(WSC) NEW YORK – New York, Los Angeles e Washington bruciano nel sesto giorno di proteste dopo la morte di George Floyd a Minneapolis. Migliaia di americani hanno partecipato alle manifestazioni, che in alcuni casi sono sfociate in atti di violenza e scontri con le forze dell’ordine. Sono anche scoppiati incendi e negozi sono stati saccheggiati.
Ma non è solo il settore retail tradizionale a pagare il conto dei danni. Anche Amazon e altri grandi marchi dell’e-commerce e delle nuove tecnologie, tra cui Apple, si sono visti costretti a interrompere le operazioni in alcune città, viste le circostanze. Il colosso di Seattle ha ridotto il numero di consegne e di tragitti percorribili dalla merce a Chicago, Portland e Los Angeles.
Settore delle grande distribuzione: “Siamo una comunità che soffre”
Domenica la società di Cupertino è tornata a chiudere gran parte dei 130 Apple Store riaperti dopo la pandemia. Le proteste stanno complicando le attività e minando anche gli affari di quei gruppi di vendita al dettaglio che meglio avevano resistito alla crisi di Covid-19.
Negozi di Ralph Lauren e Timberland sono stati saccheggiati ad Atlantic City, nel New Jersey. Presi di mira in altre città anche negozi di Louis Vuitton, Gucci, Target e molti altri marchi della grande distribuzione.
Target, un’altra azienda in grado di ottenere risultati solidi durante gli ultimi mesi di crollo dei consumi e della domanda, ha chiuso 70 punti vendita a Minneapolis, il focolaio delle proteste. La società della grande distribuzione interromperà l’attività momentaneamente in altri sette Stati (California, New York, Illinois e Colorado, Pennsylvania, Oregon e Texas).
“”Siamo una comunità che soffre”, ha dichiarato in un comunicato il presidente e amministratore delegato Brian Cornell. “E la sofferenza non è circoscritta alla città di Minneapolis, bensì coinvolge l’America intera”.
Proteste incendiarie e clima da guerra civile
Per rasserenare un clima da guerra civile, in risposta ai cortei e alle rivolte in corso da giorni i sindaci di molte città tra cui Bill De Blasio (la cui figlia Chiara è stata arrestata dalla polizia) a New York, hanno indetto coprifuoco notturni. A Los Angeles le autorità hanno addirittura dovuto chiudere i luoghi dove si svolgono i test diagnostici per verificare l’infezione da coronavirus.
Intanto i governatori degli stati interessati dalle proteste, come Andrew Cuomo dello stato di New York, hanno chiesto l’intervento della Guardia Nazionale e dell’esercito per dare una mano alle forze di polizia.
Le misure drastiche di sicurezze non sono state sufficienti a fermare le proteste e le violenze. Quello di cui c’è bisogno ora è una risposta politica forte. Se l’amministrazione Trump non lo capisce in fretta, per la società e per l’economia statunitense – che per i due terzi dipende dai consumi – saranno guai seri.
Ma Trump non fa che peggiorare le cose
Le misure non sono finora state sufficienti a fermare le proteste e le violenze. C’è bisogno di una risposta politica. Se l’amministrazione Trump non fa in fretta, per l’economia statunitense – che per i due terzi dipende dai consumi – sarebbero guai seri. Per ora, invece, il presidente Usa non ha fatto che peggiorare la situazione e aizzare la violenza.
Durante il week-end Trump ha mandato messaggi controversi. Invocando il diritto a restare sicuri degli americani, ha chiesto per esempio di usare la forza contro i manifestanti.
Su Twitter ha scritto inoltre di voler designare gli “ANTIFA” come gruppo terroristico.
“ANTIFA” sta per “anti fascist” (antifascista) ed è un termine mediato dalla cultura europea di sinistra che di solito negli Stati Uniti viene utilizzato per identificare i gruppi di attivisti di estrema sinistra.
Non esiste una pozione magica per estinguere il fuoco delle proteste e placare da un giorno all’altro la rabbia per il comportamento brutale di un agente delle forze dell’ordine che ha portato alla morte di George Floyd a Minneapolis. L’ennesimo caso del genere di violenza contro un afroamericano. Ma una cosa è certa: le parole e le azioni contano, eccome, in questi casi.
Non esiste una pozione magica per estinguere il fuoco delle proteste o per placare la rabbia per la brutale uccisione di George Floyd da parte di un gruppo di poliziotti. Ma una cosa è certa: in questo frangente – specie vista la situazione critica di molti a causa della crisi di Covid-19 – le parole contano, così come l’impegno a cambiare e riformare la giustizia. In particolare in questo periodo critico per il paese, dove il nuovo coronavirus ha ampliato la crisi sanitaria ed economica.
Un leader, pur consapevole delle difficoltà incontrate dalle forze dell’ordine in certi quartieri, dovrebbe riconoscere l’ingiustizia sistemica esistente e il trattamento di sfavore riservato spesso agli afroamericani. Il razzismo si manifesta in tanti modi e i molteplici casi di violenze e i i tassi di detenzione squilibrati parlano da soli.
Crisi Covid-19 accentua ricadute della crisi economica sul tessuto sociale
Il tutto è accentuato dalla situazione drammatica vissuta dalle sacche più povere della popolazione, che devono fare i conti con la perdita del posto di lavoro e la difficoltà a pagare le cure mediche.
Un poliziotto bianco ha tenuto premuto un ginocchio sul collo della vittima per quasi nove minuti. Secondo il solo referto medico a disposizione al momento, “gli effetti combinati dell’essere bloccato dalla polizia, delle sue patologie pregresse (coronaropatia e ipertensione, ndr) e di qualche potenziale sostanza intossicante nel suo corpo hanno probabilmente contribuito alla sua morte”.
Amazon, Apple, Target, Ralph Lauren e altri gruppi retail Usa dicono di monitorare da vicino la situazione. Riapriranno completamente le attività e i punti vendita soltanto quando potranno garantire la sicurezza dei propri dipendenti. Le spedizioni nel frattempo verranno effettuate a seconda di dove si svolgono le manifestazioni e proteste.