(WSC) ROMA – Non sarà un politico di mestiere, il professor Mario Draghi dimostra di averne però la vocazione. Un simile esercizio di equilibrio lo avrebbe applaudito persino Andreotti e i fatti confermano che il mai dimenticato Cencelli aveva ragione nel profetizzare uso a man bassa del suo antico ma sempreverde manuale. Solo che qui il compito era molto più difficile del «semplice» bilanciamento tra le forze di una maggioranza, trattandosi anche di non far pendere troppo la bilancia tra tecnici e politici, continuità e discontinuità, uomini e donne nonché tra i partiti della ex maggioranza e quelli della ex opposizione.
IL LAVORO DI DRAGHI è stato egregio e certo gli ha dato una mano il capo dello Stato, che di suo ha chiesto solo due conferme in nome della continuità, quella di Lamorgese agli interni e Guerini alla Difesa, ma qualche consiglio anche sulle altre caselle lo avrà pur dispensato. La continuità è assicurata del resto anche dalla permanenza di Di Maio e Speranza agli Esteri e alla Salute.I
l nodo più delicato era quello della composizione mista del governo. Su 23 ministeri i politici sono 15 e 8 i tecnici. La prevalenza delle forze politiche è però più apparente che reale. Draghi intendeva tenere in mano l’intera tolda di comando per quanto riguarda la gestione del Recovery attraverso nomine tecniche di sua fiducia e lo ha fatto: Franco all’Economia, Colao all’Innovazione, Roberto Cingolani alla Transizione ecologica che accorperà però non solo le competenze già del Mise sull’energia ma anche il coordinamento dell’intero Recovery in materia ecologica ed energetica: di fatto una delle due colonne, con il Mef, su cui poggia il governo. Ma vanno a un tecnico, Giovannini, anche i Trasporti e le Infrastrutture, altro ministero centrale sia per la transizione che per il Recovery, oltre alla Giustizia con Marta Cartabia, l’Istruzione con Patrizio Bianchi e l’Università con Cristina Messa. Ci sono poi due postazioni nevralgiche in più che aumentano il peso della gestione tecnica di Draghi.
Il sottosegretario alla presidenza, importante quanto e più di un ministro, sarà Roberto Garofoli, vittima di una campagna poi dimostratasi del tutto infondata del M5S che, nel dicembre 2018, lo costrinse a lasciare il ruolo di capo di gabinetto al Mef. A suggerire il suo nome, e pare con determinazione, è stato proprio Grillo, forse per riparare a quel torto. Nella lista di Draghi non c’è poi il ministro per gli Affari europei: sarà quasi certamente nominato un sottosegretario ma di fatto quelle funzioni saranno assolte dallo stesso premier.
TRA I PARTITI SOLO IL M5S, come partito di maggioranza relativa in parlamento, ottiene 4 dicasteri. Oltre a Di Maio ci sono anche Patuanelli, spostato dal Mise a un ministero sempre pesante come l’Agricoltura, e Fabiana Dadone, che però lascia la Pa per le politiche giovanili, e D’Incà, confermato ai Rapporti con il parlamento. Con Elena Bonetti che torna alle Pari opportunità e Famiglia, unica rappresentante di Iv, e il capodelegazione Pd Franceschini alla Cultura sono così ben 9 i ministri del Conte bis che siederanno ancora nel cdm, 7 dei quali nelle stesse postazioni. Il Pd piazza anche Orlando al Lavoro e anche questo è un esempio di Cencelli appunto da manuale, dal momento che sono rappresentate le tre aree del Pd ciascuna delle quali, se lasciata a secco, avrebbe fatto fuoco e fiamme.
Il partito la cui presenza ha provocato un’impennata nelle vendite di Maalox, la Lega, c’è, e non poteva essere altrimenti, ma con posti tali da soddisfare sia Salvini che chi temeva una presenza troppo incombente del Carroccio. A Giorgetti va il Mise, ma senza l’Energia: dovrà vedersela con le crisi aziendali e non sarà una passeggiata. Garavaglia guida un ministero destinato a primeggiare e a conquistare il portafogli, quello del Turismo. In tutte le consultazioni Draghi ha ripetuto di considerare quel settore fondamentale perché le aziende che operano su quel fronte non saranno mai decotte e necessitano dunque di un sostegno non limitato ai sussidi. Erika Stefani, ex ministra agli Affari regionali, era forse l’ingresso leghista più temuto dalla ex maggioranza. Ma il ministero per la Disabilità stempera ogni tensione e allo stesso tempo appaga Salvini che aveva insistito moltissimo sulla sua resurrezione.
