(WSC) ROMA – Nella abituale gazzarra per le nomine dei sottosegretari, dopo giorni di dure trattative, il neo premier Mario Draghi – deludendo le aspettative di chi si aspettava un approccio da tecnico geniale e super partes – ha premiato Bruno Tabacci, il quale si insedia a Palazzo Chigi con la delega al coordinamento della politica economica. Una carica molto importante a cui avrebbe dovuto andare qualcun altro. Una poltrona che ha un significato preciso (oltre a rispettare con il bilancino da Prima Repubblica gli appetiti del sottobosco politico): il governo Draghi non solo conferma di essere smaccatamente di destra, per di più non ha alcuna intenzione di mettere la tassa patrimoniale sulla casa, come da più parti – le parti non in conflitto di interessi – si suggerisce per risanare i disastrosi conti di bilancio della Repubblica Italiana.
Tabacci è un ex democristiano, ex deputato DC, ex assessore, ex molte altre cose, seguire tutte le sue peripezie ai margini della politica sarebbe troppo lungo, qui citiamo da Wikipedia solo gli ultimi passaggi della sua intricata storia politica:
L’anno con la Bonino e il nuovo percorso a sostegno di Conte
Di fronte al rischio per Emma Bonino di non partecipare con la sua nuova lista +Europa alla coalizione di centro-sinistra in vista delle elezioni politiche, il 4 gennaio 2018 Tabacci mette a disposizione il simbolo di Centro Democratico così da esentarla dalla raccolta firme avendo lui formato il suo gruppo in Parlamento dopo le scorse elezioni. Si candida e viene rieletto con la coalizione di centro-sinistra nel collegio uninominale Lombardia 1 – 12 (Milano). Eletto vice coordinatore, l’8 agosto dello stesso anno lancia insieme a Benedetto Della Vedova e alla Bonino il tesseramento che dovrà portare +Europa da cartello elettorale a soggetto politico; il congresso si terrà nel gennaio 2019. Dal 23 giugno dello stesso anno è Presidente del partito. Il 27 settembre dello stesso anno lascia Più Europa insieme al Centro Democratico non condividendo la decisione del partito di porsi all’opposizione del Governo Conte II.
Il 25 novembre 2020 Bruno Tabacci, unico esponente in parlamento di Centro Democratico, cambia la denominazione del gruppo parlamentare dopo l’ingresso di Elisa Siragusa proveniente dal Movimento 5 Stelle, oltre alla permanenza del deputato Alessandro Fusacchia anch’esso fuoriuscito da +Europa. La componente assume la denominazione Centro Democratico-Italiani in Europa, in merito al fatto che Fusacchia e Siragusa sono stati eletti entrambi nella circoscrizione ESTERO A (Europa). Nel gennaio 2021, in seguito al ritiro dei ministri di IV dal Governo Conte II, aderiscono alla componente diversi deputati del Movimento 5 Stelle, Carmelo Lo Monte (ex Lega), Renata Polverini (da Forza Italia) e Daniela Cardinale (ex PD) mentre al Senato il 27 gennaio con l’adesione dell’ex M5S Gregorio De Falco nasce la componente del Misto Europeisti-MAIE-Centro Democratico.
La domanda resta: perché con la scelta di Tabacci in un posto chiave di governo, Draghi fa capire che non ha intenzione di introdurre la patrimoniale?
Risposta: perché Tabacci ha ancora legami con quella che per dieci anni è stata la sua ex “fidanzata” (o compagna?) molto patrimonializzata, in termini di immobili. Si tratta di Angiola Armellini, erede di un vastissimo impero immobiliare.
Angiola Armellini, la signora delle 1.243 case: “Errori sì, ma non sono la Regina degli evasori”
di PAOLO BOCCACCI (pubblicato da La Repubblica)
Parla l’erede di un impero immobiliare accusata di aver nascosto al fisco due miliardi di euro. “Non possiedo tutta quella ricchezza”
ROMA – Lunedì è corsa all’Agenzia delle Entrate. Martedì ha risposto alle domande del pubblico ministero. Ora è seduta nell’ufficio del suo avvocato, nel cuore del quartiere romano dei Parioli. Alta, un cappotto scuro, un maglioncino grigio, gli orecchini di perle, è erede dell’impero immobiliare creato dal padre Renato dagli anni Sessanta, è accusata da un’inchiesta della Finanza di aver nascosto al Fisco circa 2 miliardi di euro e di non aver pagato Ici e Imu per 1.243 appartamenti a Roma.
Le accuse sono pesanti.
