LEGGI – Macron genio dell’Eliseo e gli elogi degli italioti (dai giornaloni a Renzi)
LEGGI – Il deputato Pierre-Yves Cadalen: “Macron ora deve dimettersi”
Le Pen aveva annunciato di unire i suoi voti a quelli del Nfp e da allora l’esito del voto era diventato inevitabile. Il governo Barnier “era una provocazione e cade nel disonore”, ha commentato Mathilde Panot, capofila della France Insoumise in Assemblea, subito dopo il voto, chiedendo le dimissioni di Macron: “Il solo sovrano in Repubblica è il popolo”. Marine Le Pen ha parlato di “momento della verità: è la fine di un governo effimero. Abbiamo scelto di proteggere i francesi, era la sola scelta possibile. Era un budget tossico per i francesi. La politica peggiore sarebbe stata di non censurarlo”.
La stampa paragona lo scenario della sfiducia a un “salto nel buio”: cosa succederà adesso? Il Paese rischia lo shutdown all’americana? Tasse, spread, tassi di credito esploderanno come dice Barnier? I mercati finanziari puniranno Parigi? La situazione è inedita in Francia: il solo precedente risale al 1962 quando, sotto la presidenza di Charles de Gaulle, la sfiducia del Parlamento fece cadere il governo di Georges Pompidou. All’epoca il generale sciolse l’Assemblea e nominò un nuovo governo (che affidò allo stesso Pompidou), un’opzione che però per Macron non è costituzionalmente possibile oggi, dal momento che, avendo già sciolto l’Assemblea sei mesi fa, non può ancora indire nuove Legislative. Ma spetta a lui trovare una soluzione al caos.
Stando ai media francesi, il presidente, di rientro dalla visita in Arabia Saudita, dovrebbe nominare il nuovo premier in 24, 48 ore al massimo, prima del fine settimana, quando sono attesi a Parigi una cinquantina di capi di Stato, Donald Trump compreso, per la riapertura della cattedrale di Notre-Dame. Si starebbe preparando Sébastien Lecornu, attuale ministro della Difesa, che qualcuno avrebbe già visto appuntare una bozza di lista di ministri. Si parla anche del centrista François Bayrou. Alcuni macronisti, tra cui l’ex premier Gabriel Attal, propongono un “patto di non censura”, una sorta di accordo di non aggressione, che vada dalla destra repubblicana ai socialisti.
La sinistra rilancia il nome di Lucie Castets, già candidata premier dopo le Legislative. Chi ha realizzato il suo calcolo politico è Marine Le Pen: Barnier è caduto nella sua trappola, cedendo ad alcune delle sue richieste sul Bilancio, dall’aumento delle tasse sull’elettricità alla riduzione dei rimborsi su alcuni medicinali, lasciandole assaporare questo momento in cui, davanti alla Francia, l’ago della bilancia era lei.
Molti osservatori ritengono che la leader Rn, che rincorre l’Eliseo ma rischia l’ineleggibilità nel caso dei falsi assistenti al Parlamento Ue, abbia interesse a far precipitare gli eventi, puntando sulle dimissioni di Macron e le Presidenziali anticipate. Opzione che il presidente esclude. Macron si rivolge stasera ai francesi in tv alle 20. E proprio oggi, previsto da giorni, è sciopero nazionale. Il corteo parigino parte alle 14.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato da Il Fatto Quotidiano, che ringraziamo