(WSC) ROMA – Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, salirà al Quirinale questa mattina. Dopo un passaggio in Consiglio dei ministri, convocato per le 9, il premier andrà dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per rassegnare le dimissioni. L’attuale maggioranza si schiera compatta con il premier ormai uscente mentre il centro destra martedì si riunirà con Salvini che è tornato a chiedere il voto e Silvio Berlusconi che si affida alla “saggezza del Capo dello Stato”.
Conte resta in piedi. Ma ha le ali piombate
M5s: “Conte ter unico sbocco, noi al fianco del premier” – I capigruppo di Camera e Senato del Movimento 5 Stelle, Davide Crippa ed Ettore Licheri, hanno spiegato la posizione del M5s. “Il passaggio per il cosiddetto Conte ter è ormai inevitabile ed è l`unico sbocco di questa crisi scellerata. Un passaggio necessario all`allargamento della maggioranza. Noi restiamo al fianco di Conte, continueremo a coltivare esclusivamente l`interesse dei cittadini, puntiamo a uscire nel più breve tempo possibile da questa situazione di incertezza che non aiuta. Dobbiamo correre sul recovery, seguire il piano vaccinazioni, procedere immediatamente ai ristori per le aziende più danneggiate dalla pandemia. Il MoVimento, insomma, c`è, ed è pronto a fare la sua parte”.
Zingaretti: “Con Conte per un governo europeista” – “Con Conte per un nuovo governo chiaramente europeista e sostenuto da una base parlamentare ampia, che garantisca credibilità e stabilità per affrontare le grandi sfide che l’Italia ha davanti”. Lo scrive su Twitter il segretario del Pd Nicola Zingaretti.
Berlusconi: “Governo di unità del Paese o voto” – Silvio Berlusconi prima smentisce “ogni trattativa per un eventuale sostegno al governo in carica”, quindi propone una via d’uscita: “La strada maestra è una sola: rimettere alla saggezza politica e all’autorevolezza istituzionale del Capo dello Stato di indicare la soluzione della crisi, attraverso un nuovo governo che rappresenti l’unità sostanziale del Paese in un momento di emergenza oppure restituire la parola agli italiani”.
Salvini: “Andare al voto per 5 anni legittimati” – “Usiamo le prossime settimane per ridare la parola al popolo”. Lo chiede il leader della Lega, Matteo Salvini, in un videomessaggio diffuso dopo l’annuncio delle dimissioni del premier Giuseppe Conte previste per martedì mattina. Con un ritorno alle urne, continua Salvini, “avremo cinque anni con un governo e un Parlamento seri e legittimati, non scelti a Palazzo ma scelti dagli italiani”.
La decisione del premier prima del voto sulla relazione Bonafede – Sono stati giorni di febbrili trattative gli ultimi passati da Giuseppe Conte e dalla maggioranza che sostiene il governo Conte bis. Dopo la maggioranza assoluta incassata alla Camera, era stato il voto al Senato, a cui erano mancato i 17 voti di Italia Viva, a far capire che il sentiero del governo si era fatto troppo stretto. I 156 sì di Palazzo Madama non sarebbero bastati giovedì, con il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, atteso in Senato per la consueta relazione di inizio anno sulla Giustizia. Senza i voti di IV, e senza quello dei centristi, oltre ad esempio a quello di Sandra Lonardo, di Nencini e Casini, non c’è maggioranza. Quindi, dimissioni. L’ipotesi che circola negli ambienti parlamentari adesso è che le consultazioni si svolgano tra mercoledì pomeriggio e giovedì. E una delle opzioni più accreditate è che Mattarella dia il mandato esplorativo a una figura istituzionale e non direttamente l’incarico al premier uscente.
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Con le dimissioni del premier si aprono tutta una serie di passaggi istituzionali, di cui il Quirinale è il baricentro, legati alla crisi di governo. Eccoli, in breve.
Il Colle
Quando il presidente della Repubblica riceve le dimissioni del premier può decidere, dopo consultazioni dei gruppi parlamentari, di conferire un mandato esplorativo ad un personaggio istituzionale (nel 2018 Mattarella lo conferì ai presidenti di Camera e Senato), o dare il mandato pieno o esplorativo al presidente del Consiglio uscente (che accetterebbe con riserva), oppure direttamente avviare proprie consultazioni al Quirinale: con i presidenti delle Camere, i rappresentanti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato ed il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Le consultazioni gli servono per constatare la situazione e, di conseguenza, assumere decisioni sulla nomina di un nuovo presidente del Consiglio o, eventualmente, sul conferimento di un altro mandato esplorativo. L’ultima ratio, in caso di impossibilità accertata di formare un nuovo esecutivo, è che decida di sciogliere le Camere per andare ad elezioni.
Affari correnti
Con le dimissioni, e fino al giuramento di un nuovo Esecutivo nelle mani del Capo dello Stato, il governo uscente rimane in carica per lo svolgimento degli affari correnti. Tra questi rientra l’eventuale emanazione di decreti legge in casi di necessità ed urgenza.
Il Parlamento
In mancanza del rapporto fiduciario, con la crisi di governo si ferma tutta l’attività parlamentare, eccetto che per gli atti urgenti come la conversione dei decreti legge in scadenza. L’attività ordinaria delle Camere riprende solo dopo che il nuovo Esecutivo avrà incassato la fiducia da entrambe le Camere.
La relazione sulla giustizia
In base alla riforma della legge sull’Ordinamento giudiziario del 2005, entro il ventesimo giorno dalla data di inizio di ciascun anno giudiziario, il ministro della Giustizia rende comunicazioni (cui segue un voto) alle Camere sull’amministrazione della giustizia nel precedente anno.
La relazione (in calendario alla Camera per mercoledì 27 n) è di fatto propedeutica alla inaugurazione dell’Anno Giudiziario in Cassazione. Tuttavia, si registrano due precedenti di relazioni presentate ma non votate. Il primo è stato nel 2008, quando l’allora Guardasigilli Clemente Mastella si recò in Aula a Montecitorio per tenerla a poche ore dall’arresto (ai domiciliari) della moglie Sandra Lonardo. Mastella parlò alla Camera ed andò a dimettersi, per cui non ci fu un voto sulla relazione. L’unico precedente di relazione tenuta durante un governo dimissionario risale, invece, all’epoca di Mario Monti nel 2013. Si decise in quella occasione di dare per assolto l’obbligo con la semplice trasmissione della relazione alle Camere senza svolgere le comunicazioni in Aula.