“Non posso aver nascosto al fisco un patrimonio di 2 miliardi di euro, perché non ho simili ricchezze. È la Guardia di Finanza ad affermare che possiedo un patrimonio di circa 200 milioni di euro. Secondo la Finanza ogni anno, per dieci anni, avrei dovuto indicarlo nella mia dichiarazione, perché le holding sono in Lussemburgo: quindi 200 milioni per dieci anni fa 2 miliardi. Quanto alle imposte, quelle locali, come tutte le altre imposte, le pagano le società, a me riferibili, proprietarie degli mmobili”.
Ma quante case possiede davvero a Roma: mille, diecimila, decine di migliaia?
“Sono titolare di quote in società immobiliari, che espongono in bilancio il patrimonio. Gli immobili non possono essere fantasmi. Le mie società hanno circa 1.200 appartamenti a Ostia, tre alberghi e qualche palazzo che ospita uffici”.
Si parla di capitali nei cosiddetti Paesi a fiscalità privilegiata, come Principato di Monaco, Lussemburgo, Bahamas.
“Dalla morte di mio padre ho ereditato la situazione più o meno a tutt’oggi esistente. Forse ho sbagliato a non modificarla. Però tutte le società a me riferibili hanno sempre avuto una sede secondaria in Italia: dichiarano i propri redditi in Italia e pagano in Italia le relative imposte. Non ho mai avuto altre ricchezze in paradisi fiscali “.
Significa che le tasse le paga all’estero e poi di nuovo in Italia?
“No, la società lussemburghese ha pagato soltanto per i redditi degli immobili posseduti in Italia. In Lussemburgo non sono tassati”.
Gli investigatori le contestano di aver anche spostato, dal 1999 al 2010, la sua residenza nel Principato di Monaco, mentre abitava all’Eur e poi in un palazzo del centro di Roma. È vero?
“In realtà mi sono trasferita a Montecarlo nel 1989 e non nel 1999, quando nacquero i miei figli che hanno frequentato lì tutte le scuole dell’obbligo. Non è vero che ho fissato la mia residenza all’estero per motivi fiscali, ma per motivi di sicurezza, avendo subito personalmente un tentativo di sequestro e mio padre un sequestro durato nove mesi. Alla fine ho dovuto scegliere e sono tornata definitivamente”.
I finanzieri le hanno disconosciuto dieci scudi fiscali presentati nel 2009.
“Sono una cittadina che ha aderito ad un condono fiscale e che ha pagato più di 6 milioni di euro per sanare la detenzione di partecipazioni in società lussemburghesi. La Finanza afferma che quegli scudi dovevano essere fatti in mio nome, e non dai trust. Il mio commercialista, diversamente dalla Finanza, disse che ero tenuta a scudare i trust. Non avevo allora e non ho oggi la competenza tecnica necessaria per giudicare”.
Lei è stata sempre molto vicina a suo padre, il costruttore che dal dopoguerra al 1993 – anno in cui è morto – ha edificato gran parte di tanti quartieri intensivi romani, dall’Aurelio alla Magliana, al tempo delle giunte Dc: che rapporti ha avuto la sua famiglia con la politica?
“C’è chi dice che se mio padre ha avuto i problemi che ha avuto, è stato proprio a causa della sua mancanza di relazioni politiche”.
È considerata una delle regine dei salotti romani. Quali sono i suoi rapporti con i politici della città?
“Le regine dei salotti romani sono altre e fanno esclusivamente mondanità. Io lavoro, ho due figli e molti amici, che qualche volta ho avuto il piacere di ricevere. Null’altro”.
Il sindaco Marino ha dichiarato che il Comune chiederà di incassare Ici e Imu non pagati.
“Marino nei titoli dei giornali parla di 3,6 milioni. Ho già dato disposizione di regolare tutte le posizioni di tutte le società nei confronti del Comune, sebbene il Comune stesso sia debitore delle mie società immobiliari per importi addirittura superiori per indennità di esproprio, danni per abusi, occupazione e altro”.
Ma allora è vero che deve pagare Ici e Imu evase al Comune.
“No, il Comune manda gli avvisi bonari di pagamento che poi vengono inviati a Equitalia, alla quale risultano due milioni, che abbiamo già definito rateizzando. Il problema è che, come tutti gli imprenditori, vanto dal Comune crediti per 16 milioni non saldati “.
È vero che l’appartamento in cui abita, attico e superattico a palazzo Alberini, non è accatastato come “civile abitazione”?
“Abito in un immobile di proprietà di società riferibili a me, accatastato come ufficio: non mi risulta sia vietato. Altro problema è il benefit che mi viene contestato perché non denunciato”.
Quando aveva 16 anni sfuggì ad un rapimento davanti al Santa Maria, la sua scuola, e poi ha assistito a quello di suo padre. Che cosa ricorda di questi drammi?
“Quando sono nati i miei figli non volevo che rimanessero a Roma, perché avevo paura. Posso dire che, all’epoca, tanta gente, come me, decise di andarsene definitivamente dall’Italia. E non è gradevole, per chi ha le mie esperienze alle spalle, vedere in televisione la casa dove vivo. Spero non succeda niente, né a me né ai miei figli. E mi dispiace che tutto questo clamore abbia causato danno anche alle mie sorelle”.
