Nel pieno delle polemiche per la decisione della Germania di sospendere Schengen a tutti i suoi confini, ieri è arrivata la richiesta – attesa – dell’Olanda di uscire dal Patto per la migrazione, ormai già diventato legge Ue. Richiesta analoga, peraltro, è stata avanzata dall’Ungheria di Viktor Orbán, che intanto minaccia di inviare pullman carichi di migranti a Bruxelles.
Secondo indiscrezioni della stampa olandese, la prossima settimana ad avanzare una richiesta di opt-out (esenzione) sarà Marjolein Faber, il ministro per l’Asilo del nuovo governo dominato dalla destra xenofoba e anti-Ue di Geert Wilders (premier è il tecnocrate Dick Schoof, che risponde direttamente a Wilders). Faber, neanche a dirlo, è membro dello stesso Partito della liberà (Pvv) guidato dal leader populista.
Una richiesta, a dire il vero, già contenuta dal programma elettorale del Pvv e ribadita da Schoof all’atto della sua nomina in primavera. Per la Commissione Europea, tuttavia, è irricevibile. «Si tratta di una legislazione giù approvata nell’Ue – ha sottolineato il capo portavoce Eric Mamer – e non è possibile ottenere un’esenzione da normative in vigore. È un principio generale».
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Il nuovo governo olandese, del resto, sta varando una durissima stretta anti-migranti. Faber ha annunciato di voler dichiarare una situazione di «crisi di asilo» (prevista dalla normativa sugli stranieri), che gli consentirà di adottare misure straordinarie senza l’autorizzazione del Parlamento, anzitutto una sospensione di tutte le domande d’asilo. «La popolazione è a disagio – ha spiegato – l’intera catena (di gestione della migrazione, ndr) è inceppata, non vi sono più alloggi. Dobbiamo fare qualcosa contro l’arrivo (di migranti irregolari, ndr) molto in fretta». Si parla di rispedire richiedenti asilo siriani nel Paese di origine come anche di rimandare in patria ucraini in età di leva.
Non basta: anche l’Olanda si accinge a copiare il (cattivo) esempio che ha appena dato la Germania: e cioè una sospensione generalizzata di Schengen, ripristinando i controlli a tutte le frontiere di terra. Berlino ha formalizzato la notifica alla Commissione questa settimana, dopo l’attentato in agosto da parte di un islamista siriano a Solingen e quello sventato a Monaco. Sullo sfondo, il panico dei partiti tradizionali per la dirompente avanzata dell’estrema destra dell’Afd, che ha trionfato nelle regionali in Turingia e Sassonia a inizio settembre, e rimane saldamente al secondo posto dietro la Cdu nei sondaggi a livello nazionale (la Germania va al voto al più tardi nel settembre 2025).
La decisione unilaterale della Germania (per ora per sei mesi, ma si parla di almeno due anni in totale) non fa che incrementare i timori un collasso dell’intero sistema Schengen, lo stesso che il Patto per la migrazione, che sarà pienamente in vigore entro il 2026, doveva in realtà salvare rafforzando la tutela delle frontiere esterne. Si teme un effetto a cascata, tanto più si aggiunge a varie misure prese in questi anni da vari altri Stati (Austria, Francia, Danimarca, da anni la Germania già controlla le frontiere con l’Austria).
La Commissione per ora tace, mentre protestano Polonia, Grecia e, ironicamente, l’Ungheria. Plaude, invece, per l’Italia, la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro (FdI): «Sul controllo delle frontiere e sulla lotta all’immigrazione clandestina – ha dichiarato al sito Euractiv – la Germania segue la linea del governo italiano». C’è da chiedersi che cosa mai l’Italia abbia da guadagnare da un collasso di Schengen, che comporterebbe anzi lunghe code alle nostre frontiere.
In questo clima sempre più surriscaldato, Orbán ha minacciato di inviare a Bruxelles pullman carichi di migranti, se sarà confermata la multa di 200 milioni di euro inflitta a Budapest dalla Corte Ue per indebita detenzione di migranti e insufficiente verifica del diritto di asilo. Una minaccia ovviamente duramente condannata dal Belgio e dalla Commissione.
Intanto, almeno, il bollettino mensile di Frontex conferma la tendenza al calo della rotta migratoria del Mediterraneo Centrale, con una diminuzione dei flussi pari al 64% nei primo otto mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023. Questo, afferma Frontex, «dovuto in buona parte alle misure preventive delle autorità di Tunisia, Libia e Turchia», oltre agli «accordi siglati dall’Ue e singoli Stati membri con i principali Paesi di ultima tappa (prima dell’arrivo nell’Ue, ndr)».