(WSC) ROMA – Un patto rimasto fino ad ora riservato. Con tre protagonisti: Beppe Grillo, Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti. E un solo obiettivo: “Non far vincere la destra”. Alle prossime elezioni regionali di fine settembre. Dalla Liguria alle Marche fino alla Puglia e alla Campania inseguendo il “modello Emilia” e l’escamotage del “voto disgiunto”. Una vera e propria forma di “desistenza attiva”.
L’ipotesi di un patto segreto di “desistenza” alle elezioni regionali di settembre tra Beppe Grillo, Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti per battere la destra provoca la reazione del leader dell’opposizione Matteo Salvini. Che accusa: “Quando pensano queste cose vuol dire che hanno capito che perdono. In Liguria, in Puglia: quando cercano le ammucchiate dei diversi, hanno capito che perdono”. E conclude: “Firmo oggi l’idea del fatto che alle Regionali e alle amministrative di settembre ci sarà un forte segnale di cambiamento da parte degli italiani. Quindi possono mettersi d’accordo Conte, Grillo, Di Maio, Renzi e Zingaretti, ma non cambia nulla”.
L’idea un accordo di desistenza, che potrebbe essere un primo passo di trasformazione della coalizione governativa in un’alleanza elettorale più strutturale, lascia per ora freddi i grillini, specialmente quelli più vicini alla corrente “ribelle” di Alessandro Di Battista. Il deputato Pino Cabras non ha nulla da dichiarare. La vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni si limita a commentare: “Mi adeguo alle scelte migliori per ciascun territorio”.
Il Pd invece rilancia l’alleanza con il M5s con il segretario Zingaretti che, a margine di un evento Facebook sull’Abruzzo, ribadisce: “Dobbiamo essere la forza più unita e unitaria. Dobbiamo parlare alle persone. E lo dobbiamo fare perché c’è una destra che è molto più divisa di chi Governa oggi l’Italia, ma che si presenta unita alle elezioni. Da noi questo meccanismo non scatta: quello di rivendicazione della propria identità. Io non sono dei 5 Stelle. A loro oggi dicono che sono subalterni a noi, a noi che lo siamo a loro. Sapete perché lo fanno? Perché hanno paura che per il bene dell’Italia si trovino dei punti in comune. Questa è un’altra grande battaglia che va fatta giorno dopo giorno. Il radicamento avviene nelle strade e le piazze. La tv e i social contano ma le opinioni cambiano se una persona incontra un’altra persona nella strada”.
Fatto sta che in Liguria l’ok del Movimento a Ferruccio Sansa è già di fatto l’applicazione del patto di desistenza. Ma ci sono anche Marche, Puglia e Campania, mentre in Veneto e Toscana l’apporto cinquestelle non è considerato determinante dal Pd. La soluzione parrebbe il ricorso al voto disgiunto, come è già accaduto in Emilia Romagna per Stefano Bonaccini che ha vinto contro la candidata di Salvini.
Ma Italia Viva resta critica su un accordo fra dem e cinquestelle, come afferma Matteo Renzi nella sua Enews: “In liguria il Partito Democratico ha scelto di stare insieme ai Cinque Stelle candidando un giornalista del “Fatto Quotidiano” che ha insultato tutta la classe dirigente del Pd ligure e nazionale per anni. Quella coalizione è una resa incondizionata dei riformisti liguri e italiani al populismo giustizialista. Noi andremo da soli. Come faremo in Puglia, dove il populismo viene rappresentato dalla leadership di Michele Emiliano. E dove Ivan Scalfarotto ha iniziato una battaglia difficile ma coraggiosa. E doverosa”.
Fonte: La Repubblica