Il suo ex compagno Bruno Tabacci, in un’intervista dove gli veniva chiesto di parlare del caso dell’inchiesta della Finanza su di lei, ha risposto che non voleva “sparare sulla Croce Rossa”.
“È stata una persona molto importante nella mia vita, per dieci anni. Ma sono fatti privati. Sono sicura che il senso delle sue parole, come nel caso della mia vicenda, sia stato travisato. Ha sempre dimostrato apprezzamento e rispetto per me e per le mie attività”.
Su Bruno Tabacci ha scritto un ritratto Giancarlo Perna per “La Verità”:
Chissà che ne verrà fuori di questo articolo frutto di un doppio disadattamento: io non sono in grado di parlare di Bruno Tabacci, inafferrabile più del mercurio, e Tabacci non doveva fare politica perché non ci capisce un piffero. Era nato, l’ onorevole Tabacci, per auto contemplarsi e non per sottoporsi, come ogni politico, al consenso del prossimo che disprezza con tutta l’ anima.
EGO SMISURATO
BRUNO TABACCI
La sua natura lo portava a isolarsi in una torre d’ avorio, attrezzarla di piscina per camminare sulle acque, parlarsi allo specchio dandosi del lei. E, se posso aggiungere, farsi crescere una barba da profeta sola figura, tra cielo e terra, degna di lui. Invece è glabro, Tabacci.
Bell’ uomo di 71 anni, è entrato da protagonista nella cronaca rosa perdendo di vista la Storia alla quale era destinato. Un paio d’ anni fa, i siti specializzati lo descrissero «infatuato come un adolescente di una rampante signorina meridionale», di 30-40 anni minore di lui. In precedenza, era stato messo in croce dalla stampa perché un’ illustre ex fiamma, l’ immobiliarista romana Angiolina Armellini, aveva celato al Fisco 1.243 appartamenti con un’ evasione stimata di 2 miliardi. I cronisti ne chiesero ragione a Tabacci, nonostante la fine della relazione.
ANGIOLA ARMELLINI
Divenne così di pubblico dominio il vecchio flirt, noto fin lì alla sola cerchia dei vip. Il politico fu subito guardato con altri occhi. Alla sua fama di burbero integerrimo si aggiunse quella di mandrillone. Tanto più che era sposato con due figli (grandi). I giornalisti, dicevo, volevano sapere da lui se fosse a conoscenza dei presunti pasticci di Angiolina e insinuavano qualche sua complicità. La replica di Tabacci fu sublime: «La signora era una bella donna e io non ero il suo commercialista». Ossia, avevamo ben altro da fare che guardare conti. Da allora, Bruno è un mito.
USCÌ PULITO DA TANGENTOPOLI
I lettori staranno già pensando che, poiché mi perdo in quisquilie, non sappia cosa dire di Tabacci. È vero il contrario: ho troppo da dire, ma confuso e non so da dove cominciare. Nato a Quistello, in quel di Mantova, Bruno si iscrisse a 19 anni alla Dc. La sua era la Dc lombarda di sinistra, guidata da Giovanni Marcora. «Mio unico maestro», dice oggi di lui. Morto Marcora, fu preso sotto l’ ala dall’ avellinese Ciriaco De Mita, pure lui della sinistra.
MARXISTI PER TABACCI
Incantato dalla competenza finanziaria del quistellano (laurea in Economia a Parma), lo promosse a 41 anni presidente della regione Lombardia (1987-1989) e, 3 anni dopo, deputato nella breve legislatura di Tangentopoli (1992-1994). Pareva l’ inizio di una strepitosa carriera. Bruno, invece, finì nel tritacarne giudiziario, accusato di corruzione. Era innocente ma mise 7 anni a dimostrarlo, uscendo dalla vicenda a testa alta ma già imbiancata. Tornò a Montecitorio nel 2001 ed è tuttora lì, con ormai 5 legislature alle spalle. E ora andiamo al nocciolo. Quello che ha fatto da deputato negli ultimi 16 anni non è dicibile ma solo, per così dire, siglabile.
LA RUMBA DEI PARTITI
GIOVANNI MARCORA
Estinta la Dc, fu eletto nel 2001 con l’ Udc, alleata di Fi e centrodestra, allora noto come Casa della libertà. Nel 2006, è ancora nell’ Udc ma già contrario al Cav e simpatizzante del centrosinistra del premier, Romano Prodi, leader della Quercia. Nel 2008, abbandona l’ Udc, fonda la Rosa bianca (detta pure Rosa per l’ Italia) con Mario Baccini e l’ ex capo della Cisl, Savino Pezzotta. Nello stesso anno, rientra nell’ Udc, senza lasciare la Rosa bianca e aderisce all’ Unione di centro. Nel 2009, in disaccordo con Baccini, lascia Rosa bianca e Unione di centro, per fondare Alleanza per l’ Italia con l’ ex radicale ed ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli.
