Molti batteri, come Escherichia coli, sono fantastici “nuotatori”, capaci di percorrere più di dieci volte la loro lunghezza in un secondo: approssimativamente, in proporzione, la stessa velocità di un ghepardo. Per muoversi, usano il “motore flagellare”, ruotando sottili filamenti elicoidali, i flagelli, a più di cento giri al secondo.
Il motore flagellare è una sorta di motore “elettrico”, alimentato da un flusso di cariche che la cellula accumula costantemente nello spazio periplasmatico che ne circonda la membrana interna e il meccanismo con il quale i batteri “ricaricano le batterie” prende il nome di respirazione e di solito richiede l’ossigeno.
Nel 2000 è stata scoperta mediante la sequenziazione genetica di batteri in campioni di plancton una nuova proteina, la proteorodopsina, che si inserisce nella membrana cellulare, dove utilizza energia proveniente dalla luce per accumulare carica nella “batteria” anche in assenza di ossigeno.
Un team di ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Nanotec-Cnr) e del dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma, grazie a uno studio pubblicato su “Nature Communication”, ha dimostrato che alcuni batteri geneticamente modificati e in grado di produrre proteorodopsina possono essere utilizzati come minuscoli propulsori in micromacchine invisibili all’occhio umano, la cui velocità di rotazione può essere finemente regolata con luce verde di intensità controllabile.
“Utilizzando un processo di stampa laser 3D su scala nanometrica”, spiega Claudio Maggi, ricercatore del Nanotec-Cnr, “possiamo realizzare dei micromotori composti da anelli circolari, sulla cui superficie esterna sono state scavate delle microcavità in grado di intrappolare una singola cellula batterica e costringerla a spingere il rotore”.
Accoppiando un proiettore al microscopio, i ricercatori hanno poi illuminato ogni singolo rotore con riflettori di luminosità variabile riuscendo a far ruotare più rotori all’unisono. “Rispetto ai nostri precedenti tentativi basati su batteri non modificati e strutture piatte, il nostro sistema combina un’elevata velocità di rotazione ad un’enorme riduzione delle fluttuazioni”, dice Roberto Di Leonardo del Nanotec-Cnr e docente della Sapienza, che ha guidato il team. “Possiamo già produrre centinaia di rotori indipendentemente controllati, che utilizzano luce come fonte primaria di energia e che, un giorno, potrebbero essere alla base di componenti dinamici per microrobot in grado di selezionare e trasportare singole cellule all’interno di laboratori biomedici miniaturizzati”.
Lo studio è finanziato dal Consiglio europeo della ricerca (Erc) nell’ambito del progetto Smart “Statistical Mechanics of Active Matter”.
Fonte: Italpress
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Io non lo so dimostrare ma credo che il futuro possa e debba essere immaginato in maniera differente.
Più semplice, più adatta a noi.