LA SORPRESA È IL RUOLO eminente assegnato a Fi. Mara Carfagna al Sud, Maria Stella Gelmini alle Regioni, posizione essenziale a fronte di una pandemia che durerà ancora a lungo e soprattutto Brunetta alla Pa. La nomina del bellicoso forzista su quel fronte delicatissimo è di certo l’elemento inquietante di questa squadra. Su un fronte Draghi non la ha spuntata. Avrebbe voluto la parità di genere. Si è dovuto accontentare di 8 donne. Da quel punto di vista l’impermeabilità dei partiti italiani è a prova di drago. Il giuramento al Quirinale si terrà oggi alle 12.
Fonte: Il Manifesto, che ringraziamo
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Draghi, il governo “dei competenti”? Con il manuale Cencelli. I ministri: 15 politici e 8 tecnici. Quattro del M5s, 3 di FI, Pd, Lega. Uno per Iv e Leu. Le novità: Cingolani e Colao a ecologia e digitale
Conferme, ritorni e proporzioni: i numeri del governo Draghi – La proporzione tra tecnici e politici è di uno a due: i primi sono otto, i secondi 15. Sono i tecnici, però, a guidare i ministeri chiave. Quattro ministeri vanno al Movimento 5 stelle, principale gruppo politico in Parlamento. Tre dicasteri vanno invece a esponenti della Lega, di Forza Italia e del Pd: partiti che nel 2018 avevano eletto tutti più o meno lo stesso numero di parlamentari. Ai gruppi più piccoli – Italia viva e Leu – resta un ministero a testa. Dopo tanti annunci le donne sono solo otto su ventitré poltrone in totale: poco più di un terzo. L’età media si alza a 54 anni, dopo i 48 del Conte 2 e i 47 del Conte 1 (il secondo più giovane della storia repubblicana). Non entrano i leader di partito, ma i numeri due (per il Pd Andrea Orlando, per la Lega Giancarlo Giorgetti). Nove i ministri confermati dal precedente esecutivo, anche se qualcuno per motivi di parcellizzazione deve cambiare delega, mandando in fumo un anno e mezzo di esperienza. Rientrano al governo anche tre leghisti che sedevano già nell’esecutivo gialloverde, mentre tre esponenti di Forza Italia tornano a fare i ministri a dieci anni dall’ultima volta. Ma andiamo con ordine.
Europa e Recovery in mano a premier e tecnici – A nove giorni dall’incarico ricevuto da Sergio Mattarella, Draghi è salito al Colle per sciogliere la riserva e sottoporre la lista dei ministri al presidente della Repubblica. Che l’ha approvata, firmando i decreti di nomina: il giuramento è previsto per sabato 13 febbraio alle ore 12. Il premier è poi uscito per leggere alla stampa la lista dei componenti dei suoi governi. I dicasteri sono praticamente identici a quelli del governo Conte. Non c’è più il ministero per gli Affari europei, mentre i dicasteri chiave per la gestione del Recovery plan sono tutti affidati a tecnici: segno che Draghi intende tenere per sé e per le persone di sua fiducia sia i rapporti con l’Europa che la stesura del delicato piano di fondi europei.
