno la guerra contro gli sciiti, come già accadde a Saddam Hussein negli anni ’80 dopo l’attacco all’Iran. Sulla mappa ci sono entità vacillanti che gli Stati Uniti hanno incoraggiato passivamente e attivamente verso una deriva bellica e sempre più autoritaria.
E più queste entità si mostrano aggressive, come la Turchia di Erdogan e la Casa reale dei Saud, e maggiormente dimostrano la loro fragilità, sulla questione araba, curda e delle minoranze religiose e politiche. Sono in fibrillazione interna, senza confini sicuri, in parte fuori controllo, nel pieno di un crisi dei prezzi petroliferi che gli stessi sauditi hanno scatenato, e si sentono minacciate nella loro esistenza. Ecco perché questi giochi sanguinosi sono diventati senza frontiere, in Medio Oriente e in Europa.
di Alberto Negri
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Il Sole 24 Ore
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Arabia Saudita e Iran, una miccia accesa nella polveriera della Siria
Annunciando l’esecuzione di quarantasette «terroristi» l’Arabia Saudita ha confermato di essere tra i Paesi del mondo che maggiormente fanno ricorso alla pena di morte, ma ha anche lanciato un devastante siluro. Uccidendo un leader religioso sciita, i sauditi minano gli sforzi internazionali in atto. Gli sforzi della comunità internazionale sono infatti volti ad aprire negoziati tra sunniti e sciiti nella speranza di battere l’Isis e di porre fine alla guerra civile siriana. Nimr Baqer al Nimr nel 2009 aveva proposto ai suoi seguaci la secessione delle province saudite orientali, quelle più ricche di petrolio.
Si tratta di province abitate da una minoranza sciita che viene sistematicamente discriminata dai sunniti di Riad. Arrestato e condannato lo scorso anno alla decapitazione, si riteneva che la famiglia regnante avrebbe rimandato sine die l’applicazione della sentenza per non inasprire in un colpo solo la crisi siriana e quella yemenita. Invece re Salman ha fatto esattamente l’opposto: ha ucciso il predicatore sciita assieme a veri terroristi provenienti in parte dalle file sunnite di Al Qaeda. Questo, pochi giorni dopo aver riunito sotto le bandiere saudite una larga coalizione di gruppi sunniti che in Siria si battono contro Assad e che dovrebbero, nella seconda metà del mese, cominciare a negoziare con il potere sciita di Damasco.
Le reazioni sono state furibonde, com’era scontato. Dall’Iran è stato promesso di «cancellare la dinastia dei Saud», l’Iraq a guida sciita ha ventilato contromisure, gli sciiti libanesi di Hezbollah hanno annunciato vendetta, e ci sono stati i primi episodi violenti che potrebbero moltiplicarsi nei prossimi giorni. Ma sin d’ora alcuni elementi risultano chiarissimi: è a dir poco debole l’influenza Usa sull’alleato saudita, e il colpo di maglio vibrato contro qualsiasi forma di trattativa o di intesa tra sunniti e sciiti fa compiere un grande salto all’indietro al «processo di Vienna» sponsorizzato appunto da americani e russi assieme all’Onu. L’Iran, attore essenziale per un compromesso, non potrà perdere la faccia. Lo stesso accadrà al governo iracheno tuttora impegnato nella battaglia di Ramadi. A Damasco Bashar al Assad avrà indirettamente più frecce al suo arco, e questo non dispiacerà a Putin e al suo doppio gioco. La lotta contro l’Isis torna alla sua radice, lo scontro tra sunniti e sciiti. Una radice che re Salman si è premurato di rinforzare.
di Franco Venturini
Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato da Corriere della Sera
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L’Islam tra sciiti e sunniti: ecco come è diviso il Medio Oriente
Ecco come sono divisi i diversi Paesi in base alla scelta del successore di Maometto
Il Medio Oriente è una polveriera che spesso viene identificata genericamente nell’Islam. Ma all’interno di questa religione c’è una profondissima divisione che è alla base, spesso, di sanguinose guerre: i sunniti e gli sciiti. Sono due visioni della stessa religione che si confrontano da 1400 anni. Ed è il califfo nominato a successione di Maometto, nel 632 dopo Cristo, il punto di separazione tra sunniti (seguaci di Abu Bakr) e sciiti (fedeli a Ali, cugino e genero di Maometto).