Nel 2012, si candida alle primarie del Pd come antagonista di Pierluigi Bersani, Matteo Renzi, Laura Puppato, tutti del Pd, e Nichi Vendola, di Sel. Arriva quinto su 5. Gasato dalla sconfitta, accolta come prova di essere un politico per pochi palati fini, fonda Per l’ Italia-Centro democratico. Contemporaneamente lascia il gruppo misto, dove in genere staziona per l’ impossibilità di farne uno proprio come rappresentante unico delle sue fantasiose sigle.
ASSESSORE (GRATIS) DI PISAPIA
Saltabeccando, si ritrovò a fare – mentre nel contempo sedeva sul seggio di deputato – l’ assessore al Bilancio di Milano nella giunta del vendoliano Giuliano Pisapia, cui è legato da simpatia umana. L’ esperienza, a titolo gratuito, durò 2 anni (2011-2012). Nel 2013, si ricandidò a Roma con il medesimo Centro democratico fondato mesi prima, stupendo per la costanza. Nel 2014, stufo del tran tran di Montecitorio, si presenta alle elezioni Ue e crea per l’ occasione, Scelta europea. È trombato.
CIRIACO DE MITA
Oggi – fino alle 17 di ieri, quando ho chiuso l’ articolo – è di nuovo nel gruppo misto con la sigla Democrazia solidale. Ideologicamente sostiene il liberalismo-sociale, ossia un ossimoro; appoggia il governo Gentiloni e insieme Matteo Renzi capo del Pd, cioè un altro ossimoro; in periferia, coltiva alleanze con giunte Pd, Verdi, Sel, Italia di Valori, Scelta civica (ex montiani), in base agli umori.
AVVISTATO CON I RADICALI
Per riassumere. È passato dal centro delle sue origini, alla destra berlusconiana, poi di nuovo al centro, per assestarsi stabilmente a sinistra. Ora, in vista della nuova legislatura, studia come e con chi ricandidarsi. Nei giorni scorsi, è stato avvistato tra i radicali italiani, seguaci della turbantata Emma Bonino. Gli esperti fantasticano già di future alleanze. Oddio, non è l’ ideale per chi viene dalla Dc. Dagli aborti boniniani in cui i feti erano aspirati con pompe di bicicletta, all’ eutanasia libera di Marco Cappato, siamo all’ opposto del cattolico, sia pure adulto. Tuttavia, l’ agilità fin qui mostrata dal Nostro, autorizza a tutto. Tanto che, per prenderlo in giro, gli avversari ammirati dai suoi giri di valzer, polke e mazurke, parlano già di liste «marxisti per Tabacci».
FEDERICA GAGLIARDI DA FACEBOOK
Bruno è un uomo che si fa stimare per l’ adamantina onestà pecuniaria. Ma anche per la bruschezza con cui rompe amicizie ed esce dai partiti se qualcuno lo delude. Non è uno che sparla alle spalle. Ti spacca il muso. Nel 2001, Silvio Berlusconi lo ha rilanciato ospitandolo nel centrodestra quando era politicamente finito.
Tabacci non gli è mai stato grato. Da un lato, lo ha considerato un bauscia indegno della sottile arte del governo. Dall’ altro, un usurpatore da Palazzo Chigi nel ruolo che avrebbe dovuto essere suo.
Così, dopo due anni di convivenza, ha istigato Marco Follini, allora segretario dell’ Udc, a rompergli le scatole da mattina a sera. Quando però Follini, la testa piene delle paturnie tabacciane, lasciò l’ Udc per il nascente Pd, Bruno, giudicando la mossa troppo di sinistra, ruppe l’ amicizia.
Ce n’ è una marea di cose così. Nel 2008, piantò l’ Udc, perché Pier Ferdinando Casini si appiattiva sul Berlusca. L’ anno dopo, uscì dalla Rosa bianca appena fondata, perché il cofondatore, Baccini, si era anche lui riavvicinato al Cav.
1.235 VOTI ALLE ULTIME ELEZIONI
Insomma, pianta, si riappacifica, va per nuovi lidi, in base all’ uzzolo. Che il popolo lo abbia eletto per quel partito e per una specifica politica, se ne impipa. Ergo, a dargli il voto sono rimasti quattro gatti: 1.235 in una recente elezione milanese. Ma Tabacci è sereno. Più prende batoste, più prova l’ orgoglio di sentirsi un prodotto di nicchia. Ditemi voi, per tornare all’ inizio, se questo è un politico facile da descrivere.