I tecnici: da Cingolani a Colao – Il cambiamento principale è quello legato al ministero che suscitava maggior interesse nell’opinione pubblica: quello alla Transizione energetica, chiesto da Beppe Grillo come condizione per l’appoggio del M5s. Il nuovo dicastero prende il posto del ministero dell’Ambiente, che assorbirà le competenze in materia energetica al momento assegnate agli altri ministeri. Il titolare del nuovo dicastero presiederà anche un comitato interministeriale che sarà creato per la transizione energetica. Un ruolo delicato per il quale la scelta di Draghi è finita sul fisico Roberto Cingolani, manager di Leonardo, che ha partecipato a Sum, il convegno annuale organizzato dalla fondazione Gianroberto Casaleggio. Ma è stato pure ospite della Leopolda di Matteo Renzi e di Vedrò, il vecchio think tank di Enrico Letta. In passato ha condotto una rubrica sulla web radio del fattoquotidiano.it. Un altro tecnico che era tornato di recente al centro delle cronache politiche è Vittorio Colao, il manager scelto da Conte per guidare la task force sulla ripartenza del post pandemia: da domani guiderà il ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Viene spoliticizzato pure il ministero della giustizia: sarà guidato da Marta Cartabia, ex presidente della Consulta nominata da Giorgio Napolitano. Eredita la poltrona di Alfonso Bonafede e una serie di riforme delicate e fondamentali anche in chiave Recovery plan. Tecnici sono pure Cristina Messa, ex rettrice della Bicocca che va all’Università, e Patrizio Bianchi, ex assessore regionale in Emilia Romagna e rettore di Ferrara, al quale invece va l’Istruzione. Alle Infrastrutture finisce Enrico Giovannini, già ministro con Mario Monti. Confermata la nomina all’Economia di Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia e fedelissimo di Draghi. In quota “tecnica” è pure una delle ministre riconfermate del passato governo: Luciana Lamorgese rimane a guidare il Viminale come fa nel 2019. All’epoca la scelta era stata di spoliticizzare il Viminale dopo l’ingombrante presenza di Matteo Salvini. Adesso la Lega governerà con la ministra che ha tanto attaccato in questi mesi.
La politica: tra conferme e new entry (e poche donne) – Poi ci sono i politici. Quelli confermati dal governo Conte 2 sono per il M5s Luigi Di Maio, che resta agli Esteri, Federico D’Incà, ai Rapporti per il Parlamento, Fabiana Dadone, che invece trasloca: lascia la Pubblica amministrazione e va alle Politiche giovanili. Cambia ministero pure Stefano Patuanelli, di professione ingegnere: lascia lo Sviluppo economico e va all’Agricoltura. Il Pd conferma Dario Franceschini alla Cultura – dal quale viene scorporato il Turismo – e Lorenzo Guerini alla Difesa. Entra al governo, al ministero del Lavoro, Andrea Orlando: per l’attuale vicesegretario del Pd è la terza volta da ministro dopo i precedenti all’Ambiente e alla Giustizia. Leu ottiene la conferma di Roberto Speranza alla Salute, mentre Italia viva, che aveva provocato la crisi facendo dimettere i suoi ministri, riporta di nuovo alle Pari opportunità Elena Bonetti: dopo meno di un mese, quindi, la renziana torna a sedersi sulla poltrona lasciata in polemica col governo Conte. Poi ci sono gli altri partiti, quelli che sono passati dall’opposizione alla maggioranza. La Lega di Salvini torna al governo e piazza Giancarlo Giorgetti, già sottosegretario del governo gialloverde, allo Sviluppo Economico. Erika Stefani, ministro degli Affari regionali del governo Conte 1, si siede sulla poltrona di ministra delle Disabilità, un dicastero creato dopo espressa richiesta di Salvini. Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia del governo gialloverde, torna al vertice del ricostituito ministero del Turismo. Anche per Forza Italia tre poltrone e tutte a tre a ex ministri, che però non fanno parte di un esecutivo dai tempi di Silvio Berlusconi: dopo le roventi polemiche del 2008/2011 Renato Brunetta si riprende l’incarico al vertice della Pubblica amministrazione. Mara Carfagna – già titolare delle Pari Opportunità – ottiene il Sud e la Coesione sociale, Mariastella Gelmini, contestatissima ministra dell’Istruzione di Berlusconi, va invece agli Affari regionali. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio sarà Roberto Garofoli, già capo di gabinetto del ministero dell’Economia che si dimise nel dicembre del 2018 in polemica con il Movimento 5 stelle.
Un governo del Nord – E se a livello politico Draghi ha stilato la sua lista seguendo il Cencelli, a livello geografico è andata diversamente. A prevalere nel nuovo governo è soprattutto il nord d’Italia, con una schiacciante maggioranza di 9 lombardi (Cartabia, Guerini, Giorgetti, Cingolani, Messa, Colao, Gelmini, Bonetti, Garavaglia). Il quadro delle regioni settentrionali si completa con una piemontese (Dadone), un ligure (Orlando), un friulano (Patuanelli), quattro veneti (Brunetta, Stefani, Franco e D’Inca, questi ultimi due originari di Belluno) e due emiliani (Franceschini e Bianchi, entrambi di Ferrara).Il centro Italia vede un laziale (Giovannini) e per il Sud quattro ministri: due campani (Di Maio, Carfagna) e due lucani (Speranza e Lamorgese, entrambi nati a Potenza).