LA SCISSIONE DOPO LA MORTE DI MAOMETTO
La frattura fra sciiti e sunniti, che si consumò in Iraq nel settimo secolo. Alla morte di Maometto si doveva decidere chi doveva assumere il comando della comunità. Per gli uni il potere doveva essere affidato a un discendente del profeta: ed erano i seguaci del partito – la shia – di Alì, lo sposo della figlia di Maometto, Fatima. Per gli altri il califfo doveva essere eletto. A prevalere furono questi ultimi, in seguito chiamati sunniti, i seguaci della sunna, la tradizione. Nella pianura di Karbala, in Iraq, avvenne nel 680 il sacrificio del figlio di Ali, Hussein, che fu massacrato con 72 fedelissimi dalle truppe del califfo Omayyade, Yazid. Questo episodio marca la frattura decisiva tra l’islam sunnita e quello sciita.
Ma i seguaci di Alì, da allora, hanno sempre giudicato illegittimo il potere dei califfi. E hanno letto la propria storia come una storia di passione, di martirio e di rivolta. Centrale per l’Islam sciita (oltre al culto degli imam) la figura della suprema Guida spirituale, che, come avviene in Iran, può svolgere anche un importante ruolo politico, mentre per i sunniti l’imam è essenzialmente uno studioso e una guida della preghiera.
L’ORIGINE DEL NOME SUNNITA
Alla Sunna (tradizione, ovvero il “modo di agire di Maometto”) si rifà il 90 per cento dei musulmani che segue le interpretazioni date ai versetti del Corano dalle quattro scuole che si spartiscono la guida giuridica dell’ortodossia islamica: hanafiti, malekiti, shafeiti e hanbaliti (setta ultra conservatrice cui aderiscono gli wahabiti).
L’ORIGINE DEL NOME SCIITA
Gli sciiti traggono il loro nome dal partito (Shia) di Ali Ibn Abi Talib, il quarto califfo, vissuto dal 600 al 661 dopo Cristo. Cugino e genero di Maometto, Ali era considerato da molti l’erede designato del profeta, ma la feroce ostilità dei suoi rivali non gli permise di assumere la successione prima di altri due califfi, nel 656.
L’IMAM SUNNITA E SCIITA
La via sunnita all’Islam è basata sulla tradizione e sui “sapienti”, riconosciuti in quanto tali dalla comunità stessa. I tradizionalisti, inoltre, considerano conclusa l’interpretazione dei testi sacri, al contrario degli sciiti che invece pensano che sia ancora possibile interpretare le “fonti”, tramite la figura dell’imam. Gli sciiti, circa il 10% dei musulmani, sono caratterizzati da una profonda devozione per l’imam, la guida spirituale, una figura religiosa cui gli altri musulmani attribuiscono per lo più una preminenza socio-politica.
L’IRAN, IL PIU’ POPOLOSO PAESE SCIITA
L’Iran è il più popoloso Paese sciita del mondo, con oltre il 90 per cento dei suoi abitanti appartenenti a questa fede, divenuta religione maggioritaria ad opera della dinastia Safavide, tra Sedicesimo e Diciassettesimo secolo. Il resto della popolazione, se si escludono circa 300mila Cristiani ortodossi e poche decine di migliaia di cattolici, ebrei e zoroastriani, è composta da musulmani sunniti, in maggioranza nelle regioni frontaliere del Paese, dove vivono minoranze etniche.
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La Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei, condannando l’esecuzione in Arabia Saudita dell’imam sciita Nimr al-Nimr, ha affermato che si è trattato di un “errore politico”. L’Arabia Saudita, ha aggiunto, dovrà affrontare la “vendetta divina”. Le dure parole di Khamenei sembrano destinate ad alimentare l’escalation di tensioni e violenze in tutta la regione mediorientale.
“Dio onnipotente non rimarrà indifferente di fronte al sangue innocente e questo sangue sparso in modo ingiusto affliggerà rapidamente i politici e il potere esecutivo del suo regime”, ha proseguito la Guida suprema riferendosi al governo saudita. L’Ayatollah ha quindi sottolineato che l’imam non aveva né invitato la gente ad armarsi, né aveva preparato complotti segreti: “L’unica cosa che ha fatto è stata quella di criticare pubblicamente” il governo.
Khamenei ha inoltre criticato il silenzio di coloro che si definiscono sostenitori della libertà, della democrazia e dei diritti umani e che allo stesso tempo sostengono il “regime” saudita, che uccide – ha commentato – gente innocente solo perché viene da loro criticato: “Il mondo musulmano e il mondo intero deve sentirsi responsabile su questa questione”, ha detto.
La replica: “Iran sponsor terrore, non può accusare altri” – “Il regime iraniano è l’ultimo al mondo che può accusare gli altri di sostenere il terrorismo, visto che è uno Stato che sponsorizza il terrore ed è condannato dalle Nazioni Unite e da molti Paesi”. Così un funzionario del ministero degli Esteri saudita ha replicato alla reazione dell’Iran all’esecuzione dell’imam sciita Nimr al-Nimr da parte di Riad. Lo riporta al Arabiya online citando l’agenzia stampa ufficiale Spa.
Rohani: “Violati diritti umani e valori Islam” – Il presidente iraniano Hassan Rohani ha condannato l’esecuzione dello sceicco sciita Nimr al-Nimr in Arabia Saudita affermando che è un atto che “viola i diritti umani e i valori islamici”. In un tweet Rohani porge anche le sue condoglianze alla famiglia del religioso e al mondo islamico.
Casa Bianca: “Mostrare moderazione” – Gli Usa temono un’escalation e per questo l’amministrazione Obama ha chiesto all’Arabia Saudita di mostrare moderazione sul fronte del rispetto dei diritti umani: lo ha affermato Ben Rhodes, consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca. “Vogliamo anche vedere che l’Arabia Saudita riduca le tensioni nella regione”, ha aggiunto.
Rohani condanna attacco ambasciata: “Ingiustificabile” – Il presidente iraniano ha definito l’attacco all’ambasciata saudita “ingiustificabile”. Rohani ha inoltre detto di avere ordinato al ministero dell’Interno di catturare i responsabili dell’attacco e di portarli davanti alla giustizia per “porre fine una volta per tutte questi atti orribili”. Il presidente ha definito gli assalitori “estremisti”.
Arresti per l’assalto all’ambasciata saudita – Intanto le forze dell’ordine hanno identificato e fermato alcuni dei responsabili dell’assalto all’ambasciata saudita a Teheran. Sono in tutto 40 le perone arrestate. “L’ambasciata è stata colpita da molotov e in parte incendiata. I sospetti dell’attacco sono stati identificati e arrestati e altri fermi seguiranno”, ha spiegato il procuratore della capitale iraniana Abbas Jafari Dolatabadi. Nessuno si trovava nell’ambasciata al momento dell’attacco e tutto il personale è indenne.
Consuelo
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http://ununiverso.altervista.org/blog/cosa-dicono-i-poteri-americani-del-controllo-occulto/
zorrax
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Il prezzo del petrolio aumenterà con una guerra islamica! E chi ne trarrà profitto in primis? Chi ha un’economia ormai sull’orlo del baratro per il prezzo del petrolio basso? Ognuno tragga le proprie conclusioni! …”Elementare, Watson!”
Consuelo
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http://www.sianews.com/modules.php?name=News&file=article&sid=2253
Consuelo
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Chi tira i fili approfitta , quando non li crea, di ogni situazione per raggiungere lo scopo. Gli U.S.A sono maestri in questo, anche se importanti personalità americane abbiano cercato di fare capire al popolo americano che esiste un governo ombra ” con la sua Air Force, la sua marina, il suo meccanismo di raccolta di fondi propri e la capacità di perseguire le proprie idee di interesse nazionale, libero da tutti i controlli e contrappesi e libero dalla legge stessa.” – Daniel K. Inouye, il senatore statunitense dalle Hawaii, la testimonianza fatta di fronte al Congresso Iran Contra, 1986 ”
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“Esiste un governo ombra con la sua Air Force, la sua marina, il suo meccanismo di raccolta di fondi propri e la capacità di perseguire le proprie idee di interesse nazionale, libero da tutti i controlli e contrappesi e libero dalla legge stessa.” – Daniel K. Inouye, il senatore statunitense dalle Hawaii, la testimonianza fatta di fronte al Congresso Iran Contra, 1986
Tshirt
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panthea
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Secondo me la stampa occidentale ha fatto troppo chiasso
Innanzitutto bisogna sapere che nel mondo Islamico il territorio dell’Arabia Saudita e’ sacro.
Non si puo’ attaccare militarmente l’Arabia Saudita perche’ e’ il territorio che custodisce due citta’ sacre La Mecca e La Medina.
Questa esecuzione è stata la risposta alla morte del leader dell’opposizione siriana, di qualche giorno fa, Zahar Alloush.
La Guida Suprema giustamente condanna questa esecuzione, ma si affida alla giustizia DIVINA, cioe l’Iran manterrà la calma totale.
L’Iran vuole risolvere i suoi problemi con l’Arabia saudita. Infatti il prezzo del petrolio è troppo basso e bisogna trovare una soluzione.
Sicuramente questo è stato un gesto provocatorio, come quello del caccia Russo abbattuto in Siria, con cui la Turchia ha cercato di trascinare la NATO contro Putin.
Ma anche Putin non ha perso la calma.
Consuelo
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A quanto pare ci è riuscita benissimo.
Consuelo
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