Ecco la lista dei ministri del governo Draghi:
MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO
Sottosegretario alla Presidenza del consiglio: Roberto Garofoli
Ministro per i Rapporti con il Parlamento: Federico D’Incà (M5s)
Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale: Vittorio Colao (Tecnico)
Ministro per la Pubblica Amministrazione: Renato Brunetta (Forza Italia)
Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie: Mariastella Gelmini (Forza Italia)
Ministro per il Sud e la Coesione territoriale: Mara Carfagna (Forza Italia)
Ministro per le Politiche giovanili: Fabiana Dadone (M5s)
Ministro per le Pari opportunità e Famiglia: Elena Bonetti (Italia viva)
Ministero per le Disabilità: Erika Stefani (Lega)
MINISTERI COL PORTAFOGLIO
Ministero del Turismo: Massimo Garavaglia (Lega)
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Luigi Di Maio (M5s)
Ministero dell’Interno: Luciana Lamorgese (Tecnica)
Ministero della Giustizia: Marta Cartabia (Tecnica)
Ministero della Difesa: Lorenzo Guerini (Pd)
Ministero dell’Economia e delle Finanze: Daniele Franco (Tecnico)
Ministero dello Sviluppo Economico: Giancarlo Giorgetti (Lega)
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: Stefano Patuanelli (M5s)
Ministero per la Transizione Ecologica: Roberto Cingolani (Tecnico)
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: Enrico Giovannini (Tecnico)
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: Andrea Orlando (Pd)
Ministero dell’Istruzione: Patrizio Bianchi (Tecnico)
Ministero dell’Università e della Ricerca: Cristina Messa (Tecnica)
Ministero della Cultura: Dario Franceschini (Pd)
Ministero della Salute: Roberto Speranza (Leu)
Fonte: Il Fatto Quotidiano, che ringraziamo
robyuan
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peter pan
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Aglaia, ci sono mondi paralleli….
Mia moglie ed io festeggiamo tutto! Forse perchè mia moglie da giovane era poverissima e senza genitori ed io poverissimo pure e ora ci piace sentire il tepore del nostro affetto reciproco in ogni circostanza (nonostante l’età). Ho acceso il camino, una piantina di rose rosa che poi trapianterò in giardino un bel pranzetto e per noi è tutto!
PS Anche Chip, il mio cagnolino ha avuto la sua parte!
Ciao e a presto. Ah! Robyuan, si chiama Benito e viene da Predappio…. AhAhAhAh!!!!
Non è vero, Roberto va bene.
robyuan
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Intanto Buon S. Valentino, cosa ti regala il tuo maritino? Io di solito non attendo S. Valentino ma regalo dei fiori quando lei meno se lo aspetta, sono più graditi! Lei però so già che mi prenderà per la gola, non so come….
Sai che Draghi non potrà stare al Governo 5 anni, al massimo un paio e poi i partiti si riprenderanno il potere che hanno devoluto, causa carenze dovute a impreparazione, incompetenza, arroganza e, guarda caso anche superattaccamento a poltrone che non meritavano. Mi attendo un paio di scissioni, ma sai, ci vogliono anche i danè e c’è qualcuno che ha solo pezze al culo (scusa, matita rossa!).
La composizione io l’avrei preferita con ancor meno politicanti, però qualcosa bisognava concedere….solo una mi stà sul gozzo, ma purtroppo mi sa che l’hanno pretesa per non morire e magari perdere del tutto il potere ottenuto con 10 anni d’inganni agli italiani.
I tecnici sono di prima classe, speriamo li lascino lavorare, saranno importanti i primi tre mesi.
Forse, forse, a breve mia moglie ed io saremo vaccinati. Io non chiedo certo il nome del vaccino come pretenderebbe normal, mezzo negazionista, solo che si sbrighino perchè ormai siamo divenuti forestieri anche in famiglia….
Un caro saluto dal tuo amico peter pan Antonio
aglaia
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